L’antico ottagono e le sue cromie


RESTAURO CHIESA DI SANT’ORSOLA A MANTOVA

Nato come centro di un grande complesso conventuale, l’edificio seicentesco è stato all’origine arricchito da diverse opere artistiche ma dalla fine del ‘700 è stato oggetto di trasformazioni e spoliazioni. Il restauro, cominciato negli anni ‘90 e conclusosi recentemente col recupero degli intonaci interni, è stato curato da Nicola Sodano.

La chiesa di Sant’Orsola era parte di un più ampio complesso monastico che varie vicissitudini modificarono e mutilarono nel tempo. Venne realizzata su progetto dell’architetto di Corte Antonio Maria Viani, il quale volle edificare un tempio caratterizzato da pianta centrale ottagonale, coperta a cupola. L’idea compositiva era già stata studiata dall’architetto stesso nella chiesa dell’Incoronata a Sabbioneta.
Margherita Gonzaga, figlia del duca Guglielmo, nel 1597 rimasta vedova del duca Alfonso II di Ferrara, decide di tornare a Mantova, presso il fratello Vincenzo.
Non potendo occuparsi degli affari dello Stato e non sapendo rassegnarsi a vivere nell’ozio decide di fondare un monastero. A tal fine acquista nel 1599 alcune case nella contrada delle Borre e dopo averle adattate vi sistema dodici fanciulle delle famiglie più insigni del Ducato, affinché seguano la regola di S. Chiara. Accanto al convento fa costruire un piccolo oratorio dedicato a S. Margherita.
Non soddisfatta degli edifici malamente accozzati e insufficienti per capienza acquista nel sobborgo di Pradella i palazzi contigui di Fabio Gonzaga, Marcello Donati e del nobile Grignano. Dopo vari lavori di trasformazione per tramutare i fabbricati in convento, nel 1608 vi fa trasferire le monache.

La ricostruzione grafica sovrappone lo schema
dell’antico complesso all’attuale tracciato viario.
1930: il complesso dopo la demolizione dell’ospedale.
Sotto: 1945, la cupola colpita da un bombardamento.

Nell’autunno dello stesso anno Margherita si reca all’improvviso al monastero e dichiara di voler restare là e non tornare più a corte.
Due pensieri preoccupano la duchessa: regolare la posizione del convento con le Autorità ecclesiastiche e fare in modo che questo diventi una dimora degna. Per il primo di questi intenti Margherita si serve di Tiberio Guarini, suo cappellano e consigliere, mentre incarica Antonio Maria Viani, ingegnere, architetto, pittore e prefetto delle fabbriche ducali, di costruire una chiesa più grande della esistente.
Il complesso monastico occuperà un’area molto estesa.Vi si accede da un ingresso principale su borgo Pradella e da via degli Stabili (attuale via Solferino).
Era composto da parecchi edifici alternati a chiostri, cortili, giardini, collegati attraverso portici e corsie opportunamente disposti per gli usi cui dovevano servire.
Tra le fabbriche presenti si elencano una chiesa aperta anche al pubblico, un oratorio interno, celle, refettorio, sale di ricevimento, dormitorio e infermeria riservati alle cinquanta monache, un appartamento per la duchessa e le principesse che desiderino ritirarsi momentaneamente nel monastero.
La prima pietra della Chiesa viene posata nel 1608.

In senso orario: la sezione verticale evidenzia l’alta cupola; la chiesa dopo il restauro delle superfici
esterne conclusosi nel 1995 (angolo tra Via Bonomi e C.so Vittorio Emanuele); la pianta della chiesa.

