TANTE LINGUE, UN SOLO MESSAGGIO

Le opere ispirate al messaggio cristiano sono fonte di nuova rivelazione anche là dove la loro interpretazione è stata affidata ad artisti lontani dalla fede. Partendo da questa constatazione, il P. Abate Michael J. Zielinski apre una riflessione sull’origine della creatività umana al di là delle stesse intenzioni di chi ne è espressione.

Come spiegare che i temi della religione cristiana siano stati fonte di nuova rivelazione e di inedita sostanza di verità, anche quando il messaggio è stato interpretato da artisti senza fede o dediti a una vita di eccessi, di disordine, di delitti? Come spiegare Caravaggio?
Che cosa hanno suscitato nelle più remote gallerie del suo animo i protagonisti della vicenda cristiana, i messaggi del Vangelo, l’avvento di Gesù Cristo?
Cristo e la storia di verità che egli ha generato hanno trovato e sempre trovano le vie, anche le più impervie, per toccare le corde più vive dell’esistenza umana, per illuminare le contraddizioni inconciliabili, per svelare urti, tensioni, grovigli del difficile vivere umano. Sa e vuole raggiungere e sorprendere il genio dell’artista, anche il più tenacemente nemico e volutamente scandaloso, diventare soggetto della sua opera, piegarsi persino a subirne l’offesa, e ciò nonostante significare attraverso di sé l’universale condizione dell’essere e il segno e il sensibile sogno della fede.
Anche quando è interpretato per negazione, rinnegato o avversato, il credo cristiano rimane riferimento con il quale l’arte, nella sua ricerca di verità e bellezza, non può non continuare a misurarsi.
Anche l’arte contemporanea nel suo moto demistificante e blasfemo, continua ad appellarsi ai simboli della cristianità, al volto del Messia, alla croce. La contemporaneità ha fatto prevalere l’uomo, le sue cadute, si è illusa di aver fatto sparire Dio non dichiarandolo. Ma in quel silenzio, in quell’ostinata assenza è Dio, è nella relazione, alle volte inconsapevole, sicuramente ineludibile, con l’arte che per secoli ha cercato di significare Dio, un paradigma necessario, un territorio sempre attraversato, non importa se poi abitato o rifiutato. I beni culturali della Chiesa si configurano, oggi, come percorso di conoscenza, tutela e riscoperta delle radici dell’anima: un’eredità storica da trasmettere, capace di coinvolgere i popoli perché capace di stimolare alla trascendenza  e alla piena comprensione della natura umana. Sono il centro di un processo che coinvolge la riflessione artistica internazionale.Il volto della Pietà di Michelangelo continua a esercitare la sua opera maieutica oltre il Vaticano, oltre Roma, oltre l’Italia. Il Crocifisso abbandonato nelle braccia della Madonna, grazie a Michelangelo, parla a ogni altrove, comunica la grandezza del messaggio d’amore della storia del Cristianesimo. Questa storia non ha una sola patria, appartiene a tutto il mondo e ha esercitato il suo influsso sulle culture più lontane.
La crocifissione non è, infatti, solo espressione di un credo: la sua onnicomprensiva espressione dell’umana sofferenza travolge i limiti, le barriere, le distinzioni. Parla a tutti, sempre. Riduttivo sarebbe persino pensare al Cristianesimo soltanto come vivente fondamento dell’identità europea: esso è dialogo e incontro con il mondo. Roma, la Capitale di un Impero armato, divenne con Cristo e la sua Chiesa luogo di riconciliazione e scambio tra tutti i popoli, epicentro di una fede che, ottenuta la libertà di culto, generò libertà di espressione, prese la forma di cupole, basiliche, battisteri, cappelle, cattedrali, tavole, affreschi, miniature, sculture: materia che parlava al cielo e all’uomo, che parlava del cielo e dell’uomo.
Un patrimonio di inestimabile valore che esprimeva, con molteplici linguaggi – che si trattasse di Giotto o di Bernini, di Caravaggio o di Michelangelo – le speranze e le angosce, gli slanci e i tormentosi conflitti della condizione umana.
Il potere empatico dell’arte e la sua capacità di esprimere la condizione umana si unisce al valore emblematico di un rivoluzionario messaggio d’amore evangelico, di una nuova e sempre attuale relazione tra creatura e Creatore.
Quale che fosse il linguaggio (la parola, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica), l’arte è sempre stata confronto tra verità divina e verità umana, sintesi vertiginosa di salvezza e miseria, di promessa e desolazione, di cielo e terra.
Nelle opere che appartengono alla tradizione della Chiesa, l’arte declina ogni condizione d’essere dell’uomo all’ombra di Dio, nel suo rapporto con Dio. La miseria della caduta, il miracolo della salvezza nella Croce della sofferenza diventano nell’arte racconto universale della ricerca di verità, di bellezza, di Dio.Questa ricerca oggi continua con il viaggio attraverso i beni culturali della Chiesa, strumento di nuova evangelizzazione, un viaggio che non si rivolge a una cerchia esclusiva di fedeli, ma estende il suo fascino a tutti, entro e oltre i confini nazionali.
Non dunque un circuito chiuso e finito in sé, ma aperto alle infinite connessioni con il mondo contemporaneo.
Quando entra in rapporto con esso, il visitatore viene visitato, l’incontro estetico con la molteplice bellezza dell’arte apre il varco all’incontro con l’infinità sofferente e gioiosa di Gesù Cristo che si insedia negli spazi interiori, nelle pigrizie e nei vuoti ansiosi dell’anima.
I beni culturali della Chiesa sono, dunque, beni dell’umanità, forma del bene destinato a tutti gli uomini, un miracolo squisitamente umano che ferma nel tempo la storia spirituale dell’uomo per farle attraversare il tempo. Le opere create per cercare Dio si fanno luogo in cui si trova Dio, in cui si trovano la storia e il flusso incontaminato delle vicende interiori
dell’essere.

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