Nelle comunità monastiche l’architettura ha un valore particolarmente significativo. Essa è conformata e a sua volta conforma il vivere in comunione. Perché il monastero è una piccola città: vi si prega e vi si lavora, vi sono ambienti preposti alla contemplazione e al silenzio, al consumare assieme i pasti e le celle – piccoli ambiti riposti, minimi per il riposo dei singoli – e la biblioteca, l’atrio, gli spazi per l’accoglienza. A Bose, località sulle prealpi biellesi, la comunità monastica che si è raccolta attorno a Enzo Bianchi ha nell’edificio per il culto un elemento fondativo. È infatti con
Chiesa monastica ecumenica del Monastero di Bose a Magnano (Biella)
Nella seconda metà degli anni Novanta, la comunità non solo continuava a crescere, ma le sue opere si articolavano: accoglienza di pellegrini, scambi con altri monasteri, gruppi di studio e di preghiera, convegni teologici e liturgici. “Il 6 gennaio 1998, alla fine del capitolo annuale della Comunità – racconta Michele Badino – si prese la decisione di costruire la nostra nuova chiesa… Diversi erano stati i progetti e i suggerimenti chiesti a vari architetti per quest’opera, ma il priore Enzo Bianchi propose di realizzare noi stessi il progetto, con la consapevolezza che la comunità costruisce giorno per giorno la propria vita.”
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