La Voce delle Diocesi

Una finestra di dialogo per i Beni Culturali di ieri e di oggi
Sono moltissime le iniziative che vengono intraprese nelle Diocesi italiane in merito alla conservazione dei Beni Culturali Ecclesiastici, alla edificazione di nuove chiese, alla presentazione di nuove opere d’arte, alla discussione su tematiche attinenti al rapporto vivo tra architettura, arte e Chiesa. La nostra rivista, CHIESA OGGI architettura e comunicazione, nasce come strumento di documentazione, di informazione e di servizio. Il servizio consiste proprio nel mettere in comunicazione le diverse realtà che si muovono nel vasto mondo dell’architettura per la Chiesa, con tutto quel che questo comporta, con tutte le implicazioni nel campo progettuale, tecnologico, artistico, liturgico, ecc.Gli Uffici diocesani che si occupano dell’edificazione di nuove chiese e del mantenimento dei Beni Culturali Ecclesiastici sono l’interlocutore di tutti coloro che a diverso titolo stanno partecipando o desiderano partecipare al progetto della chiesa e al suo rinnovamento.CHIESA OGGI architettura e comunicazione è l’unica rivista specializzata nell’architettura della chiesa in tutte le sue articolazioni: l’unica rivista che raggiunge sia le parrocchie italiane, sia chi nell’ambito professionale o imprenditoriale ha fatto dell’edificio chiesa una parte importante, talvolta esclusiva, della propria specializzazione. Queste pagine sono a disposizione delle Curie diocesane: qui possono presentare le iniziative che hanno intrapreso, che stanno realizzando o che intendono concretizzare in futuro. Una iniziativa di una singola diocesi può essere fonte di ispirazione per altri, può essere motivo di dibattito, può essere occasione per suggerire soluzioni nuove a problemi specifici. Siamo sicuri che altri vorranno comunicarci le loro iniziative e che il flusso di informazioni, proposte, analisi, suggerimenti, richieste che su queste pagine troveranno ospitalità, sarà sempre più ricco e fecondo. Inviate la Vostra comunicazione per posta elettronica: chiesaoggi@dibaio.com

DIOCESI DI TRENTO
In tutta Europa uno stesso approccio allo spazio liturgico?
E se si arrivasse a un’intesa comune tra le Conferenze Episcopali dei diversi Paesi europei, in merito alle indicazioni da dare sulla progettazione e sull’adeguamento dello spazio liturgico? L’idea, niente affatto peregrina risulta implicita nelle parole di don Ambrogio Malacarne, responsabile dei Beni Culturali della Diocesi di Trento. Una Diocesi di confine, quella di Trento, a un passo dall’Austria, sensibile pertanto al raffronto con le altre realtà europee. Non per caso don Ambrogio spiega che il suo Ufficio ha voluto tradurre in italiano un volume del liturgista austriaco Richter, di commento alle indicazioni della Conferenza episcopale austriaca per la costruzione di nuove chiese e per l’adeguamento degli spazi liturgici esistenti. «La nostra intenzione – riferisce don Ambrogio Malacarne – è di mettere a confronto le indicazioni della Conferenza episcopale italiana con quelle della Conferenza episcopale austriaca e anche con quelle di altre conferenze episcopali. Già mi sono messo in contatto per esempio con l’Ufficio liturgico di Madrid da cui ho ricevuto una documentazione su quanto viene raccomandato in Spagna. Beninteso: vi è amplissima convergenza di vedute, ma vi sono anche particolarità, distinzioni e differenze di accento. Per esempio in Spagna viene raccomandato che il fonte battesimale sia collocato in prossimità dell’ambone, mentre qui da noi si preferisce distinguere, separare e distanziare questi due poli liturgici. Osservando queste differenze, mi sono permesso di sognare che magari un giorno si possa giungere a un unico approccio allo spazio liturgico, in tutta Europa».
Come mai è giunto a compiere questi raffronti tra i diversi testi dei diversi Paesi europei? «Da tempo qui a Trento svolgiamo una discreta attività didattica, formativa e informativa su arte, architettura e liturgia. Ora, anche grazie allo stimolo dell’Ufficio Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana, abbiamo deciso di dar vita a un “master”, una specializzazione postlaurea in beni culturali della Chiesa aperto a ingegneri e architetti. Data la nostra posizione geografica ci è risultato spontaneo di aprire le porte di questo corso, che avrà durata semestrale e implicherà circa 2000 ore di impegno tra studio e attività collaterali, non solo ai professionisti italiani ma anche a quelli provenienti da oltre confine: dall’Austria alla Slovenia. Di qui il desiderio di confrontare concordanze e differenze negli approcci».
Ma a Trento si è già tenuto un corso di specializzazione per architetti…. «Due anni fa. Il corso venne seguito da 30 architetti e da 15 artisti. A conclusione del corso, come esercitazione, si è preparato il progetto di una chiesa nuova e dell’adeguamento di una chiesa esistente degli anni ’50. I risultati del corso sono stati eccellenti, nel senso che quando ora mi trovo di fronte a progettisti che vi hanno preso parte, o che, hanno preso parte a altri corsi omologhi svoltisi in altre parti d’Italia, noto la facilità di dialogo e la loro immediata comprensione dei problemi sul tappeto, che invece in altri progettisti, non iniziati al tipo di problematiche inerenti lo spazio liturgico, difficilmente si ravvisa.
Nella nostra diocesi sono stati realizzati diversi interventi di adeguamento e di progettazione dello spazio liturgico – cito tra tutti il progetto dell’aula liturgica nella chiesa di S. Giuseppe di Rovereto: edificio di nuova costruzione, già esistente ma erroneamente concepito come involucro prima che come spazio per la celebrazione. L’abbiamo completato con una sistemazione liturgica direi ben studiata, opera di un professionista che aveva seguito il corso svolto due anni or sono. È importante sottolineare anche che il corso non è stato inteso come un fatto a sé, ma è stato seguito da tutta una serie di iniziative tendenti a ravvivarne e aggiornarne gli argomenti, per esempio in conferenze pubbliche. In questo periodo, con l’occasione della presentazione nella nostra città della mostra sui Segni del ‘900 si tengono diverse lezioni pubbliche nelle quali il tema dell’arte e dell’architettura sacra è ridiscusso e approfondito. L’anno scorso abbiamo anche svolto una importante mostra su come la figura di san Vigilio possa essere rivista oggi: sono state presentate circa settanta opere concepite ad hoc».

