La Stanza del Liturgista

L’altare, l’ambone, la sede, il cero, il fonte battesimale, il tabernacolo… non sono solo delle funzioni o degli oggetti strumentali al rito. Sono essi stessi parte costitutiva del rito. Se il progettista dovrebbe ben sapere tutto questo, più ancora deve conoscerlo il committente. È il presbitero infatti la guida del professionista, non il contrario.

Prof. Don A. Santantoni Pittura murale di Valentino Vago, chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo a Rovello Porro (Como)

Chiese: croce e delizia delle comunità cristiane dei nostri tempi. Chiese che si chiudono, si vendono, si svendono, si scambiano, si regalano. Chiese chiuse per mancanza di custodia e conseguente pericolo di furti. Per i centri storici che si svuotano. Le tante troppe chiese che il passato ci ha trasmesso rappresentano ormai solo un debito insostenibile. Lo stesso dicasi delle tante chiesette disseminate per le campagne italiane, memorie commoventi di eventi che la fede popolare non esitava a definire prodigiosi: miracoli, grazie, visioni, desideri esauditi, pericoli scampati; nella maggior parte dei casi terreno franco di razzia per ricettatori di oggetti d’arte, dove non si dice che una messa all’anno o poche di più. O anche chiese e chiesette in piccoli borghi e paesini ormai senza prete. Preda di ladri e delle intemperie, se, pietoso, non interviene qualche sisma con la sua brava legge speciale che consente una sanatoria generalizzata. Tante, troppe chiese, eppure insufficienti per le necessità del nostro tempo: troppe dove non servono; poche o punte, là dove oggi sono assolutamente necessarie, nei nostri quartieri, nelle periferie, nei nuovi insediamenti urbani, dove mancano spazi adeguati per le assemblee liturgiche e simboli visibili ed eloquenti di una Presenza sacra che non è solo un qui ma anche, e soprattutto, un che.
La vocazione della chiesa-edificio non è infatti soltanto l’offrire un dove poter celebrare un rito (il qui), ma anche e soprattutto un dire o, meglio, un mostrare per mezzo di segni (i santi segni) la natura di ciò che in quel luogo si compie per la nostra salvezza. Il luogo dove la piccola chiesa (l’assemblea) si supera e si trascende nella Grande Chiesa che raccoglie l’Ecclesia universale. Vedere una chiesa che occupa uno spazio nella città degli uomini, un campanile (quando c’è) che fende l’aria verso il cielo, significa inviare a chi li vede un preciso messaggio, richiamare una verità complessa ma ben precisa: questo è il posto dove Dio ha piantato la sua tenda, e questa è la stessa tenda di Dio; questo è il segno che Dio è sempre lì ad aspettarmi per incontrarmi, parlarmi, rivelarmi la sua verità e comunicarmi la sua salvezza. Per dirmi: se vuoi vedere l’invisibile vieni, e qui la vedrai. Ciò è vero per il “fuori” e per quelli che incontrano dal di fuori il segno di Dio. Ma la chiesa-edificio non esiste in funzione del solo guardarla dal di fuori, ma soprattutto aspira ad essere penetrata, osservata, vissuta dall’interno.
Essa è un luogo d’accoglienza, un luogo d’incontro dove Dio e l’uomo si danno appuntamento. Dove le promesse risuonate o balenate all’esterno, aspirano ad essere sviluppate, confermate, ribadite, spiegate. E questo è il ruolo dei diversi simboli. Ognuno di essi ha una parola da dire, un messaggio da trasmettere, una promessa da farci conoscere e sulla quale impegnarsi. L’altare, l’ambone, la sede presidenziale più ancora la cattedra episcopale, il cero, il fonte battesimale, il tabernacolo, la lampada e via continuando non sono solo delle funzioni o degli oggetti strumentali al rito. Sono essi stessi parte costitutiva del rito. Dimenticare tutto questo, sia in fase progettuale sia in ritu esercito significa mutilare gravemente l’efficacia del segno e compromettere la chiarezza e l’eloquenza del messaggio. In altri termini ogni simbolo o segno, deve essere in grado di parlare e di esprimere il mistero per il quale esiste e che è chiamato a mediare. Il fonte battesimale, per esempio, deve poter trasmettere il senso teologico dell’immersione o dell’infusione sacramentale dell’acqua della rigenerazione. Quello del battesimo è tutto un sistema di segni rotanti intorno all’acqua e all’immersione in essa: segni-satelliti, cose e gesti simbolici che da essa derivano e traggono significato e ad essa fanno riferimento. Perché questo simbolo primario – l’acqua – risalti più evidentemente e con maggior forza, si può mettere in essere tutta una serie di “allusioni” che aiuteranno a penetrare nel mistero del battesimo: la vasca (a piscina o a calice), i gradini per la discesa e risalita verso o dal fonte, il cero pasquale, gli oli e le unzioni, il segno di croce e la professione di fede, la candela e la veste bianca e via dicendo.
Tutto questo dev’essere ben presente al progettista, ma prima ancora al committente. È il ministro sacro infatti la guida del professionista, non il contrario. Che quest’ultima eventualità di fatto sia più frequente della prima, non può essere una giustificazione, ma piuttosto sarà il segno della decadenza di cui troppo spesso siamo testimoni. Se un cieco guida un altro cieco… Non basta dunque che il committente sappia far di conto e come far quadrare i bilanci; lasci pure ai professionisti il compito di ragguagliarlo sulle aperture e sulle strettoie della legislazione relativa all’edilizia degli edifici di culto, ma senta, con il dovere, anche l’orgoglio d’essere lui a tracciare la via che conduce alla rivelazione e alla comprensione del mistero. Al professionista si lasci il compito di far proposte, ma queste non dovranno mai avere la pretesa di imporsi come ultimative. Esse si confronteranno senza invasioni di campo e senza prevaricazioni reciproche; soltanto il dialogo potrà garantire il buon successo dell’iniziativa, o forse si potrebbe anche dire dell’impresa. E quando ci si rende conto dei propri limiti ci si rivolga ai più esperti. Come l’architetto si avvale della competenza dello strutturista, così il committente si avvalga del parere del teologo, del liturgista della commissione edilizia, senza aver la pretesa e l’impudenza di presentarsi ad essa col progetto già pronto per la semplice approvazione o per definire qualche punto dibattuto. Costruire una chiesa è una metafora della edificazione della Chiesa.
Prof. Don Antonio Santantoni

 

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