La materia convive nella luce

L’intensificarsi degli studi sull’arte lombarda, sta diventando una preziosa occasione per scoprire un’enorme patrimonio pittorico e artistico attraverso un ampio programma di eventi espositivi che negli ultimi anni hanno interessato città come Milano, Bergamo, Cremona, Brescia e Mantova. Due rassegne hanno attirato in modo particolare la nostra attenzione: “Il Cinquecento lombardo. Da Leonardo a Caravaggio” mostra ideata e curata da Flavio Caroli e “Caravaggio, La Tour, Rembrandt, Zurbaràn. La luce del vero”. Dalla visita di queste due mostre è emersa una riflessione: le opere esposte non catturano solo lo sguardo ma suscitano profonde emozioni, specialmente attraverso il sapiente uso della luce. E proprio la luce della fiamma, uno dei valori più emozionanti di un camino acceso, capace di suscitare il coinvolgimento percettivo del guardante, svelando non senza mistero con il suo sfavillio l’ambiente e le persone che la circondano.

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“Palpiti luminosi che “precedono” il luminismo caravaggesco… e parlano di un’umanità difficile e agra che espone alla luce le ombre della propria interiorità” (Flavio Caroli)

1. Girolamo di Romano, detto il Romanino (Brescia 1484-1487, Brescia, 1560 c.a.), San Matteo e l’angelo, particolare, Brescia, Chiesa di San Giovanni Evangelista. I raffinati giochi di luce generano un violento farsi e disfarsi delle luci e delle ombre percepiti in dinamico antagonismo, nella forma che tende a disfarsi nell’andamento inquieto delle gore che si formano ora sulle pieghe profonde della veste, ora, e con effetto quasi fantasmatico, sul dolcissimo viso levigato dell’angelo.
2. Boccaccio Boccaccino (Ferrara 1466 c.a. – Cremona 1525), Zingarella, Firenze, Galleria degli Uffizi. La figura, ritratta di tre quarti a mezzo busto, manifesta nel volto una delicata tenerezza che spira dai suoi occhi chiari “rugiadosi e insondabili”, pieni di dolcezza tenuamente meditabondi, assorti in una contemplazione malinconica. È delineata in un gioco di luci e ombre.
3. Giovanni, Girolamo Savoldo (Brescia 1480-1485 c.a. – Venezia post 1548), Suonatore di flauto. Savoldo è un artista di infinite tenerezze e di scavo interiore. Nell’opera di Savoldo, per la prima volta la luce diventa imprescindibile elemento compositivo e coordinatore, costruendo la figura e collocandola nello spazio, mettendola in relazione con l’ambiente. In questo dipinto luci e ombre diventano atmosfera, un “oscurità che invade l’interno si attenua sulle pareti e sulle vesti in bagliori vellutati, e gradatamente sale al triangolo di luce che s’intaglia nella maschera d’ombra del volto, volto che è semplicemente una superficie su cui modulare raffinati passaggi di tono”. La luce sotttolinea gli strumenti musicali ed è musica essa stessa, è una sinfonia fatta di ombre, un armonia di chiariscuri e un rintoccare di barlumi, una luce che diviene nitida nel volto, nelle mani o nel sottolineare la nota di colore acceso nei libri che sporgono dal piccolo vano sulla destra per farsi ovattata e soffusa nel dilagare dell’ombra.
4. Michelangelo Merisi detto Caravaggio (Caravaggio, 1571 – Porto Ercole, 1610), Fanciullo che sbuccia un merangolo (Ragazzo che sbuccia un frutto), 1593, Roma Collezione privata. Il quadro in oggetto è la prima opera sicura del Caravaggio che ci sia pervenuta. Caravaggio si serve scientificamente dei riflessi di luce per dare corpo alle ombre che scandiscono lo spazio scenico delle sue immagini, infatti il campo è spartito gradualmente in ombra, semiluce (o penombra) e luce. La complessa elaborazione del primo piano coinvolge tutto l’apparato naturamortistico: pesche, mele di varia specie, prugne, sorbe, un bacello aperto alcune spighe di grano.

