Prof.Albert Gerhards

Come caratterizzerebbe l’evoluzione avvenuta dal Concilio a oggi?
Mi sembra che nei primi anni dopo il Concilio si discutesse molto su questo: se e come rivolgere l’altare verso il popolo. Il problema era legato al tema della comunicazione tra sacerdote e assemblea. C’è un articolo del Messale, il 262, in cui si parla dell’altare verso il popolo: un solo articolo. Ma per la gente questo divenne il centro della attenzione. Successivamente ci si è resi conto che vi erano anche altri problemi e soprattutto si è ampliato il modo di guardare al problema. Vi sono altri elementi che rientrano nella celebrazione e sul piano architettonico vi sono diverse disposizioni possibili.
Paul De Clerck Institut Catholique, Paris

Non è l’altare il centro, l’elmento più caratterizzante della chiesa?
L’altare non “fa” la chiesa da solo. C’è chiesa nel momento in cui le persone si riuniscono per celebrare l’eucaristia. Forse questo aspetto è quello che distingue la discussione odierna rispetto a quella dell’epoca del Concilio. La vera novità non è la centralità dell’altare, bensì la centralità del popolo celebrante. Si passa quindi da una visione strettamente liturgica a una visione ecclesiologica.

Da qualche tempo si parla di un modello di disposizione assembleare a ellisse, con l’altare in uno dei fuochi e l’ambone nell’altro….
E’ un modello elaborato in Germania che crea una forte dinamica tra altare e ambone. Provoca resistenze, perché le persone non sono abituate a guardarsi tra di loro né a guardare ora verso l’altare ora verso l’ambone. Invece questo modello implica proprio che i fedeli si guardino in faccia e si rivolgano ora verso l’altare ora verso l’ambone.

Che ne è della gerarchia dei luoghi in un modello siffatto?
Effettivamente sembra che si arrivi a una parità tra altare a luogo della parola. Si tratta di un concetto nuovo, vi sono resistenze di carattere teologico, ma non mi sembra che vi sia una opposizione articolata. Ci vuole pazienza. I cambiamenti liturgici avvengono lentamente nel tempo. Si consideri che il Movimento liturgico è sorto solo nel 1833…

In che modo si dimostra la praticabilità di questo modello nuovo?
Aspetto che emerga una realizzazione significativa: che tutti possano vedere e dire: funziona ed è bella. Aspettiamo. La Chiesa universale raccoglie influenze dalle più diverse culture dei vari continenti: sul piano della celebrazione, ma non dell’architettura. Per esempio, in India si celebra seduti a terra e senza un altare vero e proprio: al suo posto pongono un piatto. Tutti i libri di liturgia dicono che l’altare deve essere fisso: ma lì non è così. Il fatto che si asserisca la fissità dell’altare deriva dal desiderio di affermarne la dignità e di sottolinearne il rispetto che esso merita. Ma quando si costruisce una casa nuova per la famiglia si può anche pensare di fare dei cambiamenti…

Albert Gerhards Seminar für Liturgiewis-senschaft, Bonn
Liturgia nella chiesa del monastero di Bose.

Sembra che vi sia una opposizione tra chi vede un’assemblea celebrante di “circumstantes” e chi la desidera orientata….
Il problema è ancora complesso. Dopo il Concilio si impose l’idea della vicinanza all’altare, per conseguenza questo fu spostato verso il centro dell’assemblea. A volte il risultato fu ottenuto con la collocazione di altari provvisori che in qualche caso sono rimasti da allora per tutti questi anni…. Ma poi ci si è resi conto di un altro problema. Che la vicinanza funziona solo con una comunità piccola a sufficienza per poterla effettivamente realizzare. Nelle chiese parrocchiali di solito non si sperimenta, nel corso delle celebrazioni, la “vicinanza” bensì piuttosto lo “stare di fronte” tra prete e assemblea. Si dice allora che il prete è simbolo del capo del corpo mistico, l’assemblea simbolo del corpo mistico della Chiesa. Ecco che il problema diventa questo: come il prete possa stare assieme alla comunità. Rudolf Schwarz propose il modello ad “anello aperto”. Il prete e la comunità assieme guardano verso “oriente”. Come? Il cerchio, l’anello della comunità si apre in quella direzione. Penso che l’idea dell’orientamento abbia validità ancor oggi. Nella tradizione delle Chiese orientali si è mantenuta invariata.

Vi sono esempi concreti?
Un libro recentemente edito in Germania, “Kommunio Räume”, prende in considerazione diversi esempi di nuovi spazi liturgici: si vede come il problema è affrontato attraverso approfondite discussioni. L’ultimo esempio presentato nel libro è quello di un progetto non realizzato di Schwarz, in cui l’assemblea è proprio disposta in circolo, ma il circolo è aperto, e si realizza così un chiaro orientamento. Beninteso, non geograficamente, ma idealmente definito.

E’ un cambiamento significativo…
Questo implica una certa correzione dell’altare “versus populum”. Ma trovando il modo di combinare assieme le due idee: quella della vicinanza all’altare cioè quella dello spazio comunitario, di coloro che “stanno attorno” all’altare stesso, con l’idea dell’orientamento, della direzionalità. Mi sembra importante che il concetto di vicinanza non infici quello del mistero, dell’aldilà. Questo concetto nella disposizione tradizionale dell’edificio orientato, era ben chiaro: si guardava a qualcosa al di là dell’edificio stesso. Nella sperimentazione spaziale successiva al Concilio questo “aldilà” è stato spostato nello spazio vuoto attorno al quale si raccoglie la comunità. La liturgia vive anche di questo: della tensione tra l’aspetto comunita
rio e l’orientamento trascendente. Tra l’aspetto individuale soggettivo e l’aspetto oggettivo. Si deve sempre trovare un equilibrio tra questi due aspetti. Oggi, a 40 anni di distanza dal Concilio, la discussione sta prendendo nuovo vigore. Ci vuole un nuova qualità di riflessione.

(Leonardo Servadio)

 

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