Chiesa di Saint-Pierre a Firminy-Vert (Francia) Dopo un lungo percorso meditativo e progettuale, nel quadro delle iniziative francesi per la conservazione del patrimonio architettonico nazionale è stata completata l’ultima opera di Le Corbusier che ancora restava sulla carta. In realtà il suo progetto partiva da molto lontano. La fretta è cattiva consigliera, e le buone idee riescono comunque e sempre a farsi strada. Sono luoghi comuni, ma guardando alla chiesa di Firminy ci si rende conto che sono anche semplicemente verità.
La chiesa è stata inaugurata a fine novembre 2006, ma la sua concezione risale a molti decenni fa. Potrebbe essere descritta come “l’ultimo progetto” di Le Corbusier, ma la definizione sarebbe difettiva proprio perché il progetto della chiesa, intitolata a Saint-Pierre, è frutto di una lunga ricogitazione del maestro svizzero-francese in merito allo spazio di culto, cominciata nel 1929 con gli studi per la chiesa di Santa Maria Liberatrice a Le Tremblay (Francia): anch’esso, come poi quello per Firminy, basato su uno zoccolo quadrangolare sopra il quale sorge un secondo segmento svettante che introduce la dimensione verticale, nella forma di un’alta presa di luce slanciata verso il cielo, che trasforma la staticità della base anche in una rotazione. Dall’alto: Le Corbusier (“Ho lavorato per ciò di cui gli uomini hanno maggior bisogno: il silenzio e la pace”); schizzo della chiesa; l’edificio incompiuto fino al 2002. Le Corbusier fu chiamato a Firminy dal sindaco Eugène Claudius-Petit che aveva già conosciuto nell’immediato dopoguerra e che sarebbe stato anche Ministro per la Ricostruzione. L’incontro tra i due aveva favorito il sorgere dell’idea di una serie di interventi integrati che definissero nella sua variegata complessità tutti gli aspetti della vita nell’ambiente urbano della cittadina francese.
La realizzazione cominciò anni dopo, nel 1970 ma procedette a stento e fu bloccata nel ‘78 per mancanza di fondi: restò per anni il nudo zoccolo in cemento che sembrava destinato a permanere un rudere precoce, memoria di un progetto incompiuto.
All’inizio del nuovo millennio fu dato il via al restauro di alcuni degli edifici di Le Corbusier, come
Nel descriverne l’origine, Oubrerie spiega: “Quando decise di incaricarmi di questo progetto portò sul mio tavolo la prima idea della chiesa… quattro disegni… Due venivano da Le Tremblay (l’origine del concetto); l’altro era una pianta di Stonehenge, l’ultimo uno schizzo della luce all’interno di Santa Sofia”. Continua Oubrerie:“ Poco a poco si concretizzava l’idea di uno spazio buio con aperture in alto che rendevano forte il contrasto del nero e del bianco; idea di contrappunto luce/ombra; aperture a livello del pavimento, lineari, che permettevano di leggere il piano, la sua geometria e facevano capire che tutto è governato dal quadrato e dal cerchio iscritto, dal quadrato della pianta verso la sua conclusione circolare in alto, generando così una trasformazione geometrica dal basso verso l’alto…”.
Il cammino di ingresso alla chiesa è complesso ed è guidato attraverso varie soglie, secondo una tangente a lato del parallelepipedo di base che comporta una svolta e un cambiamento di quota per accedere all’interno. Qui, come spiega Glauco Gresleri: “I poli eminenziali attivano tutto lo spazio costituendosi a corolla attorno al luogo nell’assemblea.
Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris (La Chaux-de-Fonds, 6 ottobre 1887 – Roquebrune-Cap-Martin, 27 agosto 1965), è stato un architetto, urbanista, pittore e designer svizzero naturalizzato francese. Viene ricordato – assieme a Ludwig Mies van der Rohe, Walter Gropius, Frank Lloyd Wright e pochi altri – come un maestro del Movimento Moderno. Pioniere nell’uso del cemento armato per l’architettura, è stato anche uno dei padri dell’urbanistica contemporanea.
Membro fondatore dei Congrès Internationaux d’Architecture moderne, fuse l’architettura con i bisogni sociali dell’uomo medio, rivelandosi geniale pensatore della realtà del suo tempo. Gli architetti e le associazioni presenti al Congrès Internationaux d’Architecture moderne: I congressi internazionali di architettura moderna (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne) o CIAM, sono nati dal bisogno di promuovere un’architettura ed un’urbanistica funzionali. Il primo incontro ebbe luogo nel 1928 a La Sarraz (Svizzera). Nel corso del XI congresso nel 1959 che si tenne a Otterlo (Olanda), i membri decisero di cessare la loro attività. LE COURBUSIER Nato in Svizzera, il 6 ottobre 1887, da una famiglia di origine francese (per parte paterna) e belga (per parte materna), a 14 anni il giovane Charles-Edouard si iscrive alla locale scuola d’arte, dove apprende tecniche inizialmente estranee a quelle che gli serviranno per l’opera architettonica, acquisendo però capacità di pittore, scultore e cesellatore (un primo successo sarà a soli quindici anni un premio all’Esposizione di Arti Decorative di Torino del 1902 con un orologio da taschino). Il suo maestro, tuttavia, lo spinge ad orientarsi verso l’architettura e in questo senso rimangono fondamentali i suoi lunghi viaggi compiuti tra il 1906 e il 1914 in varie città d’Europa: in primo luogo in Italia (tra la Toscana e il Veneto) dove studia dal vivo le architetture rinascimentali e sei-settecentesche (per il primo viaggio a Firenze – dove si fermerà per un mese – impiegherà il danaro guadagnato dalla sua prima “commessa” per il progetto di una casa di abitazione – la “Villa Fallet” – disegnata per un insegnante della scuola, insieme ad un architetto locale – René Chapallaz – nel periodo 1906/07); poi sarà a Budapest e a Vienna, dove entra in contatto con l’ambiente della Secessione viennese.
A Berlino conosce Gropius e Mies Van der Rohe, abbandonando però il loro studio a causa dell’incompatibilità con la personalità del loro maestro, Behrens.
Un incontro molto importante per la sua formazione fu quello col pittore e disegnatore Amédée Ozenfant che iniziò Le Corbusier al Purismo, una nuova estetica delle arti figurative che rifiutava le astrazioni complicate del Cubismo e invocava il ritorno alle forme geometriche pure degli oggetti di uso comune. Nel 1918 i due scrissero e pubblicarono il manifesto del Purismo, Après le cubisme.
Aperta alle arti e alle scienze umane, grazie a collaboratori brillanti, nella rivista venivano divulgate le idee sull’architettura e l’urbanistica già espresse da Adolf Loos e Henry van de Velde, venivano combattuti gli “stili” del passato, le complicate decorazioni non strutturali del Cubismo, invocato il ritorno a un’arte ordinata, chiara e oggettiva in sintonia con i tempi.
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