L’UOMO NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA


Il suo significato, le sue aspettative, i nuovi modi di vivere, le esigenze nell’era tecnologica che devono rivoluzionare
i processi progettuali sono oggetto di grande ripensamento per chi ha il compito del progetto.
Di questo se ne è parlato durante la VIII edizione della settimana della Cultura di Impresa: si sono riuniti nello Spazio Eventi Sagsa a Milano Architetti, Urbanisti, Costruttori Designer, Filosofi, per una riflessione sulla progettualità a tutto tondo a favore dell’uomo di oggi e le generazioni future, analizzando il suo modo di vivere dal “cucchiaio alla Città”, come fu definito in una famosa frase di Ernesto Nathan Rogers.
Ne è emerso un profondo ripensamento sul focus del progetto: l’introduzione di Michele Perini, Presidente Sagsa e della Fiera Milano ”edifici che arrivano a 800 metri di altezza, ardite forme curve che sfidano la gravità… competere e stupire sono sempre obiettivi positivi, a patto che non si dimentichi che la centralità dell’uomo è più
importante del design delle belle forme e delle soluzioni più audaci” ha dato il via agli interventi dei relatori e alla connotazione del dibattito.”
La “persona” deve ritrovare se stessa proiettata negli ambienti, negli spazi in cui vive e lavora, soprattutto nelle cose che usa, in quanto trasmettono sensazioni al proprio cervello: sensazioni e pensieri della persona che ne fruisce devono far raggiungere solo sensazioni di benessere e non di costrizione.
Ho colto dalle relazioni la necessità di una stretta interdipendenza del percorso progettuale sia dei luoghi di privacy, la propria casa, degli spazi all’aperto e di svago, che dell’ambiente di lavoro: in quest’ultimo spazio passiamo la maggior parte della nostra giornata; il tempo è superiore a quello vissuto in casa e negli spazi collettivi.

Il comfort e il senso di benessere in tutti e tre i casi possono e devono essere raggiunti attraverso una nuova impostazione del progetto grazie alla possibilità di utilizzo e di vasta scelta di materiali che l’innovazione e le nuove tecnologie mettono a disposizione.
Nella centralità del progetto quindi va messa sempre la centralità dell’uomo.
Il prodotto architettura – ambiente non deve essere un arido ed egoistico compiacimento del progettista, ma un mezzo per la migliore qualità della vita dell’uomo, nel rispetto delle sue aspettative, all’insegna della eco sostenibilità, in tutta la sua filiera e percorsi, dalla fabbrica al prodotto finito.
Una riflessione sul perché c’è maggior comfort e felicità di fruizione nelle architetture recuperate e riconvertite come ad esempio i loft, può esser utile prima del progetto: una riscoperta delle nostre radici e della cultura che connota il nostro Paese! A sostegno di queste riflessioni ho voluto ospitare nel mio editoriale due aspetti significativi:
*- la celebrazione dei 100 anni della nascita dei fondatori dello studio di architettura B.B.P.R. Banfi Belgiojoso Peressutti Rogers, per la loro importante e significativa impronta nella cultura del progetto: con particolare affetto a Belgiojoso e Rogers, miei professori alla Facoltà di Architettura a cui va la mia riconoscenza per quanto di
prezioso da loro ho appreso, unitamente a quella delle generazioni che hanno connotato la migliore progettualità grazie al loro insegnamento.
*- uno stralcio significativo della relazione del Prof. Arch. Marco Tamino per l’interessante spunto che offre per l’interdisciplinarietà del percorso progettuale da seguire, per lo spazio lavorativo e per lo spazio della propria casa, sintesi di quanto discusso e condiviso. “In epoche e luoghi diversi, la ricetta vitruviana per la progettazione
ha sempre avuto differenti dosaggi e diverse interpretazioni dei suoi ingredienti caratteristici: Firmitas, (il complesso dei contenuti strutturali e dei requisiti costruttivi in genere), Utilitas (la capacità di corrispondere a problemi di utilizzo o ai temi della funzionalità di un opera architettonica) e Venustas (il valore estetico dell’opera stessa) si sono integrate in maggiore o minore misura nella pratica del costruire e nelle varie teorie della progettazione che si sono susseguite.

Hines Italia – Vista tridimensionale dell’area di Progetto di Porta Nuova

(Gli altri relatori della giornata di studio sono stati: Cav. Mario Resca, Direzione generale per la valorizzazione del Patrimonio culturale Ministero dei Beni Culturali – Dott. Giuseppe Sala City, Manager Comune di Milano – Ing. Claudio Artusi, Amm. Del. City life srl – Arch. Manfredi Catella, Presidente Hines Italia srl – Prof Arch. Paolo Caputo, Presidente Caputo Partner ship – Arch. Stefano Boeri, Direttore rivista Abitare – Dott. Aldo Colonnetti, Direttore Scientifico IED Milano, Arch. Francesco Mendini-Mendini Design).

Oggi tuttavia si osserva una clamorosa forma di sbilanciamento a favore di uno solo di essi, e poiché i tre ingredienti sono collegati funzionalmente tra di loro, la predominanza dell’uno restringe inevitabilmente lo spazio disponibile per gli altri. Venustas, con la contrazione degli altri requisiti del progetto, che in tempi recenti risultano relegati a un ruolo decisamente secondario, è il motore di un’architettura contemporanea che trova il suo principale significato e motivo di esistere nel mondo dell’immagine emozionale e delle qualità estetiche. Avviene in architettura, esattamente quello che si verifica da temponel Disegno Industriale: il requisito prevalente di un oggetto proposto sul mercato è il suo appeal commerciale, la sua carica em
ozionale in grado di generare un impulso all’acquisto o la sua capacità di uscire dall’anonimato per proporsi come status symbol ben riconoscibile e sfruttabile come fattore di successo in una campagna comunicazionale. Le antiche battaglie dei pionieri del design sulle qualità sostanziali di un prodotto, sulla sua affidabilità, economicità ed efficienza da tradurre in sede estetica, sono ormai lontane. Gli avanzamenti tecnologici sembrano consentire qualunque spettacolare ipotesi strutturale e
costruttiva che una volta poteva essere ritenuta impensabile o seriamente sconsigliabile; il contenuto strutturale non rappresenta un problema per il progettista architettonico che spesso lo esternalizza affidandolo alle capacità ingegneristiche dei realizzatori. Si assottiglia anche il peso di un tema tradizionalmente centrale per il progetto
architettonico e un assioma delle esigenze funzionali, quello dell’aderenza del progetto a interessi sociali ed a problemi collettivi.
Dal movimento moderno in poi non c’è mai stato un destinatario concreto della progettazione, Rem Koolhas afferma che si è perso il contenuto sociale dell’architettura ed è probabile che sia successo, ma almeno per quanto concerneva il mondo produttivo il destinatario dei luoghi del lavoro esisteva e aveva piani e programmi aziendali precisi. Oggi anche questo aspetto appare profondamente modificato: si è persa l’identificazione tra una determinata struttura aziendale e il progetto architettonico destinato a contenerla e a rappresentarla. Si costruiscono "contenitori estetici" o per così dire dei vasi ornamentali, per i quali esiste solo un utilizzo ipotetico, che vengono accostati gli uni agli atri formando uno scenario urbano discontinuo privo di tessuto.”

Gjlla Giani, architetto

 

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