Oltre il restauro storicista. Verso una ricostruzione abitabile


Un cantiere che ha operato tramite la riscoperta e il riutilizzo delle antiche tecniche costruttive, col supporto delle più avanzate tecnologie, ha permesso di ripristinare i piloni e le coperture che si erano totalmente distrutti col crollo del marzo 1996. L’opera è stata compiuta in tempi brevi e l’edificio è stato inaugurato nel giugno 2007.

La città di Noto fu quasi totalmente distrutta dal terremoto dell’11 gennaio 1693 che sconvolse la Sicilia sud-orientale, e fu riedificata a valle secondo i piani del Vicario Generale per la ricostruzione, duca Giuseppe Lanza di Camastra, coadiuvato dall’Ingegnere militare Carlos Grunemberg. La Chiesa Madre, dedicata a San Nicolò, fu iniziata nei primi anni del XVIII secolo e riedificata nel 1776; nel 1844 divenne cattedrale. Il 13 marzo 1996 la Cattedrale di Noto vide crollare, per l’improvviso cedimento di un pilastro, la navata centrale e quella di destra, uno dei quattro piloni che sorreggevano la cupola, gran parte del tamburo, della cupola e della copertura dell’ala destra del transetto (cfr CHIESA OGGI architettura e comunicazione n. 46, 2001).

La solenne concelebrazione per l’inaugurazione
della Cattedrale di Noto ricostruita.
Al centro, col pastorale,
S. Em. Card. Giovanni Battista Re.
Alla sua sinistra nell’immagine, S.E. Monsignor
Giuseppe Malandrino e S.E. Monsignor Angelo Bagnasco.
Sesto alla sua destra S.E. Monsignor Carlo Chenis.

OLTRE IL RESTAURO STORICISTA.
VERSO UNA RICOSTRUZIONE ABITABILE

La ricostruzione della Cattedrale di Noto rappresenta una svolta innovativa tanto nell’ambito ideologico quanto in quello metodologico, oltre che nelle soluzioni tecniche e nelle scelte materiche.
Ideologicamente l’impostazione del restauro "filologico assoluto" ha ceduto il passo alla ricostruzione "filologica relativa".
Non più, dunque, un palinsesto risolto in scenografie spezzate, per mostrare strati storici ed eventi traumatici, ma una composizione realizzata in un complesso organico, per offrire godimento estetico e raccoglimento spirituale. L’intervento è stato perciò migliorativo, continuativo e dinamico. “Migliorativo", in quanto ci si è confrontati più con l’archetipo che con l’esito, onde configurare tanto tecnicamente quanto artisticamente gli stilemi dell’impianto originario. Inoltre, ci si è adeguati all’odierna impostazione liturgica, così da non tradire l’essenza della Cattedrale,
cioè la persistente destinazione cultuale. “Continuativo", poiché si tratta di una storia monumentale in fieri, nonostante gli incidenti di percorso, onde mostrare il persistere della comunità cristiana in Noto.
“Dinamico", in quanto, da una parte, si sono riprese le migliori tecniche costruttive del passato, così da evitare interventi invasivi di cemento armato in favore di quelli in pietra lavorata, dall’altra, ci si è affidati ad un gruppo di artisti che avvieranno progressivamente un programma figurativo coordinato. Il miglioramento è anche in riferimento
all’organicità compositiva del sistema e alla chiara fama degli intervenuti. Infatti, la narrazione figurativa entra in risonanza con quella architettonica attraverso disegni e colori che non invadono, ma enfatizzano, superfici e marcature.

La facciata della Cattedrale di Noto, dopo i restauri
e la ricostruzione delle parti crollate nel 1996.
Foto dall’alto: l’intelaiatura sulla quale
è stata operata la costruzione della cupola della
Cattedrale di Noto, secondo le tecniche antiche.

In tal modo, l’architettura conserva solarmente l’aura simbolica dell’inesprimibile, mentre la figurazione racconta cromaticamente quanto è capitato tra Dio e l’uomo.
L’insieme che ne deriva espleta la logica dell’incarnazione, indicando, sia l’ineffabilità del divino, sia la sua presenza. Iconografia architettonica, pittorica e scultorea assolvono, pertanto, all’urgenza di focalizzare la centralità dell’altare e di emozionare l’animo dei fedeli.
Metodologicamente il restauro è stato vagliato da una Commissione di esperti in appoggio ai responsabili istituzionali della Protezione civile.
Responsabili civili ed ecclesiastici, con diversificate competenze di base, hanno avviato una disamina interdisciplinare in dialogo con la Chiesa locale e con l’impresa progettuale. Sebbene non siano mancate difficoltà nella ricaduta
operativa, detta Commissione ha vissuto una forte esperienza di condivisione e di ricerca, così da rivivere l’atmosfera che ha reso grande l’arte italiana e stupendi i complessi religiosi. Ora l’impresa continua su un duplice versante:
quello degli artisti che dovranno sintonizzarsi con il genius loci della cattedrale e quello dei fedeli che dovranno riabitare tale sacro edificio con rinnovata testimonianza di fede.

