Museo diocesano di Livorno


ARTE MUSEO DIOCESANO DI LIVORNO

L’ottocentesco Seminario vescovile è stato restaurato dall’Arch. Marco Rossi che ne ha recuperato
l’architettura di stampo neoclassico, le cui lunghe prospettive interne hanno offerto un ambiente adatto all’inserimento di apparati espositivi leggeri e di “design”, caratterizzati da una luminosità diffusa e pacata.

Il Museo nasce dal connubio simbiotico di due momenti distanti ma convergenti: l’edificio
storico ristrutturato e l’inserimento dell’apparato espositivo. Riguardo al primo di questi due componenti: il luogo è l’antico palazzo del Seminario, che occupa un isolato intero nel centro di Livorno e racchiude un chiostro porticato con
giardino. Il seminario, costruito su progetto dell’architetto Gaetano Gherardi negli anni 1840, fu aperto nel 1851.
Quando ne fu decisa la destinazione a museo, l’edificio da anni era rimasto inutilizzato: era in buono stato di conservazione, come riferisce nella sua relazione l’architetto Marco Rossi – che ha curato sia il restauro, sia la risistemazione museale – ma presentava, come quasi sempre accade in questi casi, un notevole accumulo di
polveri sulle superfici, problemi derivanti dall’umidità di risalita, fessurazioni e lacune degli intonaci e delle pitture murali.
Il ripristino delle condizioni generali dell’edificio ha comportato anche lo sgombero di elementi aggiunti in epoca postbellica: in tal modo si sono recuperati i volumi interni, in particolare quelli relativi al magniloquente atrio di ingresso cui si accede tramite un portale in marmo colonnato.
Gli ambienti privilegiati per la sistemazione museale sono stati l’atrio, le cui pareti sono ripartite da paraste doriche, e la ex cappella, un salone rettangolare ingentilito da un ricco apparato decorativo neoclassico.
Una volta recuperata la nobiltà degli ambienti e la fluidità dei passaggi, lo spazio museale è stato completato e contraddistinto tramite l’inserimento di leggere strutture espositive dal disegno nettamente diverso da quello dell’architettura neoclassica, e caratterizzate da altri valori cromatici. Nel “contenitore” storico i moderni apparti espositivi sono leggeri e luminosi.

Il palazzo del Seminario vescovile Girolamo Gavi: la pianta dell’ala destinata a museo al primo e al secondo livello; il prospetto esterno.
A sinistra: un espositore.
Pagina a lato: la sala dell’ex cappella.

La scansione delle pareti, ottenuta tramite una serie di paraste, ha porto l’opportunità di collocare vetrine ortogonali alle pareti, in continuità con le paraste stesse così che lo scenario architettonico non sia negato dall’apparato espositivo.
Il disegno squadrato delle vetrine, realizzate dall’azienda Bernini, e delle quinte contro le quali si appoggiano
contrasta dialogicamente con l’architettura neoclassica. Alcuni elementi di particolare pregio sono collocati in espositori aperti sui quattro lati.

 

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