Presentazione


ROSSELLA SINISI
ORGANIZZATRICE DELLA MOSTRA
PRESIDENTE SEZIONE ROMA INBAR – LIBERO PROFESSIONISTA

Nel 1865 Rudolf Julius Emmanuel Clausius, coniando il termine “entropia”, sul problema dell’energia e delle risorse, così scriveva: “Nell’economia di una nazione c’è una legge di validità generale, non bisogna consumare in ciascun periodo più di quanto è stato prodotto nello stesso arco di tempo. Perciò dovremmo consumare tanto combustibile quanto è possibile riprodurre attraverso la crescita degli alberi”. Dopo più di un secolo, nel 1977, al convegno internazionale di Lima e Cuzco è sottoscritta da tutti i presenti La Carta del Machu Picchu, che ha proposto parametri e concetti innovativi soprattutto in termini di qualità nei modi di pensare l’urbanistica e l’architettura rispetto alla Carta
di Atene (1933) di Le Corbusier. Redatta, con grande intuizione, da Bruno Zevi in rappresentanza dell’Italia, è fondata sul paradigma organico- ecologico e dunque entropico, distanziandosi dal funzionalismo e dal meccanicismo imperanti:
“Decreta la morte dello zoning; punta sull’integrazione delle funzioni, e sulla complessità; individua le leggi morfogenetiche della città vivente quale sistema dinamico complesso… la cui forma non può essere definita perché occorre prevederne la flessibilità e l’estensione…
precisa che la stessa progettazione delle abitazioni deve avere la flessibilità dinamica necessaria per adattarsi alla dinamica sociale, facilitando la partecipazione creativa dell’utente”.
Per la prima volta l’Italia organizza il Congresso Internazionale dell’UIA, ed esattamente a trent’anni di distanza da quello di Città del Messico del 1978, dove i firmatari della Carta del Machu Picchu decisero di diffondere il loro documento, la mostra di architettura “La complessità del progetto contemporaneo per un’architettura responsabile”, accompagnata dal presente catalogo, propone degli interrogativi. Come mai le Facoltà di Architettura non hanno tenuto nella giusta considerazione la Carta del Machu Picchu? E gli amministratori, che ruolo hanno assunto?
Qualcuno sostiene che la forma delle cose e l’ordine dei contenuti siano imprescindibili. Ne deriva che l’ordine delle forme, se realizzato in profondità, favorisce l’ordine sociale. Se questo paradigma viene assunto dal settore edilizio, bisogna allora rivedere quel processo paralizzante che sussiste tra le idee degli individui, o dei gruppi di individui, e la burocrazia. Specie in Italia, la burocrazia, mascherata da organizzazione sociale, ha prodotto nella città contemporanea tanta architettura deprimente, responsabile di enormi squilibri sociali ed ambientali. A questo punto è necessario riflettere per migliorare la qualità delle nostre città. Possiamo fare qualcosa prestando attenzione al
modo in cui ci rapportiamo con gli altri cittadini, con il luogo che abitiamo e con le necessità che esso sollecita. In altre parole, occorre inventare un nuovo modo di fare architettura. Un modo che comunichi valori fondanti per la sicurezza e la convivenza pacifica.
Concetti essenziali per lo sviluppo sostenibile, in cui la sostenibilità è intesa come un atto di tutela nei confronti
dell’umanità, un processo volto alla salvaguardia delle identità culturali dei popoli. In una società che muta rapidamente e che richiede di continuo nuovi profili professionali, il bravo architetto deve essere come il regista di un film. Deve avere la capacità di coordinare tutti gli aspetti delle varie fasi progettuali senza perdere di vista il compito che la collettività gli affida. Deve assolvere con rigore morale il proprio lavoro. Deve essere consapevole che lascerà un segno sul territorio, che intaccherà il paesaggio, ed è necessario che questo “segno” sia depositario di un
messaggio rivolto non solo ai cittadini a lui contemporanei, ma anche alle future generazioni. A prescindere dalla natura e dal contesto storico di un edificio, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale. Di fatto, la tecnologia rappresenta l’elemento di connessione tra il progettista e l’utente in nome del perfezionamento e dell’ottimizzazione dell’opera. Le regole e i processi tecnologici nel mondo della progettazione architettonica ed urbanistica stanno mutando rapidamente.
L’architetto diviene parte integrante di un team che raccoglie al suo interno competenze specifiche sempre più all’avanguardia. Con capacità di ascolto e di confronto con gli utenti, deve elaborare gli stimoli che riceve, sfidando la complessità della progettazione attraverso la continua acquisizione di strumenti e di tecniche volte alla trasformazione responsabile del territorio. L’architetto è oggi più che mai una delle figure cardine nell’ambito della tutela ambientale. Il suo compito è saper coordinare, con un approccio metodologico specifico privo di improvvisazioni, i diversi aspetti che ruotano intorno alla sua materia, tenendo presente che il suo operato è destinato a durare nel
tempo. Solo le future generazioni sapranno riconoscere dove, e se, termina il professionista e comincia l’artista.
“Ai posteri l’ardua sentenza”.

