La prima risorsa dell’Italia

La prima risorsa dell’Italia

Il varo del nuovo corso di laurea in “Gestione e Comunicazione dei beni e degli eventi culturali”, presso l’Università IULM di Milano, è stata l’occasione per riflettere sull’importanza dei beni culturali per il nostro paese. Nel suo intervento, il Presidente della Regione Lombardia, On. Roberto Formigoni, ha testimoniato la volontà di collaborazione con la Chiesa.

La Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM ha inaugurato il 25 febbraio 2003 i Corsi di Laurea Specialistica in “Gestione e Comunicazione dei beni e degli eventi culturali”. Il Prof. Giovanni Puglisi, Magnifico Rettore dell’Università, ha ricordato la storia di questo ateneo, fondato nel 1968 da Carlo Bo e da Silvio Baridon come centro di formazione superiore capace di dialogare anche con il settore produttivo del Paese. Nel presentare il nuovo Corso, il Rettore ha sottolineato come una particolare attenzione sia posta nella formazione deontologica degli studenti, affinché sviluppino la sensibilità necessaria a discernere e interpretare le peculiarità culturali dell’Italia, valutandole e raffrontandole con le politiche europee e statunitensi. E’ seguita la prolusione del Presidente della Regione Lombardia, On. Roberto Formigoni, di cui riportiamo ampi stralci.

Patrimonio culturale e identità nazionale

Ci rendiamo ormai tutti conto che la globalizzazione, se da un lato ha indotto una forte omogeneizzazione di comportamenti e di stili culturali dall’altra ha enfatizzato l’importanza del territorio e dell’identità. In un’epoca nella quale la prossimità o meno delle fonti di materie prime è irrilevante, e tutti i prodotti-base possono indifferentemente venire prodotti ovunque per un mercato ormai divenuto planetario, sono soltanto due le cose che non s’improvvisano né si muovono, e che dunque possono in modo stabile fare la differenza: il territorio e l’identità culturale. (…) Stando così le cose, nell’epoca post-moderna nella quale ci stiamo addentrando, il nostro Paese ha delle prospettive ben più ampie di quella che ebbe nella fase classica dell’economia industriale. Finché si trattò di produrre in massa manufatti uniformi grazie a un lavoro di fabbrica basato su una disciplina in sostanza di tipo militare, l’Italia e l’Europa mediterranea in genere risultarono svantaggiate. Né la loro cultura né la loro società le predisponevano infatti a un ruolo d’avanguardia in circostanze del genere. Oggi invece che si tratta di produrre a ciclo rapido merci molto caratterizzate e differenziate per un mercato che è di massa in quanto a potere d’acquisto, ma che per tutto il resto è un enorme insieme di “nicchie”, ecco allora che la creatività e la notevolissima carica culturale della civiltà mediterranea diventano una risorsa di ineguagliabile valore. Come emerge da un gran numero di sintomi, dal successo mondiale della moda italiana a quello più in genere dello stile di vita italiano, il processo è già in corso. Si tratta però di consolidarlo e anche di ampliarlo in quel decisivo campo in cui la creatività s’incontra con l’alta tecnologia. (…) Il nostro patrimonio artistico e monumentale, nonché la cultura diffusa che ne deriva, sono una risorsa unica, un enorme giacimento culturale in larga misura ancora poco utilizzato.

Prof. Giuliano Urbani
Ministro dei Beni e delle Attività Culturali
“Il tesoro degli Italiani”, il volume a firma di Giuliano Urbani sulla politica dei beni culturali in Italia.

