Le scelte

Il recupero di oggetti di uso comune o degli scarti di produzione diventa elemento ispirstore per le nuove forme di un design veramente ecologico.

La cultura dell’ “usa e getta” che ha caratterizzato l’ultimo quarto di secolo ha disegnato oggetti caratterizzati da forme e funzioni interessanti ed innovative, e con questi ci ha “regalato” un numero altrettanto elevato di “rifiuti” che ormai risulta difficile smaltire e che pone problemi di coscienza ecologica. Da ciò è scaturito un modo diverso di disegnare gli oggetti, che si propone di riutilizzare i rifiuti del design “usa e getta” come materia prima per esplorare nuove forme per la vita di tutti i giorni. Questo tipo di creatività non è nuova, ma prende a modello le capacità di riutilizzo delle popolazioni povere e, senza andare molto lontano, delle tradizioni della nostra società contadina che ha preceduto il consumismo: basta pensare al coppertone della bicicletta trasformato in suola per pantofole, al pneumatico dell’auto che diventa il sedile dell’altalena o alle vecchie pentole usate come vasi per le piante del giardino. La novità oggi sta nel tipo di oggetti riutilizzati come materia prima, che non sono più solo quelli di tutti i giorni che non usiamo ma anche i numerosi (e voluminosi) materiali usati negli imballaggi o certi pezzi che rimangono inutilizzati fin dalla fase di produzione industriale. Questi sfridi sono quasi sempre manufatti dalla forma già definita in quanto oggi quasi tutto viene realizzato con tagli e lavorazioni a macchina molto precisi che producono scarti altrettanto perfetti, i quali nel caso vengano riutilizzati come materia prima per nuovi oggetti di design non risultano leggibili nel prodotto finale. È il caso di molte delle creazioni di Paolo Ulian, il quale ha “ricreato” un tagliere (il “Battagliere”) aggiungendo una asola in cuoio e quattro piedini in gomma ad un pezzo di marmo risultante dal taglio dei top dei lavabi del bagno. La sua lampada “Cotto” ha invece per materia prima i listelli che vengono scartati durante la posa delle mattonelle in cotto, mentre la seduta ed il paravento in cartone ondulato utilizzano “a nudo” il materiale usato negli imballaggi più comuni. In altri casi il soggetto protagonista del riutilizzo si rivela un pezzo del macchinario che è servito in fase produttiva: nel tavolo “Molazza” di Clayart il piano è una griglia di acciaio usata per la realizzazione di pezzi in laterizio ed ormai inservibile a causa dell’usura subita dal passaggio dell’argilla che regala ogni volta un manufatto diverso a causa della imprevedibilità del processo di usura. Ciò permette anche ai designer del riciclo di realizzare pezzi unici come questo tavolo o in serie limitata come nel caso del tagliere e della lampada, in quanto la “realizzazione” di questi oggetti dipende dal ritmo di produzione di altri manufatti. I pezzi “di serie” nel design del riciclo sono quelli realizzati invece con gli oggetti scartati quotidianamente e che diventano una fonte di materia prima inesauribile. Questo tipo di manufatti è più innovativo sia per forma che per funzione rispetto a quelli realizzati con gli scarti della produzione industriale, in quanto il fatto di usare una “materia prima” diversa, meno plasmabile e già dotata di una propria identità formale, diventa spunto per la creazione di forme nuove e di associazioni funzionali mai pensate. Essi risultano più divertenti per il fatto che l’oggetto di scarto rimane quasi sempre percepibile e questa onestà formale rende più leggibile anche il messaggio ecologico che sottende la loro creazione, ovvero il recupero della “tradizione del riuso” in cui lo scarto diventa elemento creativo ed economico. Il “design del riciclo” in ogni caso è terreno quasi esclusivo dei giovani che trovano negli scarti di produzione o di uso quotidiano una enorme ed economica riserva di materia prima per la loro creatività che riesce a trasformarli in prodotti nuovi e divertenti grazie ad uno spiccato senso dell’ironia. Uno degli oggetti più riutilizzati nel repertorio degli ultimi anni è la bottiglia di plastica dell’acqua presente ogni giorno sulle nostre tavole, sulla quale Paolo Ulian si è sbizzarrito ricavando un paravento, diversi vasi per fiori, delle lampade e dei simpatici appendiabiti, mentre alcuni suoi colleghi, tra cui Anna Vitelli, hanno pensato di impiegarla come imbottitura di poltrone e pouf intrappolandone un certo numero in un involucro di plastica trasparente. Gli oggetti di plastica, non biodegradabili, sembrano quelli che consentono maggiore possibilità: tra i più disparati troviamo tubi trasparenti e tappetini per la doccia che diventano lampade grazie alla fantasia di Marzia Mosconi e di Paolo Ulian. Il gruppo “Clayart” si ispira invece ai cantieri ed ai laterizi industriali per creare oggetti di tutti i giorni, come sedute e librerie tenute insieme con coerenza dai tondini di ferro usati in edilizia. La capacità di guardare gli oggetti di tutti i giorni con occhi nuovi e di reinterpretarli senza far loro smarrire la propria identità è propria dei nuovi designers del riciclo che riescono a ricreare manufatti nuovi che emergono dalla massa degli oggetti minimalisti che ormai hanno sperimentato tutte le forme possibili dei materiali tradizionali del design e che si differenziano fra loro per piccoli dettagli, talvolta illeggibili.

 

Seduta in cartone ondulato Appendiabiti da terra Lampada "Cotto"
Tavolo "Molazza" Libreria "Clayart" Paravento "Accadueò"

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