S.E.R. Mons. Carlo Chenis, SDB Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia

Le cause del crollo possono ricondursi al collasso per schiacciamento di uno dei pilastri della navata destra, dovuto alla pessima fattura originaria, cui deve aggiungersi l’effetto di altri interventi eseguiti in passato, quali la sostituzione negli anni ‘50 sulla navata centrale del tetto in legno con un solaio piano in cemento armato. Dopo il crollo del 1996, l’intera
comunità civile e religiosa si impegnò per la ricostruzione: dove era e come era.
L’incarico fu affidato, su indicazione del Vescovo Mons. Salvatore Nicolosi, all’Arch.Salvatore Tringali, al Prof. Antonino Giuffrè e all’Ing. Roberto De Benedicts.
Purtroppo il Prof. Antonino Giuffrè, sotto i cui insegnament
i era nato il progetto, scomparve prematuramente.
La ricostruzione ha inteso restituire la Cattedrale al paesaggio urbano di Noto, ed al monumento il suo originario valore espressivo, inscindibilmente legato alla materia e alla tecnica con cui fu edificato.
Per questo motivo, oltre alla "riproposizione delle forme", uno degli obiettivi primari è stato rileggere la cultura della costruzione muraria per declinarla con moderna consapevolezza tecnica.
L’intervento di ricostruzione parla dunque un linguaggio coerente non solo formalmente ma anche "meccanicamente" con le parti residue e con la natura originaria della fabbrica. Il progetto ha mosso i suoi passi da una accurata e lunga fase di rilievo tecnologico, materico e strutturale.
Ogni elemento, ogni pietra è stata individuata, studiata e disegnata, ogni parte interrogata. Un percorso a ritroso, verso la riappropriazione di conoscenze che erano parte integrante del sapere comune di ogni architetto, di ogni capomastro, e che oggi è stato possibile riacquisire solo indagando, pazientemente, quei monumenti. Si è cercato di
dare corpo e significato alla richiesta della committenza di ricostruire la chiesa com’era, non in quanto assunzione acritica, né alibi tecnicista, ma quale consapevole proposizione culturale. Strutturalmente, l’intento è stato di partire da ciò che esisteva già, individuando nell’edificio originario quelle "risorse" che potessero consentirgli non solo di essere ricostruito ma anche di resistere a un terremoto di notevole intensità. Gli interventi di progetto hanno seguito la logica di correggere i difetti della struttura, integrarne le qualità, aggiungervi ciò che mancava. Ma in modo puntuale, solo dove è stato necessario e facendo sì che correzioni e adattamenti non parlassero un linguaggio culturalmente
e tecnicamente estraneo all’originale ma ne costituissero una naturale e coerente evoluzione. La tecnica costruttiva impiegata è quindi quella muraria ma con "aggiornamenti" che derivano dalle attuali ricerche sulle strutture e sui materiali.
L’opera ha comportato decisioni difficili nella scelta dei materiali. I pilastri dovevano avere la stessa geometria
ma materiali diversi dagli originali, però compatibili con gli elementi sovrastanti.
Era necessario scegliere la composizione delle malte e definire le caratteristiche meccaniche della pietra alle quali l’impresa costruttrice avrebbe dovuto riferirsi.
Anche per quanto riguarda le miscele da utilizzare per i consolidamenti delle murature mediante iniezione è stato importante caratterizzare in laboratorio le miscele provate in situ.
Sono stati così inviati al Laboratorio Prove Materiali del Politecnico di Milano calcareniti provenienti da diverse cave, leganti e sabbie per le malte e miscele da iniezione per le opportune prove di laboratorio.
Con la consulenza delle prof.sse Binda e Baronio sono state eseguite prove in situ e in laboratorio per valutare lo stato di danno dei materiali e degli elementi strutturali e la possibilità di conservare questi ultimi nella ricostruzione. Sono state inoltre valutate la scelta dei materiali per la riparazione, il rinforzo e la ricostruzione delle parti crollate e la compatibilità chimico-fisica e meccanica dei nuovi materiali con gli originari. Operate le scelte, si è trattato, in fase operativa, di accertare la rispondenza dei materiali utilizzati in cantiere con quelli in precedenza scelti.
A tale scopo per ciascun tipo di materiale, con cadenza programmata, sono stati sistematicamente prelevati dei campioni per testarne la rispondenza alle caratteristiche del campione scelto.
Quasi tutte le parti residuate dal crollo sono state mantenute e integrate alla nuova costruzione, ad eccezione dei pilastri della navata sinistra che, se pur non crollati, presentavano le stesse pessime caratteristiche costruttive che avevano causato il collasso di quelli di destra, ed erano diffusamente lesionati, per cui non era possibile ripararli senza imporre alla chiesa una pregiudizievole dissimmetria strutturale. Sono stati pertanto demoliti e ricostruiti con la stessa tecnica muraria con cui sono stati rifatti quelli della navata destra.
L’operazione più delicata dell’intero intervento, mai eseguita prima, è stata la sostituzione dei pilastri e del pilone della navata sinistra. Per eseguire tale intervento è stato necessario trasferire il peso della muratura sovrastante i pilastri su una struttura metallica di sostegno, che ha consentito di eseguire in sicurezza tutte le operazioni di demolizione
e ricostruzione per ogni pilastro.

