La testimonianza del Beato Carlo Gnocchi


ATTUALITÀ LA TESTIMONIANZA DEL BEATO CARLO GNOCCHI

La cerimonia di beatificazione dà ulteriore risalto alle opere di assistenza che presero avvio nel dopoguerra, gestite dalla Fondazione Gnocchi: tra queste, la realizzazione della nuova cappella per il primo centro ospedaliero fondato dal Beato Carlo Gnocchi. Ne parliamo col Presidente, Monsignor Angelo Bazzari.

La folla oceanica che occupa tutta la piazza del Duomo di Milano e le strade vicine e i marciapiedi: tutti hanno lo sguardo puntato sull’urna ove sta il corpo di don Carlo Gnocchi, sul sagrato elevato, davanti alla facciata del Duomo di Milano. È il 25 ottobre 2009, si sta celebrando la beatificazione di don Gnocchi e Mons. Angelo Bazzari, Presidente
della Fondazione che porta il nome del sacerdote, che prima fu cappellano volontario degli Alpini durante la campagna di Russia e poi si impegnò nella grande opera di sostegno per i piccoli rimasti mutilati a seguito delle attività belliche, ricorda così quella giornata: “Ripenso a quel cielo d’un azzurro profondo e al silenzio delle migliaia di persone raccolte in meditazione, composte e attente al rito e alle parole dell’Arcivescovo di Milano, S.Em. il Card. Dionigi Tettamanzi e del Santo Padre, apparso in teleconferenza sul megaschermo a lato della piazza. E affiorano i temi che hanno incardinato l’opera di don Gnocchi e che continuano a ispirare quella della Fondazione e le parole che riassumono lo splendore di questa beatificazione: dono, impegno, orgoglio e fierezza. Anzitutto, il dono: tutti sentiamo di averne ricevuto uno preziosissimo, che riscatta don Gnocchi dallo stato di “milite ignoto” della carità e fa della sua opera una
nuova, grande offerta per l’umanità e per la Chiesa che invita a un rinnovato coinvolgimento, a una rinnovata fedeltà della Fondazione verso l’attuazione del suo pensiero. Il che richiede un impegno sempre maggiore nel portare avanti l’opera che egli ha voluto per onorare la “cambiale” che sosteneva di aver firmato in quella “università del dolore”
che fu per lui la campagna di Russia e che lo portò a decidere: “D’ora in poi la mia famiglia sarà il prossimo”. Attraverso i 28 Centri di assistenza, che sono le “mani” da lui volute e in molti casi da lui stesso costruite per svolgere l’opera di carità e assistenza, si fa più intenso l’impegno. Ma in questo stesso momento si avverte anche il senso di orgoglio
e di fierezza: per i 5.300 operatori, per i 3.900 dipendenti, per i 10 mila assistiti che ogni giorno confluiscono nelle nostre strutture. Tutto questo ci richiede, ci impone di avere capacità di agire, preparazione, managerialità, ma anche quel supplemento d’anima che porta il sorriso là dove c’è sofferenza. È bello essere parte di questo organismo
ricco di impegno e di capacità”.

Gli interventi di S.S. Benedetto XVI e di
S. Em. il Card. Dionigi Tettamanzi, tenuti
durante la cerimonia di beatificazione

E portare avanti questo impegno richiede strutture…
Molte di queste sono state create dal Fondatore, e a volte mostrano qualche ruga: di qui la necessità di essere sempre attenti al loro aggiornamento.
Diversi centri sono nuovi e uno ne stiamo realizzando a Firenze, con finalità di ricerca medica e di cura. In ogni caso i nostri centri sono e devono restare all’avanguardia…
Accanto a questi ora si aggiungerà anche la ristrutturazione del primo tra i centri voluti dal Beato, quello in via Capecelatro a Milano, la cui prima pietra fu posata nel 1955 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi. Sinora, per sua volontà, il corpo del Beato Carlo Gnocchi ha riposato in un’apposita cappella che
sorge entro il complesso di via Capecelatro. Ora tale cappella sarà destinata a museo. Qui saranno infatti raccolte le testimonianze del percorso di vita e di santità di don Gnocchi.

E sarà costruita una nuova cappella…
Il progetto è pronto e confidiamo che la realizzazione sia rapida: ideale sarebbe averla pronta per il 25 ottobre 2010, primo anniversario della beatificazione, per traslare qui, in questa nuova sede, quella che era una bara e che è diventata un’urna di santità.

E tale nuova cappella ha caratteristiche formali che ricordano il cappello degli alpini…

Don Gnocchi è vissuto ed è maturato alla scuola degli Alpini. Diceva: ‘Tra loro ho imparato come ciò che è straordinario diventi ordinario’.
È stato cappellano degli Alpini nel momento crudo e drammatico della guerra di Russia e da allora il suo nome è rimasto legato in modo inscindibile a quello del corpo militare italiano contraddistinto dal cappello con la lunga penna nera. Il caratteristico cappello che resta come simbolo di grande valore affettivo per chiunque abbia fatto parte degli
Alpini. Di qui il desiderio di ricordarne la forma anche nella nuova chiesa: un’analogia voluta, ricercata che gli architetti progettisti hanno interpretato al meglio.

(L.S.)

+ Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano
SOLO LA CARITA’ PUO’ SALVARE IL MONDO
Omelia per la Beatificazione di don Carlo Gnocchi
Prima Domenica dopo la Dedicazione
Milano-Duomo, 25 ottobre 2009

Messaggio di Benedetto XVI pronunciato a seguito dell’Angelus di domenica 25 ottobre

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