LO SPAZIO SENZA SPRECHI


Giappone. Tokyo – Realizzazione di una villa – Progetto Studio 2 Architects

La casa diventa cornice che inquadra scene di vita e porzioni di cielo.

Servizio di Shiho Sakai
Testi di Leonardo Servadio

Luogo di contraddizioni e concentrazioni quante forse non se ne possono trovare altrove, Tokyo è ben più di una città. Infatti ha cessato da tempo di essere luogo: è divenuto agglomerato che raccoglie assieme diversi nuclei, quartieri e paesi nella maggiore conurbazione del mondo che, avendo assorbito Yokohama e Kawasaki, ha superato i 25 milioni di abitanti. L’area più densamente popolata del pianeta, e in questo senso anche un poco la concretizzazione di quel che sarà il destino di molte altre aree urbane.
Al di là del fenomeno di crescita dell’abitato nel territorio, Tokyo, intesa in senso stretto di unità amministrativa, è un esempio di compressione del sistema di vita entro spazi limitati.

Nelle foto: Scorcio del soggiorno, col soppalco che funge anche da estensione del salotto, specie di balcone interno e
belvedere protetto che offre una vista sugli spazi esterni.
Nella pagina accanto, in alto, la vista esterna serale mette in rilievo la finestra che abbraccia la quasi totalità
della parete. La vista interna evidenzia l’importanza della scala.

La sua organizzazione include una porzione di territorio di poco superiore ai 600 chilometri quadrati su cui vivono oltre otto milioni di abitanti, con una densità di circa 13.500 abitanti per chilometro quadrato, cioè circa il doppio di Milano. Ovviamente, oltre alla popolazione residente, la capitale giapponese ha una impressionante popolazione transeunte: la metropoli è infatti ancora il maggiore centro culturale, commerciale e industriale dell’Asia, luogo di commerci collegato con il resto del mondo, sede di uffici amministrativi delle principali aziende dell’attivissima economia
nipponica. Tutto questo comporta quel record di concentrazione che caratterizza la città.

Vista dal soggiorno. Il soppalco in cemento armato è all’altezza degli occhi di chi siede, così da dividere la scena
esterna in due parti: l’ambiente vicino, la prospettiva lontana.

La casa diventa cornice che inquadra scene di vita e porzioni di cielo.
Questo ha la sua epitome nell’immagine ormai stereotipa degli hotel che, per accogliere il massimo numero di ospiti
per la notte, li stipa in cuccette alloggiate in loculi appositi.
Perché la concentrazione ha un suo immediato riscontro nella concezione territoriale: i suoli sono usati così da ottenere da una metratura minima il massimo rendimento abitativo e, non essendo questa la terra dei grattacieli, la compressione avviene sull’organizzazione interna degli edifici.

Le piante dei quattro livelli, da sinistra: piano terra (con le camere da letto), primo piano, secondo piano, sottotetto (con lo studio) e terrazzo.

Questa casa, firmata dagli architetti Hiroshi Ninomiya e Kazuko Hishiya, è un esempio di riuscita progettazione in forte economia spaziale e concentrazione funzionale. Sul piano dimensionale questo approccio garantisce il massimo
rendimento con lo sforzo minimo; sul piano visivo e connettivo il progetto mira a estendere i confini dello spazio fisico attraverso trasparenze, varchi, passaggi che mettono continuamente in comunicazione da un lato l’interno con l’esterno e, dall’altro, i vari livelli dell’interno. In tal modo avviene una dilatazione percettiva delle condizioni anguste del volume. In luogo delle pareti, ecco quindi crearsi prospettive: dal piano basso verso quelli alti attraverso lo spazio della scala volutamente concepita come elemento leggero e tendenzialmente trasparente.

