La grandezza dell’umiltà

Costruita nella “Donaucity”, la nuova area urbana recentemente sorta come estensione di Vienna, la chiesa progettata da Heinz Tesar si presenta quasi come schiacciata al suolo. Ma ogni dettaglio appare pensato e soppesato così da costituire un tutto ricco di armonia, ma anche capace di impressionare e di commuovere.

Scorcio che mostra in primo piano l’entrata La pianta al livello dell’aula, prospetto laterale Scorcio che mostra in primo piano l’entrata

Donaucity, “la città del Danubio”, è un nuovo quartiere, sorto negli anni Ottanta non lontano dalla zone dove si trovano gli edifici delle Nazioni Unite. Il luogo è stato scelto con cura, perché fosse vicino alle vie di transito a nord del Danubio e fosse allo stesso tempo rispettoso dell’ambiente e denso di spazi verdi. Non è estranea alla decisione di realizzare il nuovo quartiere, la notevole espansione che ha conosciuto Vienna come conseguenza dell’apertura delle frontiere con i paesi dell’ex “Europa dell’est”. È per questo “pezzo di città” di recentissima edificazione, al cui progetto hanno concorso diversi architetti di fama mondiale, che Heinz Tesar è stato chiamato a progettare la chiesa.

Vista dall’alto della chiesa: si nota come il volume a base quadrata sia intagliato agli spigoli così da farsi croce La vista generale dell’aula mette in rilievo il gioco della luce diurna che penetra attraverso le diverse finestre

Si tratta di un quartiere moderno, concepito come centro multifunzionale, dotato di edifici abitativi per 1.500 appartamenti, uffici, installazioni universitarie, un centro tecnologico e un centro culturale e per il tempo libero, nonché di tutte le altre infrastrutture necessarie. La chiesa si presenta bassa, di colore scuro, metallica rispetto agli altri edifici vicini. Per questo, pur con le sue ridotte dimensioni, risalta, si distingue, come si distinguerebbe un brillante puro anche se collocato tra pietre di dimensioni ben maggiori. All’abbondanza delle superfici opache, la chiesa contrappone le sue nitide facciate dagli spigoli netti, che si stagliano contro le maggiori moli vicine. Quadrato in pianta, l’edificio è posto in modo tale da porsi diagonalmente rispetto ai percorsi impliciti nel tessuto degli edifici circostanti Se, a chi si avvicina dalla strada, si rivela grazie al suo disegno informato a una eleganza schietta e priva di orpelli, semplice ma efficace nel mostrare da una prospettiva diagonale la croce, dall’altra il basso castello delle campane che in altezza non arriva alla copertura della chiesa, è dall’alto che a guardarla ci si commuove. Il suo volume a base quadrata è intagliato agli spigoli così da mostrarsi come una croce greca dai bracci cortissimi: una croce piccola e schiacciata al suolo, quasi a cercare l’aderenza alla terra. E sulla copertura si apre un lucernario ad andamento ondulato: un elemento che si presenta come contrappunto alla regolare simmetricità ortogonale delle parti. Come una ferita, come un gemito, perché diverso dalle linee diritte che definiscono l’involucro dell’edificio; ma pure garbato nella sua sinuosità. Un segno forte, evidente, importante che domina l’aula e “nuovo”, perché non inserito nella consuetudine della simbologia chiesastica, ma che porta la trasparenza della luce e apre un dialogo diretto tra aula e cielo.
"Guardo a questo edificio come a un simbolo della convivenza pacifica, per l’assieme degli uomini di questa città."
Dr. Michael Häupl, Sindaco di Vienna
"Donaucity è più di un nuovo quartiere per abitazioni, è quasi una nuova città, ed è stata costruita quasi di getto. I pianificatori hanno previsto così sin dall’inizio la chiesa, che è sorta insieme con la città."
P. Albert, Kirchenrektor