In 1865 Rudolf Julius Emmanuel Clausius, coining the term “entropy”, about the energy and resource issue, wrote: ” In a Nation’s economy there’s a general validity law, you mustn’t, in each period, use more than what has been produced in the same time lapse. Therefore, we should use as much fuel as it’s possible to produce thru tree growth”.
More than a century later, in 1977, at the international convention in Lima and Cuzco, all people present sign the “Machu Picchu Charter”, which indicated parameters and concepts, which were innovative especially in terms of quality in the manner of thinking urbanism and architecture compared to the 1933 “Athens Charter” by Le Corbusier.
Written, with great intuition, by Bruno Zevi, who was representing Italy, it’s established on the organicecological,
and therefore entropic, paradigm, taking a distance from the prevailing functionalism and mecha
nism: “It states the death of zoning; it aims at function integrations and on complexity; it indicates the morphogenetic laws in the living city as a complex dynamic system…whose shape cannot be defined because it’s necessary to foresee its flexibility
and extension… it specifies that dwelling designing itself must have the dynamic flexibility necessary to adapt to social dynamics, making the user’s creative participation easier”.
For the first time Italy is hosting the UIA International Congress and, exactly thirty years after the 1978 Convention in Mexico City, where the signers of the “Machu Picchu Charter” decided to spread their document, questions are posed in the exhibit “
Contemporary Project Complexity for a responsible architecture”, that comes with this catalogue.
Why haven’t Architecture Schools kept in consideration the Machu Picchu Charter? What role did the administrators cover?
Some assert that the form of things and the order of the contents are unavoidable. Consequently the order of forms, if achieved at a deeper lever, encourages social order. If this paradigm is undertaken by the building field, that paralysing process that exists in ideas of individuals, or group of individuals, and bureaucracy, has to be corrected.
Especially in Italy, bureaucracy, covered by social organization, had produced in the contemporary city a lot of depressing architecture, responsible for huge social and environmental unbalances.
It’s now necessary to reflect on improving quality in our cities. We can do something, paying attention towards
the way we relate with other citizens, with the place we live in and with the needs it creates. In other words, we
need to invent a new way to “do architecture”. Away that communicates safety and pacific cohabitation values.
Concepts that are essential for sustainable design, where sustainability is intended as a protective act towards humanity, a process that aims to the safeguard of cultural identities of the people.
In a society which is rapidly changing and that continuously requires new professional profiles, the good architect must be like a film director. He must have the skill to coordinate each aspect of the various design phases, without forgetting the task the community assigns him. He must perform his duty with moral rigour. He must be aware that he will leave a sign on the territory, that will affect the environment and it’s necessary that that “sign” becomes
the repository of a message not only for the contemporary citizens, but also for future generations.
Regarding nature and the building’s historical context, technology has a fundamental role. Technology, in actuality, represents the connection element between the designer and the user, in the name of perfecting and improving the work. Rules and technological processes in the world of architectural and urban design are changing rapidly. The architect becomes part of a team that collects specific abilities, which are more and more up to date. He must,
thanks to his skills in listening and confronting him self with the users, elaborate the prodding he receives, challenging the complexity in designing through the continuous acquisition of instruments and technique, which aim to a responsible transformation of the territory.
The architect is, today more than ever, one of the main figures in the field of environmental safeguard.
His task is to coordinate, with a specific methodological approach free of improvisations, the different aspects that rotate around his subject, keeping in mind that what he does is destined to last in time.
Only the future generations will know hot to recognize where, and if, the professional stop and where the artist starts. “Let succeeding time that arduous question ask”.

 

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