Museo diocesano di Rossano-Cariati (Cosenza)


ARTE – MUSEO DIOCESANO DIARTE SACRA DI ROSSANO-CARIATI (COSENZA)

In un’ala dell’antico palazzo arcivescovile, a lato della parte absidale della Cattedrale dell’Achiropita (risalente alla fine del sec. XI), il Museo è visitato da circa 12.000 persone all’anno. Nella sua ricca e varia collezione di opere d’arte, oggetti di culto e paramenti, in attesa di nuova sistemazione museografica, spicca l’Evangelario miniato del VI secolo.

Come riferisce il Dr. Giacomo Oliva (delegato CEC come Responsabile dei Musei diocesani in Calabria), il Museo diocesano di Rossano (Cosenza) – presieduto da S.E. Mons. Santo Marcianò, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati e diretto da don Giuseppe Straface – è stato istituito nel 1952 dall’Arcivescovo Giovanni Rizzo, ed è stato il primo in Calabria.
Fu ospitato inizialmente nei locali della sacrestia della Cattedrale, restaurati nel 1977 dall’Arcivescovo Antonio Cantisani. Negli anni 1985-86, l’Arcivescovo Serafino Sprovieri avvia il progetto di ristrutturazione degli attuali locali al piano terra nel Palazzo Arcivescovile.
Dopo anni di lavori attraverso la collaborazione tra l’Arcidiocesi, i Ministeri per i Beni Culturali e ai Lavori Pubblici, la Regione Calabria e la Soprintendenza ai BAAAS di Cosenza, la nuova sede fu inaugurata dall’Arcivescovo Andrea Cassone nell’Anno Giubilare 2000. L’allestimento e gli spazi espositivi si presentano adeguati e razionali su una superficie di circa 350 mq.
Vi si accede attraversando un cortile dal quale si può ammirare l’abside della Cattedrale. Parti dei soffitti si presentano voltate a botte mentre la pavimentazione è in cotto. Il Museo è costituito da dieci sale arredate con espositori in legno, ove trova collocazione un ricco e vario patrimonio. Al visitatore è offerto un articolato percorso nel tempo che si snoda attraverso beni risalenti al sec. V a.C. (come uno Specchio greco in bronzo rinvenuto a Rossano ai primi del Novecento), tra stemmi arcivescovili in marmo, sculture lignee (come quella raffigurante l’Assunta), simulacri in argento
(come quello dell’Achiropita del 1768).

Tutti gli spazi del Museo sono dotati di sitemi di sicurezza e impianto antincendio. È in previsione il rinnovo dei locali, con restauro conservativo, e un nuovo allestimento al fine di migliorarne la fruizione.
In alto: il Codex Purpureus Rossanensis, evangelario miniato del sec. VI. A sinistra: un ambiente espositivo.
Foto: Maria Rosaria Fascì

Numerosi i paramenti liturgici e le suppellettili in argento di rilevanza storico artistica. È questo il caso del particolare ostensorio chiamato Sfera greca, dalla raffinata esecuzione e dal ricettacolo a forma di tempietto gotico, donato dal Cardinale Bernardino Lõpez de Carvajal, Arcivescovo di Rossano (1508-1511), probabile opera di argentiere romano. Tra i dipinti spicca la tavola raffigurante la Pietà su fondo oro (fine sec. XV) appartenente al filone di matrice bizantina presente nella Calabria cinquecentesca.
Tra gli arredi lignei si notano un Armadio da sagrestia (sec. XVII), un Altare in legno dorato (sec. XVII) con colonne intagliate e un ciborio con intarsi e colonnine tortili, particolare espressione dei tabernacoli cappuccini diffusi in Calabria. Tuttavia l’attrazione maggiore del Museo è il rarissimo Evangelario miniato scritto intorno al sec. VI. Si vuole che il manoscritto, noto come Codex purpureus rossanensis, fosse portato in salvo a Rossano, probabilmente nel IX secolo, da un monaco. Oggi comprende i vangeli di Matteo e Marco scritti su 188 fogli, pergamene intinte nella porpora,con inchiostri d’argento e oro, e tavole miniate riproducenti scene evangeliche. La tipologia della scrittura, il
pregio dei materiali e dell’esecuzione delle miniature, raffiguranti episodi di miracoli e parabole, ne fanno una fra le maggiori testimonianze del genere. È il più ampio tra i sette codici miniati orientali esistenti al mondo, dei quali tre sono in siriaco e quattro in greco. Custodito a lungo nel tesoro della Cattedrale, fu investito del giusto interesse solo a fine Ottocento, grazie agli studi dei tedeschi Oskar Von Gebhart e Adolf Harnack.

Prof.ssa Ines Cutellè Abenavoli
Maria Rosaria Fascì, architetto


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