I lavori procedono con tale sollecitudine che in quattro anni la costruzione è perfettamente ultimata e viene intitolata a S. Orsola, simbolo della cultura contro la barbarie.
Carlo d’Arco, in Delle Arti e degli Artefici di Mantova (Mantova 1857, vol. I) descrive così la fabbrica: "La forma del tempio è ottagona; in ogni angolo vi è collocato un pilastro e in ciascuno dei lati sono due archi l’uno sovrapposto all’altro. In mezzo agli archi allogati sopra sono poste diverse tribune, da cui le suore, non vedute dal popolo, potevano assistere alle religiose funzioni; e fra gli archi situati nel basso sono varie cappelle, nelle quali sorgono gli altari.
Nell’interno di quest’edificio appariscono le parti collegate fra loro con sapiente armonia, le forme disegnate con molta
eleganza, con semplicità di concetto, con giudiziosa economia nella distribuzione della luce, e ciò che più monta, vi si vede colta la espressione devota conveniente alla casa di Dio."
A Margherita ora non resta che arricchire l’edificio sacro con opere di artisti quali Domenico Fetti e sua sorella Lucilla (o Lucrina come è chiamata da G.B. Intra in Il Monastero di Santa Orsola in Mantova, Milano 1895), monaca dello stesso convento. Sull’altare maggiore verrà posto il Martirio di S. Orsola colle altre Vergini, opera di Lodovico Carracci. Sull’altare di destra, consacrato a S. Chiara, troverà collocazione il Miracolo di S. Chiara col Sacramento, lavoro pregevole di Carlo Bonomi, e sotto di esso vengono posizionati due quadretti, S. Francesco e S. Antonio, sempre del Bonomi. Nell’altare di sinistra, dedicato a S. Margherita, sarà posizionato un quadro rappresentante S. Orsola e
S. Margherita in adorazione della Trinità, opera di A. M. Viani; sotto di esso compaiono altri due quadri del Viani,
S. Barbara e S. Maddalena.
Il Fetti dipinge inoltre quattro grandi lunette con la rappresentazione
del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Annessa alla chiesa pubblica ne viene costruita un’altra riservata alle monache, nella quale si trovano opere quali l’Orazione di Gesù nell’orto del Fetti (che ora si vede nel Duomo di Mantova), e copie della Notte e della Deposizione della croce del Correggio eseguite da Lucilla Fetti.
Nella Sala del Capitolo, destinata alla riunione delle suore, ci sono stalli per cinquanta religiose e la decorano quadri quali la Deposizione di Cristo nel sepolcro, del Bonomi.
Nel 1782 Giuseppe II impone la soppressione dei conventi, e tra questi a Mantova anche quello di Sant’Orsola. Le religiose trasformano i loro vasti locali in ospedale per monache ammalate e scongiurano così una fine miseranda, ma solo temporaneamente: nel 1786 un secondo decreto abolisce definitivamente l’istituzione religiosa. Durante il regime
napoleonico il monastero viene usato come caserma e magazzino. Successivamente diventa ospedale civile: gli ampi spazi sono adeguati ai nuovi usi, i giardini vengono in parte venduti e la chiesetta interna adattata a farmacia. Nel XIX secolo l’ex convento va incontro a modificazioni tali da comprometterne gravemente l’impianto.
Dopo diverse vicissitudini corrispondenti all’alternarsi delle situazioni storiche, i fabbricati che costituiscono l’ospedale vengono integralmente demoliti tra il 1930 e il 1936. Sono gli anni infatti dello scellerato progetto urbanistico che porta alla realizzazione dell’attuale via Bonomi. A seguito di queste distruzioni subentrano all’articolata vastità del complesso monastico che lì si dispiegava i fabbricati che ora si affacciano su via Bonomi, e in parte anche quelli prospettanti su via Solferino.
La Chiesa di Sant’Orsola diventa dunque un edificio d’angolo fra via Bonomi e corso Pradella, con una nuova connotazione architettonica.

Chiesa di Sant’Orsola a Mantova
Progetto e direzione: Arch. Nicola Sodano, Studio “Architettura & Restauro”
Assistenza cantiere: Geom. Antonio Redenti
Collaboratori: Ing. Cesare Paroli (statica) Ing. Simona Vallicelli (impianto elettrico) Ing. Gianfranco Ballin (sicurezza) Arch. Silvia Vincenzi, Arch. Eleonora Papotti, Geom. Luigi Andreani.

FACCIATA MONUMENTALE
La facciata su C.so V. Emanuele è la porzione più importante dal punto di vista storico, artistico, architettonico e monumentale.
Si tratta di un bell’esempio di composizione architettonica caratterizzata da ordine unico a colonne binate su alto piedistallo.
Ricco di modanature è il timpano centrale e la cornice che costituisce il frontone. Lettere della duchessa Margherita spedite alla marchesa Canossa di Verona ci danno la certezza della provenienza del marmo dalle cave di Sant’ Ambrogio di Verona.
La facciata è stata sottoposta a restauro cromatico dell’intonaco e restauro delle parti marmoree con conseguente pulizia.

INTONACI
L’interno della chiesa è a pianta centrale ottagonale coperta a cupola. Il restauro degli interni è iniziato nel 2002 e con la sua ultimazione si è completato il recupero del Tempio iniziato negli anni ’90 con il restauro delle facciate già
inaugurate nel 1995. L’intervento di recupero degli interni ha avuto un carattere prevalentemente conservativo.
Si è provveduto a ripristinare innanzitutto la volta e la relativa copertura.
Sono stati restaurati e ripristinati gli intonaci ammalorati recuperandoli e "riancorandoli" alla struttura muraria, previa operazione di siringatura, e si sono stesi nuovi intonaci colorati secondo i colori originali.

