Da fabbrica a giardino segreto

Due architetti e un ingegnere si sono impegnati a trasformare una fabbrichetta milanese in un interno visionario con viridari di spirito zen e raffinati reticoli ortogonali. Una bella sfida, dal momento che la piccola fabbrica era un capannone di 10 metri per 23: un unico spazio interrotto da cinque pilastri portanti con altezze diverse per ogni campata, vero mostro edilizio difficile da trasformare. Si è iniziato con metodo: hanno fatto scrivere alla padrona di casa un elenco di quello che voleva, non solo le zone funzionali, ma anche i sogni, le atmosfere, le sensibilità in cui voleva vivere. Nero su bianco, a scanso di pentimenti. Poi sono partiti in una missione impossibile: trasformare una struttura orribile in un luogo fantastico tra sogno e realtà. Sarebbe interessante rileggere il contenuto onirico e personale di tale comunicazione, ma a causa della privacy non è stato trasmesso. Sappiamo invece che dal punto di vista funzionale si voleva un’appartamento per due persone con arredo essenziale e ampi spazi liberi, una zona camino tra pranzo e cucina dove poter cucinare a legna, un patio centrale con giardino, e infine un grande lucernario in camera da letto da dove poter vedere le stelle quando le notti milanesi lo permettono. E una parte dedicata agli ospiti, per due persone, completamente autonoma.Per la zona giorno a piano terra è stato progettato un vano con pianta a C che si svolge attorno a un patio (diventato un viridario con albero secolare che irradia luce magica all’interno della grande sala); per la zona notte al primo piano è stato predisposto un soppalco con ballatoi e camminamenti in ferro verniciato con balaustre lineari che si stendono nello spazio in una sottile ragnatela molto decorativa. La presenza di un cavedio nella zona d’ingresso ha contribuito a risolvere i problemi dell’arieggiatura e dell’illuminazione dei vani. Nel patio, prima di piantarvi il giardino, è stata messa una vasca di cemento profonda un metro con impermeabilizzazione e rete antiradici. Al centro è stato messo un albero spettacolare: un ulivo vecchio di 160 anni (fatto arrivare dalla Puglia con un caterpillar da 50 quintali) reimpiantato tenendo presente il suo precedente posizionamento solare (anche se a Milano il sole non è lo stesso). Tutto il pavimento, incluso il bagno padronale, è stato realizzato con listelli di teak a correre.
Le vetrate, antintrusione per motivi di sicurezza, hanno triplo vetro con gas argon con porte apribili sull’esterno.Nato nel 1952 a Milano dove vive e lavora. Dopo la laurea presso la Facoltà di Architettura del Politecnico, nel 1979 inizia l’attività. Ha svolto diverse esperienze nell’ambito dell’edilizia civile e industriale e della ricerca-sviluppo nel settore ambientale, prestando la sua opera in paesi del Sud America e del Medio Oriente. In qualità di Docente partecipa come relatore a diversi convegni di Bioarchitettura e Feng-Shui. Ha tenuto corsi per la Regione Lombardia e per la Regione Liguria. Nel 1998 è stato “Cultore della Materia” al Politecnico di Milano. Nel 1999 ha fondato lo Studio di Architettura e Design HANASCK che si avvale di un pool di architetti, designers, interior designers e ingegneri. E ‘autore del “Manuale di Feng-Shui”.La struttura portante del soppalco, che col suo rigore geometrico contribuisce a scandire lo spazio interno, è realizzata con travi a doppio T di acciaio verniciato, solide ma leggere e trasparenti. Quelle a contatto con l’esterno sono state preventivamente zincate a caldo per aumentarne la resistenza alla corrosione. Il pavimento del soppalco è costruito con lamiera grecata zincata e soletta in cemento per le camere, con assi di legno da 4 cm di spessore per i ballatoi. Il camminamento sopraelevato ha una struttura portante in acciaio inox e il piano di calpestio in grigliato zincato a caldo. Tutti i serramenti sono in alluminio a taglio termico e le vetrate a triplo vetro con gas inerte all’interno.Questa ristrutturazione ha due caratteristiche che saltano all’occhio: la luce indiretta che proviene dai due cavedi trattati a giardino, e una griglia a modulo rettangolare allungato che si ritrova sia nella balaustra del soppalco che negli infissi vetrati. Il primo elemento, quello luminoso, è fortemente impressivo e ricorda l’effetto surreale di un grande acquario illuminato in una stanza in penombra. Il secondo, quello grafico-decorativo delle griglie, ricorda una sintassi estremorientale: lo squadrettamento delle pareti di carta nelle antiche case giapponesi. Da dove viene questa sensibilità esotica, se non esoterica? La proprietaria si è autoesclusa da ogni tendenza orientale e giapponesizzante. Rimangono fortemente indiziati i due architetti (l’ingegnere, per la sua formazione prettamente scientifica, si può escludere a priori).A diradare ogni dubbio viene in soccorso Internet: alla voce “ architetto Mauro Bertamé” c’è un sito che rivela le sue attività paranormali: è un geomante taoista che nel proprio studio insegna Feng-shui, la disciplina che deriva dal “Libro delle sepolture” scritto da Guò Pu nel IV secolo dopo Cristo.
Secondo questo libro l’energia del Drago scende dalle montagne, si disperde attraverso i venti e si arresta dinanzi a uno specchio d’acqua dove si raccoglie e si condensa.
Questa rivelazione spiegherebbe molte cose, tra cui la presenza nella casa di un vegetale ultracentenario (l’ulivo di 160 anni) con alle spalle una vita più lunga di quella media umana. Per il Feng-shui infatti ogni casa dovrebbe avere un “drago verde” a Est, una tartaruga a Nord, una fenice rossa a Sud e una tigre bianca a Ovest: sono figure simboliche che vanno interpretate, ma è probabile che il drago verde sia proprio l’ulivo.

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