La molteplicità del reale


Ripresentiamo una riflessione sullo spazio sacro di S.E. Mons. Gianfranco Ravasi (v. CHIESA OGGI architettura e comunicazione” n. 43/2000)

“Il mondo è come l’occhio: il mare è bianco, la terra è l’iride, Gerusalemme è la pupilla e l’immagine in essa riflessa è il
tempio.” Questo antico aforisma rabbinico illustra in modo nitido e simbolico la funzione nel tempio secondo un’intuizione che è primordiale e universale. Due sono le idee che sottendono all’immagine.
La prima è quella di "centro" cosmico che il luogo sacro deve rappre-sentare, un tema sul quale il grande studioso delle religioni Mircea Eliade (1907-1986) ha offerto un vasto dossier documentario. L’orizzonte esteriore, con la sua frammentazione e con le sue tensioni, converge e si placa in un’area che per la sua purezza deve incarnare il senso,
il cuore, l’ordine dell’essere intero.
Nel tempio, dunque, si "con-centra" la molteplicità del reale che trova in esso pace e armonia: si pensi solo alla planimetria di certe città a radiali connesse al "sole" ideale rappresentato dalla cattedrale posta nel cardine centrale urbano (Milano ne è un esempio evidente, come New York è la testimonianza di una diversa visione, più dispersa e babelica). Dal tempio, poi, si "decentra" un respiro di vita, di santità, di illuminazione che trasfigura il quotidiano e la trama ordinaria dello spazio. Ed è a questo punto che entra in scena il secondo tema sotteso al detto giudaico sopra evocato.
Il tempio è l’immagine che la pupilla riflette e rivela.
Esso è, quindi, segno di luce e di bellezza; detto in altri termini, potremmo affermare che lo spazio sacro è epifania dell’armonia cosmica ed è teofania dello splendore divino. In questo senso un’architettura sacra che non sappia parlare correttamente – anzi, "splendidamente" – il linguaggio della luce e non sia portatrice di bellezza e di armonia decade automaticamente dalla sua funzione, diventa "profana" e "profanata". È dall’incrocio dei due elementi, la centralità e la bellezza, che sboccia quello che Le Corbusier definiva in modo folgorante “lo spazio indicibile”, lo spazio autenticamente santo e spirituale, sacro e mistico…

S.E. Monsignor Gianfranco Ravasi

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