ALTARE MADONNA
La cornice lignea sopra l’altare marmoreo era in discrete condizioni di conservazione, durante il restauro è stata scoperta la coloritura originale dell’altare: le parti in rilievo dorate e le restanti in azzurro, probabilmente in equilibrio
cromatico con la cappella un tempo colorata con tonalità azzurre. In epoca successiva l’altare è stato ricolorato: le parti in rilievo dorate e le restanti in panna. L’ovale nella parte superiore dell’altare è un olio su tavola, era annerito da depositi di polvere e nerofumo, e presentava numerosi fori causati da insetti xilofagi. La pulitura è stata effettuata con ammonio e acqua in soluzione satura per togliere lo strato di polvere e il nerofumo.
La pulitura del dipinto su tavola è stata effettuata con alcool etilico ed acetone al 50%.

PAVIMENTAZIONE
La pavimentazione si presentava in uno stato di degrado avanzato, con evidenti macchie dovute ad efflorescenze da sali solubili a causa dell’umidità da risalita. Per la pulitura si è provveduto con pretrattamento della pavimentazione
in cotto; lavaggio con mezzi meccanici e impiego di idonei detergenti acidi tamponati; risciacquo con detergenti neutralizzanti; stesura di due mani di impregnante idro-oleorepellente antimacchia; stesura di due mani di impregnante idro-oleorepellente di fondo; finitura con due mani di cera speciale per interni.
Gli elementi marmorei erano ricoperti da depositi di polveri, tracce di vernici, e in alcune zone presentavano stuccature
con malta cementizia. La pulitura è stata effettuata con acqua e ammoniaca al 40%. Meccanicamente sono stati asportati i residui di vernice.

AGEDUAMENTO LITURGICO
Gli altari marmorei erano ricoperti da polvere, nerofumo, cera, e ampie tracce di vernice ingiallita che hanno alterato i colori originali del marmo.
La pulitura è stata effettuata con acqua e ammoniaca al 40%, meccanicamente sono state asportate le sgocciolature di cera e i residui di vernice, si è proceduto al ritocco con alcool etilico ed acetone al 50%. Infine è stato steso un
protettivo per marmi. A conclusione del recupero e restauro, si è posto il problema dell’adeguamento della chiesa secondo la riforma liturgica.
Di per sé la pianta ottagonale della chiesa già ben si prestava a ospitare l’assemblea celebrante. Invece il presbiterio racchiuso in una delle quattro nicchie (altare principale, due altari laterali, ingresso) si presentava inidoneo in termini di spazio.
Per questo motivo si è creato un avanzamento del piano del presbiterio tramite una pedana che si inserisce nel tema dell’ottagonalità.
Questo adeguamento si integra con l’altare seicentesco nonostante la presenza della balaustra in marmo di sicura origine postuma rispetto all’impianto iniziale. Su tale pedana trova posto il nuovo altare, l’ambone e la sede.
Si tratta di elementi in legno progettati ad hoc, caratterizzati da una semplicità di materiale e di linea: un intervento ovviamente reversibile e che non si sovrappone all’altare storico.

IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE
Il progetto mira a soddisfare in modo differenziato le esigenze delle funzioni liturgiche e quelle delle visite per motivi artistici, secondo due direttrici:
1. luce per la liturgia, come specificazione dei momenti liturgici delle celebrazioni;
2. luce per il monumento, come godimento del bene in rapporto al luogo liturgico.
Il volume architettonico è stato diviso in due livelli, in modo da gestire le soluzioni illuminotecniche, secondo gradi d’intensità differenti e secondo una progressione verticale.
Al primo livello, ovvero a quota pavimento del piano terra, viene garantita l’illuminazione delle cappelle e dell’aula. L’illuminazione viene realizzata da una sezione dell’impianto in cui i corpi illuminanti sono costituiti da proiettori orientabili.

All’interno delle cappelle, sulle cornici delle paraste sono collocati dei proiettori a una lampada; dietro le paraste, a circa tre metri dal piano di calpestio, sono posizionati dei moduli da quattro lampade. Al secondo livello, ovvero a quota del matroneo, al di sopra della cornice architettonica, a circa 13 metri di altezza dal piano di calpestio, sono posizionati proiettori orientabili che consentono l’illuminazione in modo differenziato dell’aula, della cupola e del matroneo.
I proiettori che illuminano l’aula e la cupola si trovano alla base del cornicione e sono nascosti alla vista; quelli che illuminano il matroneo sono disposti nella parte interna del matroneo stesso, in corrispondenza delle aperture.

 

 

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