Lucia Biaggi, Carlo Francalancia



Premessa
Le azioni antropiche hanno comportato profonde modificazioni sugli ecosistemi naturali del territorio con particolare riferimento alla copertura vegetale originaria in molti casi eliminata, a favore di nuove aree da coltivare. Il paesaggio agrario che ne è derivato, pur essendo il risultato dell’attività dell’uomo ha però conservato alcuni residui della vegetazione naturale, meglio definiti come elementi diffusi del paesaggio agrario (fig.1). Quest’ultimo, recentemente, ha subito a sua volta, un processo di impoverimento, a seguito della meccanizzazione e delle nuove tecniche di conduzione agricola.
Ne è conseguita un’ulteriore riduzione degli elementi diffusi che, a maggior ragione, costituiscono ora dei testimoni preziosi della memoria ambientale del paesaggio.

Il loro valore va ulteriormente considerato quando, con l’espansione delle città, essi vengono a trovarsi inglobati all’interno di anonime aree urbane di periferia (fig. 2), in
contrasto con centri storici, la cui netta identità viene mantenuta da un consistente patrimonio storico-culturale e da una con – for mazione urbanistica peculiare per ognuna di esse. Nella categoria degli elementi diffusi possiamo distinguere varie tipologie vegetazionali: boschetti residui, siepi stradali e poderali, vegetazione riparia, alberi isolati, in filari o a piccoli gruppi, alberate.

Boschetti residui
Sono costituiti il più delle volte da querceti di roverella, a cui si associano in subordine altre entità arboree quali olmo, acero campestre, ciliegio selvatico, ciavardello. Di solito ben rappresentata è anche la compagine arbustiva con ginestra, ginepro comune, clematide, caprifoglio etrusco e rovi, che forniscono un notevole contributo in termini di biodiversità. Tra questi, per la varietà floristica che li caratterizza, vanno sicuramente ricordati i roccoli: boschetti con vegetazione autoctona, mantenuti dall’uomo essenzialmente per scopi venatori (fig. 3).

Vegetazione ripariale
Si presenta come una striscia continua e sottile di vegetazione ai bordi dei corsi d’acqua con: salice bianco, pioppo nero, pioppo bianco, olmo campestre, talora ontano nero; con vari arbusti e liane compenetrati tra gli alberi. Oltre che per la difesa e la stabilità degli argini, costituisce un notevole valore estetico e paesaggistico.

Siepi stradali e poderali
Si tratta di formazioni naturali formate da uno strato arbustivo sempre presente, spesso accompagnato da specie arboree. Tra le entità più comuni si segnalano: acero campestre, melo selvatico, olmo campestre, berretta da prete, rosa selvatica, biancospino, nocciolo, corniolo, sanguinella, caprifoglio, olmo campestre, roverella. In passato costituivano un elemento ricorrente del paesaggio agrario dove erano presenti lungo le stradine di campagna, le scarpate e le delimitazioni poderali. Ora la loro presenza è stata ridotta perché considerate un ostacolo per l’agricoltura intensiva. Invece la loro importanza è notevole non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche e soprattutto che per la protezione e il mantenimento degli equilibri biologici.

Individui arborei isolati, in filari o a piccoli gruppi
Si trovano disposti lungo i margini delle strade, ai limiti delle proprietà, in prossimità delle case coloniche, o in mezzo ai campi coltivati ed occupano un posto di notevole rilievo per caratterizzare l’identità di un territorio.
Tra gli alberi isolati un elemento di grande spicco è dato dai grossi esemplari di roverella (fig. 4) a testimonianza degli originari querceti, che costituiscono uno degli elementi più caratteristici del paesaggio collinare umbro-marchigiano.
Tra gli altri alberi possiamo ricordare l’acero campestre (fig. 5), il pioppo cipressino, e altri ancora come il gelso e il noce che, pur non essendo autoctoni, appartengono ugualmente a pieno titolo alla tradizione contadina e al paesaggio rurale. Tra gli alberi in filare vanno segnalati i viali alberati di alcune ville formati da essenze autoctone come Villa Simonetti ad Osimo (AN) con lo splendido viale di farnia o, sempre ad Osimo, Villa di Monte Santo Pietro a cui si accede lungo una strada contornata da lecci.

Alberate
In passato le alberate di acero campestre, ‘maritato’ alla vite, costituivano un aspetto peculiare e suggestivo del paesaggio agrario umbro-marchigiano; mentre attualmente risultano molto rare perché quasi ovunque soppiantate da vigneti specializzati (fig. 6).
Un sensibile incremento si è invece avuto per gli oliveti, per i quali negli ultimi anni si è riscontrato un meritevole riutilizzo, come essenze ornamentali, degli esemplari vetusti non più idonei per la produzione dell’olio.
L’olivo come specie di interesse sia agricolo che ornamentale è sicuramente da sostenere trattandosi di specie derivanti da genotipi che originariamente facevano parte della vegetazione mediterranea.

Conclusioni
Nelle nuove aree metropolitane, la presenza residua di elementi diffusi del paesaggio agrario non va considerata come un generico verdeornamentale, da utilizzare solo in quanto già preesistente, ma va interpretata come un bene di notevol
e valore a tutela dell’identità dei luoghi e come fattore di raccordo armonico tra città e campagna.
Inoltre, anche se molto ridotti nella loro estensione, essi mantengono vivo più che mai il loro ruolo di connettività come corridoi ecologici per garantire condizioni minimali per la vita e lo spostamento degli animali.
Per il verde ornamentale vengono attualmente utilizzate molte specie esotiche (fig. 7), mentre tra gli elementi diffusi, molti sono gli alberi e gli arbusti spontanei impiegabili per l’arredo di nuove aree verdi. Il loro utilizzo risulta molto ridotto a differenza di quanto si riscontra nei parchi e giardini di antica tradizione, in cui venivano prevalentemente
impiegate specie spontanee.
Le essenze autoctone sono inoltre da preferire anche in interventi di ripristino e per la minimizzazione dell’impatto di una opera sul paesaggio.

LB
CF
Università di Camerino

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