In Edicola

Tutta la parete del prospetto principale è occupata da una singola finestra della quale la casa si presenta come una cornice, se vista dall’esterno. Dall’interno un soppalco ad altezza degli occhi di chi sta seduto in soggiorno delimita un orizzonte vicino che funge da guida visiva e verso il mondo esterno: al di sotto di tale piano orizzontale sta quanto è vicino alla casa, al di sopra di esso si vede quanto le sta lontano.
E, vicino, sta il piccolo fazzoletto di cortile: la porzione rimanente dopo che ai circa settanta metri quadrati del lotto si tolgono i circa quaranta metri quadrati dell’impronta dell’edificio. Tuttavia in tale esercizio progettuale si realizza un gioco di magia: il breve corridoio di cortile che attornia la casa è una soglia, un limite. Lo spazio libero ridotto a tappeto.

BIOGRAFIE

STUDIO 2 ARCHITECTS SRL
HIROSHI NINOMIYA E KAZUKO HISHIYA
, architetti

Nati l’uno a Kanagawa e l’altra a Fukuoka, fondano nel 1996 lo Studio 2. Hiroshi Ninomiya si è laureato all’università
di Waseda dopo di che ha lavorato come assistente di Arata Isozaki. Kazuko
Hishiya si è laureata all’Università di Yokohama. Hanno ricevuto diversi premi per la progettazione ambientale e per l’edilizia abitativa.
Ninomiya ha svolto docenze in diverse Università in Nuova Zelanda, Giappone e Stati Uniti. Lo Studio ha organizzato mostre sia in Giappone che in altri Paesi asiatici.
Nel 1996 vincono il secondo premio nel concorso per un’area di servizio per la logistica nel porto di Barcellona. Il loro approccio al progetto è rigoroso ma non schematico; con piglio razionalista manovrano le partizioni orizzontali e verticali in armonia con le necessità abitative.

QUALITA’ DELL’INTERVENTO

Centralità del progetto: la casa come nucleo abitativo strutturato entro il tessuto urbano, con forte valenza comunicativa e con accurata economia degli spazi.
Innovazione: la facciata totalmente trasparente corredata da frangisole per il controllo della luce incidente.
Uso dei materiali: struttura e pareti in cemento armato, con significativi inserimenti di acciaio per elementi di arredo.
Nuove tecnologie: la verticalità del pur piccolo edificio ha richiesto soluzioni adatte al transito della luce e dell’aria. Frangisole interni per il controllo della luce incidente.

Con la sua geometrica rigorosità e la sua aerea leggerezza l’edificio pare quindi posato con delicatezza sul suolo, quasi fosse estraneo a esso, e l’accenno liminale diventa gesto significativo di un modo d’essere: di quella gentilezza
compita che è elemento costitutivo della casa tradizionale giapponese, che vive di diaframmi leggeri, di pareti spoglie, di silenzio ordinato.
Il fatto che di fronte alla grande parete vetrata si pongano frangisole orientabili evidenzia un aspetto importante della casa: la sua modulabilità, la sua capacità di sintonizzarsi col tempo e di plasmarsi in funzione delle necessità abitative del momento presente. Posta sui quattro livelli che si intravvedono d’infilata seguendo con gli occhi il cammino delle scale, si scopre che le solette non sono allineate: non rigidamente collocate le une sulla proiezione verticale delle
altre. Paiono un po’ come una gradonata: e forse questo è un motivo ispiratore, a compimento della grande parte vetrata che comunica con l’esterno.
Poiché l’architettura è aperta, essa è intessuta di luce: è un cristallo che ne concretizza l’aerea energia in piani rigidi ma non opachi. La vita del giorno in tale ambiente si svolge un poco come su un palcoscenico: salotto e cucina sono i
due spazi in cui si rappresenta lo spettacolo della vita quotidiana.
Riposta, nascosta, la stanza da letto accoglie al piano basso, quello più lontano dalla luce, l’aspetto protettivo dell casa: la sua anima silente.
Qui si scopre come la casa sia cellula di vita, concretizzazione germinale di un modo d’essere: il progetto architettonico implica un progetto di vita in cui affollamento urbano e propensione sociale sono assunti come dati dipartenza.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)