Cinquecento lombardo: record di visitatori

Dopo aver battuto il record di visitatori (oltre 240 mila), si è chiusa la mostra Il Cinquecento lombardo, ideata e curata dal Prof. Flavio Caroli e ospitata a Palazzo Reale di Milano. Il catalogo rimane come corposa e ben dettagliata testimonianza, infatti attraverso oltre duecento straordinari dipinti, anche inediti, di grandi maestri (Foppa, Lotto, Moroni, Arcimboldo, Leonardo, Luini, Boltraffio, Giampietrino, Lomazzo, Savoldo, Romanino, Bramantino, Moretto, Giulio Romano, Caravaggio…), il volume si propone di documentare come la ricerca di verità si sviluppi in Lombardia nell’arco del Cinquecento, per giungere, con il Caravaggio, a influenzare tutta la cultura artistica dell’Occidente e segnare così il passaggio verso la pittura moderna. Dal naturalismo riflessivo di Leonardo nei primi decenni del secolo al dominio della luce di Caravaggio nel confine con il Seicento, attraverso la scuola bergamasca di Lorenzo Lotto e la Milano spagnola, le sale di Palazzo Reale hanno accolto i capolavori della pittura lombarda e il suo processo di maturazione verso la modernità. Il punto di partenza è stato individuato nel magico incontro tra il naturalismo luministico, “ottico” ed esteriore di Vincenzo Foppa e il naturalismo riflessivo, “psicologico” e interiore di Leonardo da Vinci, che proprio a Milano inizia a studiare i “moti dell’animo”, imprimendo a tutta la ricerca figurativa occidentale quell’attenzione introspettiva che ne segna la peculiarità. Lungo il secolo, quindi, Savoldo, Moretto, Romanino, Moroni, i Campi, Sofonisba Anguissola spingeranno la pittura lombarda in una direzione “realistica” che non ha riscontri nella cultura figurativa europea, lontanissima ad esempio da classicismo idealizzato che si sviluppa contemporaneamente a Roma, Firenze, Venezia. Poche righe del grande critico Roberto Longhi spiegano tutto di questi artisti lombardi: “Con la loro umanità più accostante, religiosità più umile, colorito più vero e attento, ombre più descritte e curiose fin negli effetti di notte o di lume artificiale, avevano tenuto in serbo una disposizione a meglio capire la natura degli uomini e del le cose”.

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5. Georges de La Tour (Vic-sue-Seille, 1593 – Luneville, 1652), Il Sogno di San Giuseppe, particolare. Nantes, Musèe des Beaux-Arts. “Nei notturni La Tour, utilizza spesso una candela, una lanterna o un braciere in modo che il colore obbedisca alla luce. La luce, semplificando e rendendo geometriche le forme, elimina ogni movimento e l’opera acquisisce una pace e una tenerezza indimenticabili. In quest’opera il volto dell’angelo illuminato da una fiamma in parte invisibile è esso stesso fonte di luce. La fiamma della candela, mette vigorosamente in evidenza il lembo della sua cintura ricamata, e il dorso della sua mano sinistra, di cui si è spesso sottolineata la grazia tipicamente orientale” (Bruno Ferté).
6. Michelangelo Merisi detto Caravaggio (Caravaggio, 1571 – Porto Ercole, 1610), Sacrificio d’Isacco, particolare, Princeton, Collezione Barbara Piasecka Johnson. Luci e ombre, estese sulla bella figura adolescente di Isacco, si manifestano con particolare limpidezza e costituiscono un motivo dominante.
7. Georges de La Tour (Vic-sue-Seille, 1593 – Luneville, 1652), Il neonato, particolare. Rennes, Musèe des Beaux-Arts. Maria con il Bambino tra le braccia, è accompagnata da sua madre, Sant’Anna, che nasconde con la mano la candela che illumina il lattante. È l’affascinante mistero della nascita che rende intenso e commovente il dipinto. La candela nonostante sia nascosta è la fonte di luce che dà alle forme la loro intensità.
8. Georges de La Tour (Vic-sue-Seille, 1593 – Luneville, 1652), Il pentimento di San Pietro, Sogno di San Giuseppe, particolare. Cleveland, The Cleveland Museum of Art. San Pietro è illuminato, dal basso da una lanterna i cui montanti ed i cui vetri disperdono e addolciscono la luce. (Da: AA.VV., La luce del vero, Silvana Editoriale, 2000)

 

   
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