Cattedrale di Noto (Siracusa)

Progettisti e Direttori dei Lavori:
Arch. Salvatore Tringali, Studio di Architettura Tringali La Rosa; Ing. Roberto De Benedictis

Il cantiere:
Inizio dei lavori Ottobre 1999
Fine dei lavori Maggio 2007
Massetto per pavimento radiante
e stuccatura pavimento: MAPEI, Milano
Rinforzi strutturali in carbonio:

RUREDIL, San Donato Milanese (Milano)
Campane: CAPANNI, Castelnovo nè Monti (Reggio Emilia)
Panche e sedi: C.B.M., Asolo (Treviso)
Le foto del servizio alle pagg 50-51-52 (foto in alto) sono di Michele Castobello

IL PROGETTO DI RICOSTRUZIONE

Solo alla fine è stato trasferito nuovamente il carico della muratura sui nuovi pilastri; tale operazione finale, di estrema delicatezza, è durata 24 ore ed è stata costantemente monitorata con strumentazioni di altissima definizione al fine di scongiurare che si potessero verificare localizzati sovraccarichi e/o crolli.
Subito dopo si è passati alla realizzazione dei nuovi arconi timpano di sostegno alla copertura della navata centrale. Si è trattato dell’inserimento di un nuovo elemento, non presente nella chiesa crollata (bensì in quella precedente), in quanto mozzato per consentire la realizzazione del pesante solettone piano in cemento armato che negli anni ‘50 and&ogr
ave; a sostituire l’originario tetto ligneo.
Gli arconi realizzati in mattoni sono stati rinforzati e resi sismicamente idonei attraverso il ricorso a materiali tecnologicamente avanzati quali le fibre di carbonio.
L’uso di materiali e tecniche costruttive settecentesche unito all’utilizzo delle più avanzate tecnologie nel campo delle strutture in muratura, ha pervaso l’intera ricostruzione, diventando essa stessa modello per altri interventi simili. Dopo le coperture delle navate e del transetto, la ricostruzione ha interessato il completamento del tamburo sul quale si è andata ad innestare la nuova cupola, realizzata come la precedente, in pietra arenaria di Caltanissetta, e infine
la lanterna. L’area di intervento è stata di circa 2000 mq, il volume ricostituito è di circa 25.000 mc.
Sono stati impiegati complessivamente circa 150.000 blocchi tra pietra di Noto, pietra di Palazzolo e pietra di Caltanissetta.

Rosanna La Rosa, architetto

TECNOLOGIA
RINFORZI DEI NUOVI ARCHI DELLA NAVATA
MEDIANA CON MATERIALI COMPOSITI

La ricostruzione della Cattedrale di Noto ha inizio nel 1999 con la fondazione dei nuovi pilastri, per giungere, nel 2003, agli archi della navata maggiore.
Questi ultimi vengono riproposti con alcune modifiche rispetto agli originali, al fine di garantire una migliore funzionalità strutturale.
I sei archi trasversali, di notevoli dimensioni, sono stati ricostruiti in calcarenite e preventivamente rinforzati in quanto elementi por tanti considerevolmente snelli.
La posa del sistema RUREDIL X MESH C10* è avvenuto sia all’intradosso, con un singolo strato di rete, sia all’estradosso, con rete in doppio strato, sfalsandone l’orientamento di 45°.
Per rendere solidale l’azione del rinforzo, sono stati previsti due diversi presidi: un anello di rete che cinge trasversalmente la chiave dell’arco ed alcuni “connettori” realizzati tra intradosso ed estradosso.

SCHEDA TECNICA
Anno di intervento: 2003
* Prodotti RUREDIL usati:

RUREDIL X MESH C10
Rinforzo strutturale composito con fibre di carbonio senza l’uso di resine epossidiche, specifico per strutture in muratura
RUREWALL B1
Legante speciale da iniezione per il consolidamento delle murature

Questi ultimi impiegano la rete stessa come tirante passivo: il tessuto è stato arrotolato, inserito in fori passanti e ancorato con iniezioni di boiacca RUREWALL B1*.
Le estremità sono state tagliate e aperte a ventaglio sulle superfici e quindi rese solidali al rinforzo con la malta RUREDIL X MESH M25.

 

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