La pedana dell’altare Candelabri e la statua della Vergine Vista interna della bussola di entrata

Le pareti della chiesa sono rivestite esternamente da lastre metalliche rettangolari. Le lastre recano un’apertura circolare accanto a uno spigolo e sono disposte in modo tale che questi “occhi” siano collocati secondo linee diagonali. Essi animano la superficie e all’interno si presentano come punti di luce espansi, come se le stelle si fossero avvicinate per splendere dentro la chiesa, e solo per lei. L’ingresso è accarezzato dal movimento avvolgente di un elemento che disegna la bussola di entrata, quasi a significare il gesto dell’inchinarsi riverente. La disposizione a semicerchio delle panche attorno all’altare configura una situazione di globalità e di completezza. Se l’aula ecclesiastica può raffigurare l’universo, qui nell’altare si individua un centro chiaro e definito e il resto sembra danzargli attorno secondo un moto di splendente armonia. Pur nella sua preminenza, l’altare stesso si mostra come parte della totalità conchiusa dell’aula: anche’esso reca il segno del circolo, in posizione identica a quella degli “occhi” nelle lastre delle superfici. Molteplici sono i segni che compaio
no, punteggiando l’aula con discreta presenza, ognuno studiato con attenzione essenziale, così da non imporsi, da non “gridare” pur manifestandosi con cristallina presenza. Croce, ambone, candelabri… sembrano tutti trovare un posto giusto, misurato secondo l’importanza propria definita dalla prossimità con l’altare che qui più che un “polo” è il centro gravitazionale dello spazio. La cura del dettaglio, lo studio per trovare la giusta misura di elementi e forme che appaiono semplici, quasi primordiali, distinguono uno stile di progettazione che riesce a raggiungere un’armonia definita, autosufficiente seppure non estranea al sito. L’andamento del terreno in leggera ascesa ha consentito la collocazione di spazi di servizio, quali un’ampia aula per riunioni, a una quota ribassata rispetto a quella dell’aula.
L. Servadio

"La luce giunge attraverso diverse aperture: attraverso finestre piccole o puntiformi che perforano l’involucro, o vetrate agli spigoli incavati, mentre la luce centrale zenitale è intesa come metafora delle ferite del cuore di Gesù… Spero di aver costruito una casa per una comunità viva."
Arch. Heinz Tesar

Vista della bussola di ingresso La sezione longitudinale mostra i due livelli dell’edificio. Particolare del raccordo tra corpo della chiesa e pavimentazione esterna.

Dal servizio, la speranza: il discorso dell’Arcivescovo di Vienna
«…Che significa questa chiesa che, tra edifici altissimi è il più basso, quello che col suo involucro di acciaio scuro in certo qual modo si umilia al suolo? Quale contrasto con la “vecchia” Vienna, dove il Duomo col suo tetto supera tutte le case e le tiene tutte sotto la sua protezione! Quale diversità da quel che vediamo a New York, dove accanto agli enormi grattacieli della 5th Avenue, la cattedrale neogotica di St. Patrick, malgrado la sua non indifferente mole, appare quasi persa. Quale “linguaggio plastico” parla, la nuova chiesa di Donaucity? Alla soglia del Terzo millennio dalla nascita di Cristo, Sul tetto, sopra l’altare c’è un’apertura, che ricorda le ferite del cuore di Gesù. E dice a coloro che guardano dagli alti edifici vicini, quel che il Profeta ha mostrato nell’antica Israele: “Attraverso le sue ferite sarete salvati” (Isaia, 53, 5). In un mondo che sanguina da molte ferite, essa ricorda la speranza: che il Signore asciuga tutte le lacrime e sana tutte le ferite. Infine lo spazio interno: chiaro, luminoso, ampio. Luogo del silenzio nel mezzo dell’affanno, luogo della celebrazione, alla quale invita la comunità raccolta attorno all’altare, perché ha trovato e testimonia in Cristo la Speranza del mondo.

 

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