Piazza, parcheggio o che altro?

Testimonianze – La Piazza aperta al dialogo

Piazza, parcheggio o che altro?

Non molto tempo fa sono stato invitato a partecipare ad un incontro nella mia città,Verona, presso la sede dell’Ordine degli Architetti, in quanto si stava dando il via ad un concorso di idee per la sistemazione di piazze antistanti ad alcune chiese della provincia. Le definisco volutamente piazze e non sagrati, sia perché spesso la proprietà è comunale, sia
perché il loro utilizzo da sempre è quello di un parcheggio o di zona di sosta delle giostre alla festa patronale. In risposta a una mia obiezione che cercava di ridare dignità a questi spazi ridefinendoli non solo nel nome ma anche e soprattutto nel loro utilizzo come dei sagrati, mi sono sentito richiamare, con un pio esercizio, da un sindaco di un piccolo paese. Questi sosteneva l’importanza che la gente potesse parcheggiare in prossimità dell’ingresso della chiesa per accedervi con facilità, se il nostro desiderio come clero era che le chiese durante le celebrazioni liturgiche
tornassero a essere piene di fedeli. In modo compunto sono rientrato in me stesso e mi sono accorto che decenni di discussione, incontri, convegni, studi sociologici e di tipo psicologico trovavano ad un tratto la loro risposta: la gente non va più in chiesa perché i parcheggi sono troppo lontani! A parte gli scherzi, (anche se il racconto è vero),
credo davvero che ci si sia posti molti problemi di organizzazione degli spazi urbanistici, cercando spesso soluzioni attraverso l’utilizzo di questi "sagrati" come parcheggi o altro, invece di e tentare di recuperarne quei significati di tipo liturgico, teologico, spirituale, capaci anche di ridare una dignità spesso perduta alle zone significative all’interno delle
nostre città.

Cattedrale di Cremona
(da CHIESA OGGI n. 59).
Chiesa di S. Lucia a Livorno,Arch.Vincenzo Greco
(da CHIESA OGGI n. 11).

Come può un sagrato essere lo spazio che in qualche modo mi prepara alla celebrazione liturgica, oppure essere il prolungamento di quanto come comunità abbiamo celebrato nel segno della comunione, se dopo essere uscito di chiesa la preoccupazione prima è quella di dribblare tra le macchine in sosta, o quella di scansare i motorini che corrono "truccati" in mezzo alla gente? E ancora, come possiamo pensare che anche le piccole chiesette, gemme incastonate tra il verde delle nostre colline e campagne, oppure affacciate verso l’azzurro del lago di Garda, possano mostrarsi in tutto il loro valore di architettura parlante, che racconta non solo un passato artistico di valore, ma anche il sedimentarsi di una fede che cercava ragione del suo radicarsi nel territorio, se in quegli spazi che erano riservati alla "mediazione" tra il mondo spirituale e quello della vita civile, ora trovano posto solamente le auto in sosta o al massimo delle fioriere con ulivi (tanto per dare una parvenza di significato biblico)?
Il Sagrato deve recuperare la sua funzione di annuncio verso l’esterno (verso il mondo che corre a volte troppo veloce) che ciò che nella chiesa si celebra è il Mistero eterno del Dio Incarnato. E’ una sorta di moviola, che rallenta i passi di chi vi cammina davanti, perché possa imparare a gustare in ogni piccola cosa creata o costruita dall’uomo "per la gloria
di Dio", la Presenza di Colui che non ha fretta e che sussurra all’orecchio di ogni uomo parole di vita eterna.

Arch. Don Tiziano Brusco, Direttore
Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, Diocesi di Verona

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