E’ decisivo in questo senso comprendere la natura e il valore strategico di questa risorsa per poterla valorizzare e farla diventare un volano di sviluppo complessivo dei nostri territori. S’impone dunque un grosso lavoro in primo luogo di riscoperta e in secondo luogo di comunicazione e di fruizione del proprium di tale cultura e quindi di tale patrimonio monumentale, del quale il nostro stesso territorio è parte integrante; il meglio del nostro paesaggio e del nostro ambiente sono infatti il frutto dell’incontro tra la natura e l’opera accorta di tante generazioni. La nostra storia ha creato un ambiente artistico e culturale in cui punte altissime di eccellenza si coniugano con un forte particolarismo e anche con una sensibile capacità di accogliere apporti di altre culture. Ecco allora che c’è un modo di valorizzare le specificità anche locali, i dialetti, le culture territoriali, che è il contrario di una chiusura localistica. Come ha detto recentemente un acuto osservatore giapponese, Kenichi Ohmae “Il paradosso dell’Italia è quello di avere piccole città in paesaggi stupendi più globali delle grandi città e dello stesso sistema paese”. La nostra cultura è insomma plurale e polifonica, con tutto il valore aggiunto che questo comporta e come tale va promossa. (…) Il percorso formativo a tutti i suoi livelli diviene perciò cruciale per alimentare un’assimilazione e una rielaborazione della nostra cultura, che ne legga tutta l’attualità e la forza creativa. Sono convinto infatti che il destino del patrimonio culturale sia affidato essenzialmente alla capacità di una comunità civile di riconoscerlo come radice della sua identità e del suo processo evolutivo, cioè della sua capacità di creare continuamente nuova cultura. In altre parole, credo che sia proprio la valorizzazione del patrimonio culturale la vera finalità delle azioni di governo indirizzate allo sviluppo socio-economico e culturale. Da questo punto di vista, la tutela di tale diritto coincide con la tutela stessa del patrimonio culturale, non è altra cosa da essa. Occorre quindi evitare un grave fraintendimento, che nel corso del Novecento si è progressivamente diffuso generando una gestione della tutela che contrappone burocraticamente fra di loro i poteri delle istituzioni pubbliche competenti per il governo del territorio, quasi che per alcune istituzioni (quelle dello Stato) la tutela sia un valore, mentre per altre (Regioni ed autonomie locali) la tutela sia un ostacolo al loro sviluppo.

"L’educazione a riscoprire conoscere apprezzare il nostro patrimonio storico, artistico e architettonico significa consegnare alle nuove generazioni dei talenti non indifferenti da spender
e "

Mi pare, perciò, artificioso il modo in cui la legge costituzionale n° 3 del 2001, modificando il titolo V, parte seconda, della Costituzione, ha separato la tutela dalla valorizzazione dei beni culturali, affidando allo Stato la competenza esclusiva di legislazione in materia e riducendo addirittura le precedenti competenze regionali. Confido che il varo di una più completa riforma in senso federalista, porrà rimedio a questa grave incongruenza(…) Credo che la ridefinizione normativa che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministro Giuliano Urbani, sta operando su delega del Parlamento, non debba essere una gabbia di norme impeditive, bensì un breve ed agile strumento di alta garanzia legislativa del diritto delle comunità locali e nazionale a riconoscere, salvaguardare, usare correttamente e tramandare al futuro il proprio patrimonio culturale ed ambientale. Assai maggiore importanza acquisirebbe invece, nella prospettiva che ho proposto, la messa a punto di strumenti di supporto alle decisioni, in una logica realmente sussidiaria.(…) Ci accingiamo a pubblicare in Lombardia il primo manuale in assoluto di conservazione programmata, che sperimenteremo anzitutto con i proprietari privati delle dimore storiche nella nostra Regione, con gli organismi ecclesiastici che vorranno aderire alla sperimentazione e con alcune Province particolarmente sensibili all’integrazione fra compiti di pianificazione degli usi del territorio, prevenzione dei rischi e sviluppo di buone pratiche manutentive su edifici di pregio artistico e storico. Un altro aspetto in forte evoluzione e a cui dedichiamo molta attenzione è la creazione di nuovi modelli di gestione per i beni culturali, che vedano una positiva collaborazione tra pubblico e privato(…) Comunque non potrà essere solo la definizione di norme o di modelli sempre a far decollare un reale cambiamento, ma una cultura diversa e la cultura nasce dall’esperienza delle persone.

"Ci accingiamo a pubblicare in Lombardia il primo manuale di conservazione programmata,
che sperimenteremo con gli organismi ecclesiastici che vorranno aderire alla sperimentazione"

Uno dei principali fattori di evoluzione sarà quindi un investimento sulle professionalità, che sono oggi la componente più preziosa e più critica per lo sviluppo del patrimonio culturale.(…) Concludendo, vorrei quindi esprimere i miei migliori auspici per questo corso di laurea specialistica, che si propone come obiettivo la ricerca e la formazione nel campo della progettazione, comunicazione e gestione di eventi e attività artistiche e culturali promossi da enti pubblici, da organizzazioni non profit e da imprese teatrali, museali, cinematografiche.( …) In alcuni miei recenti viaggi fuori dell’Europa, e in particolare in India e in Cina, sono rimasto impressionato dalla quantità di risorse che questi Paesi relativamente destinano alla formazione, dall’elevato contenuto dei piani di studio e dall’impegno degli studenti. La grande eredità di cultura e di progresso scientifico e tecnologico grazie alla quale l’Occidente è giunto al suo attuale grado di sviluppo non è una rendita garantita (….)Tenetene conto.

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