La tradizione rinnovata


Nelle comunità monastiche l’architettura ha un valore particolarmente significativo. Essa è conformata e a sua volta conforma il vivere in comunione. Perché il monastero è una piccola città: vi si prega e vi si lavora, vi sono ambienti preposti alla contemplazione e al silenzio, al consumare assieme i pasti e le celle – piccoli ambiti riposti, minimi per il riposo dei singoli – e la biblioteca, l’atrio, gli spazi per l’accoglienza. A Bose, località sulle prealpi biellesi, la comunità monastica che si è raccolta attorno a Enzo Bianchi ha nell’edificio per il culto un elemento fondativo. È infatti con
l’opera di restauro di una chiesetta romanica abbandonata che, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, si è raccolto il primo nucleo di monaci. L’opera è proseguita nel riabitare una vicina cascina abbandonata: questa è diventata monastero. La vecchia stalla fu adibita a cappella: la prima. Col crescere della comunità, è stata allestita
una seconda, maggiore cappella in un altro edificio del complesso rurale, ormai divenuto monastero. Poi si è resa necessaria una vera chiesa.

La pianta. Si distinguono tre ambiti: l’abside
col presbiterio, la parte riservata ai monaci,
la parte riservata ai fedeli.

Chiesa monastica ecumenica del Monastero di Bose a Magnano (Biella)
Progetto architettonico e d.l.: i monaci di Bose
Progetto strutture c.a. e sicurezza: Ing. Giorgio Salamano (Ivrea)
Calcolo strutture in legno: Ing. Sandro Rota (Casale Monferrato – Alessandria)
Foto: © 1968-2008 Monastero di Bose – photorchiv

Vista verso l’ingresso: si nota l’ambone tra le file di
sedute per i monaci. In alto: vista verso l’altare, a
sinistra i monaci, a destra le monache. Pagina a lato:
vista verso l’altare a “tau”.

Nella seconda metà degli anni Novanta, la comunità non solo continuava a crescere, ma le sue opere si articolavano: accoglienza di pellegrini, scambi con altri monasteri, gruppi di studio e di preghiera, convegni teologici e liturgici. “Il 6 gennaio 1998, alla fine del capitolo annuale della Comunità – racconta Michele Badino – si prese la decisione di costruire la nostra nuova chiesa… Diversi erano stati i progetti e i suggerimenti chiesti a vari architetti per quest’opera, ma il priore Enzo Bianchi propose di realizzare noi stessi il progetto, con la consapevolezza che la comunità costruisce giorno per giorno la propria vita.”

Nella foto, si nota l’assialità dell’aula (ambone-altaretabernacolo-
crocifisso). In basso, esterno della chiesa.

 

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