Trento, la piazza del Duomo, con l’episcopio Grado, Basilica di S. Maria delle Grazie Pavimento musivo (fine sec.VI)

DIOCESI DI GORIZIA
La chiesa della Madre di Dio a Grado
Distante una decina di chilometri da Aquileia, Grado è città che guarda nel corso della propria storia a Bisanzio, al cristianesimo orientale, al mare, mentre Aquileia, dopo il fecondissimo periodo romano, ha avuto il suo polo di riferimento nell’impero germanico e nell’Europa continentale. Le due storiche località, prima unite da una storia comune e poi divise da aspre rivalità, sono oggi riaffratellate nel piccolo territorio della diocesi di Gorizia. Entrambe le città furono in passato sede patriarcale. Grado mantenne la titolarità del patriarcato sino al 1451, quando per decreto papale il titolo passò a Venezia, che conserva testimonianza della precedente autorità gradese in un mosaico medievale visibile sull’arcone della cappella di S. Pietro, nella basilica di S. Marco, dove Grado è definita “capitale di tutto il Veneto e della Dalmazia”. La chiesa di S. Maria delle Grazie, ubicata a pochi metri dalla imponente basilica di S. Eufemia, già cattedrale gradese, riveste un’importanza particolare sia dal punto di vista artistico sia da quello storico-religioso. Si tratta infatti di una delle più antiche chiese dedicate al culto della Vergine, consacrata verosimilmente poco dopo il Concilio di Efeso (431), che sancì la divina maternità di Maria: Theotokos, Madre di Dio.
Le ricerche archeologiche, svolte nel corso dei restauri condotti durante gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, ne hanno evidenziato le diverse fasi costruttive, che comprendono bei pavimenti musivi del V e tardo VI secolo, resi preziosi da numerose iscrizioni votive. Nel radicale restauro, finalizzato al ripristino dell’originale assetto paleocristiano, furono sacrificate non indegne presenze risalenti al periodo rinascimentale e barocco. Il monumento, che negli ultimi sessant’anni ha conosciuto solo modesti interventi di ordinaria manutenzione, oggi mostra penosi segni di decadimento che hanno costretto a chiudere l’edificio per motivi di sicurezza.
Ce ne parla il parroco di Grado, Mons. Armando Zorzin, fattivamente impegnato a sollecitare l’avvio della non più procrastinabile opera di risanamento e conservazione della chiesa delle Grazie. «La troppo prolungata assenza di interventi ha favorito un notevole degrado dell’edificio che pure poggia su fondamenta di inusitata solidità. Il tetto non è più sicuro, vi sono infiltrazioni di acque meteoriche e dal basso filtra ancora l’acqua marina. Il pavimento musivo del V secolo è completamente velato dalle muffe». Oggi si prospetta la possibilità di uno strappo per poterlo ripulire e adeguatamente trattare prima di poterlo ricollocare in sito, una volta che sia stato portato a termine il risanamento generale e la messa in sicurezza dell’edificio. Il Consiglio comunale ha recentemente approvato un programma di intervento e una gara d’appalto assegnerà presto i lavori di risanamento. Grado, stazione turistica di frequentazione internazionale e località d’arte tra le più insigni del Friuli Venezia Giulia, potrà così degnamente riaprire al pubblico uno dei suoi maggiori tesori monumentali.

 

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