La luce e i volumi

Tratto da:
Chiesa Oggi 47
Architettura e Comunicazione

Lo splendore notturno delle Basiliche Milanesi

San Marco
(rendering del progetto illuminotecnico realizzato su modello semplificato che riproduce i volumi della chiesa)

 

Osram Twin Beam
Applicazioni: con lampada a vapori di alogenuri: monumenti, chiese, portici, parcheggi, esposizioni, interni e esterni commerciali, aree condominiali; con lampada a vapore di sodio a.p.: passi carrabili, portici, monumenti, parchi e giardini.

SAN MARCO

La chiesa risale al 1254 e venne edificata su iniziativa dell’ordine degli Eremitani di S. Agostino, probabilmente inglobando nel transetto una precedente costruzione dedicata a S. Marco. La chiesa trecentesca ha pianta a “T” a tre navate illuminata da finestre archiacute e ha subito alterazioni a partire dalla metà del XV secolo quando, con la soppressione dell’attiguo cimitero, si aggiunsero lungo la navata destra diverse cappelle laterali. Il rifacimento interno realizzato tra il 1690 e il 1714 rimosse gran parte delle primitive Sant’Eustorgio, strutture erigendo la cupola e mascherando con volte a botte l’originaria copertura a capriate della navata centrale. Nel 1871 Carlo Maciachini riprese e concluse con largo arbitrio la facciata, iniziata nel XV secolo compimento del piano urbano della luce ha chiesto e mai completata, conservandone l’originale portale ogivale in pietra. Sul fianco destro, lungo via Fatebenefratelli, sporge la serie di cappelle laterali e la testata del transetto che conserva le forme originarie del XIII secolo. La chiesa sorge nel quartiere di Brera. I volumi delle cappelle laterali creano gradevoli giochi di luci e ombre. Il progetto illuminotecnico (del quale vediamo qui gli elaborati al computer) ha inteso mettere in risalto tutti i prospetti visibili da via S. Marco e lungo via Fatebenefratelli. Per la facciata il progetto prevede 6 apparecchi OSRAM tipo Halodium con lampada a alogenuri metallici da 250 W a cui si aggiungono altri 5 proiettori dalle medesime caratteristiche posti sulla falda del tetto dell’edificio che definisce il lato della piazza di fronte alla chiesa. Per illuminare il fianco lungo via Fatebenefratelli è stata scelta una luce moderatamente uniforme in modo che sui volumi non si producessero effetti di chiaroscuro.

LA LUCE E I VOLUMI
Risponde l’Ing. P. Palladino, di LED (Studio Associato,Arch. C. Ferrara, Ing. P. Palladino – Milano) che ha curato le installa-zioni su S. Maurizio, S. Babila, S. Carlo al Corso, S.Tomaso, S. Pietro in Gessate, S. Maria della Consolazione, S. Marco.
Quali sono i punti fermi su cui si basa il progetto illuminotecnico?
Anzitutto occorre individuare il livello di luminosità di contorno: il monumento illuminato dovrà inserirsi nel contesto e quindi ricevere un grado di luminosità maggiore. Poi occorre osservare bene l’architettura e stabilire quali parti vadano più illuminate, quali lasciate in ombra. Occorre fissare il rapporto percettivo che stabilirà l’osservatore col monumento. In ogni caso infatti la luce artificiale è diversa da quella naturale. Occorre anche tener conto di quali possibilità reali vi siano per collocare gli apparecchi illuminanti.
Qualche esempio?
Prendiamo San Carlo al Corso: la parte più pregevole è quella del tamburo e della cupola. Abbiamo scelto di illuminarla con particolare intensità. Il colonnato non poteva ricevere identica quantità di luce, perché avrebbe dovuto essere illuminato di fronte, e questo avrebbe abbagliato chi esce dalla chiesa.
La luce fa risaltare i volumi?
Certo. Lo si vede bene nel caso dell’illuminazione progettata per San Marco, che presenta corpi semicilindrici che sopravanzano il muro laterale. Con un’illuminazione globale proveniente da apparecchi posti dall’altro lato della strada ne mettiamo in rilievo la presenza: proprio grazie alle ombre che essi proiettano.
Che differenza c’è tra luce che incide ad angolo e luce frontale?
La luce ad angolo mette in rilievo volumi e ornamenti, generando ombre. La luce frontale tende ad appiattire. Di solito si preferisce l’illuminazione di lato e da punti opposti ma non simmetrici, in modo tale che le ombre proiettate da una fonte luminosa non vengano totalmente elise dall’altra fonte. L’obiettivo non è cancellare le ombre, ma controllarle: in questo modo si gestisce la percezione tridimensionale.

POWERSTAR HQI/HCI:questione di efficienza, durata, qualità cromatica
La maggior parte dei punti luce degli impianti di illuminazione delle 14 chiese di Milano è dotata di lampade a scarica ad alta intensità, nelle varianti ad alogenuri metallici e al sodio-xeno. Perché questa tipologia di sorgenti luminose? La risposta la troviamo in due ordini di caratteristiche fondamentali: da un lato elevata efficienza e lunga durata, dall’altro buona resa cromatica e compattezza.
Queste caratteristiche quali vantaggi offrono agli utilizzatori? Soffermiamoci sulle prime due e sull’impatto determinante che esse hanno sui costi di esercizio; per comprenderne meglio la portata proviamo a fare un confronto.
I punti luce in questione sono quasi 550, per un totale di oltre 70 kW di potenza installata. Se, per assurdo, al posto delle lampade POWERSTAR e CITY LIGHT si utilizzassero solo lampade a incandescenza ad alogeni di tipo lineare, i consumi di energia elettrica si quadruplicherebbero! Nell’ipotesi di 5 ore di accensione media giornaliera, al costo medio di 325 Lit/kWh, la differenza sarebbe di ben 341.250 lire al giorno, equivalente a un risparmio annuo di oltre 124 milioni di lire. Inoltre, sempre nella stessa ipotesi, le lampade ad alogeni dovrebbero essere sostituite ogni 400 giorni, mentre per quelle a scarica utilizzate, gli inter valli di manutenzione hanno cadenza mediamente quadriennale.

 

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