La Via Crucis del Monte Tabor a Melfi ( Potenza) La Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Melfi, ha realizzato un percorso cittadino dedicato alla Via Crucis. L’opera, progettata da Mario De Luca, si sviluppa in un paesaggio che spazia dalle pendici del Monte Vùlture al borgo medioevale. Il progetto si inserisce nel contesto naturale e si presenta come un nuovo approccio alla sacralizzazione dell’ambiente. Il progetto per la realizzazione della Via Crucis, promosso da Mons. Dante Casorelli, è stato commissionato da S.E. Mons. Gianfranco Todisco, Vescovo della Diocesi di Melfi Rapolla Venosa. L’area dell’intervento, che è stata concessa alla Diocesi dall’Amministrazione Comunale di Melfi, è il Monte Tabor (conosciuto come Collina dei Cappuccini) ubicato
Partendo dal punto più pianeggiante, si sale verso la sommità con una sequenza di tratti variamente inclinati alternati a piccoli pianori di sosta; nessun gradino è presente lungo il tragitto. Solo all’inizio ed alla fine della via dolorosa, un doppio sistema di accesso con rampe e scale enfatizza gli innesti con la piazza cittadina e con il sagrato della chiesa dei Cappuccini. Per la realizzazione sono stati utilizzati, in un’appropriata combinazione, i materiali tipici della zona: pietra vulcanica (per il selciato), pietra bianca locale (per identificare le edicole, per delineare il percorso e nei muretti), tufo carpato (nei colori rosso, grigio e terra per i muretti), mattoni di recupero (per le edicole e per i muretti), ferro battuto (per i cancelli delle grotte), sistemi a graticci in paletti e travicelli di legno (per il contenimento del terreno di riporto), staccionata in legno (per la protezione dei tratti più pericolosi). Le stazioni, realizzate con la tecnica del mosaico su bozzetti dell’artista Gaetano Valerio, sono state sistemate in apposite edicole che presentano caratteristiche costruttive reiterate; alcune espressioni sono state valorizzate tramite una simbologia che in alcune circostanze, è stata ispirata dal contesto paesaggistico.
Ad esempio, nella seconda stazione, quando Gesù viene caricato della croce, l’atto compiuto dai carnefici è reso visibile dalla chiusura superiore dell’edicola realizzata con una trave di legno. Ai piedi della croce sono stati posizionati cinque cunei in pietra vulcanica che stigmatizzano sia le cinque piaghe del Cristo, sia la corona di spine. La croce è innalzata su una piccola altura in pietra vulcanica, alla cui sinistra una fascia di pietre bianche, che parte dall’inizio del percorso, rappresenta il sudario che giunge ai piedi del Cristo nell’attesa della sua deposizione. Sul lato destro, invece, alcuni cocci di mattone rosso, opportunamente incastonati nella pavimentazione, simboleggiano le gocce di sangue e
Il percorso è stato ideato per prepararci all’evento ultimo, ossia la Resurrezione. Relativamente all’articolazione della Via Crucis, il tragitto si presenta tutto in salita, e la quindicesima stazione è situata sul punto più alto, anche se non in un luogo immediatamente visibile, dato che ad esso si accede dopo aver compiuto un ultimo tratto, particolarmente ripido, che prepara il pellegrino orante alla gioia della Resurrezione. Quest’ultima stazione ha forma triangolare con un vertice rivolto verso l’immensità del cielo. Due gradini posti davanti all’edicola danno il senso della salita, mentre tre vetri incastonati nella muratura e riproducentii colori primari del rosso, del blu e del giallo, creano, al tramonto, suggestivi giochi cromatici.
Lo stesso effetto si ottiene la sera, poiché anche il sistema di illuminazione è stato concepito per segnalare dove sono ubicate le stazioni. Quattordici fari con luce a lama, tagliano il buio e scandiscono il susseguirsi delle edicole, mentre il Cristo è illuminato in modo tale da essere visibile anche da lontano, costituendo così il fulcro attorno a cui si sviluppa l’intervento. Una luce soffusa e volutamente non invadente, segna il tragitto lungo le pendici del Monte Tabor. Mario De Luca, architetto
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