La funzione pastorale dei Musei ecclesiastici

LA FUNZIONE PASTORALE DEI MUSEI ECCLESIASTICI
Questo il titolo della nuova Lettera circolare della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, pubblicata in sei lingue con data simbolica del 15 agosto 2001. La Lettera, indirizzata a tutti i Vescovi del mondo, ha lo scopo di favorire la conservazione materiale, la tutela giuridica e la valorizzazione pastorale dell’imponente patrimonio storico artistico della Chiesa, non più usato abitualmente.
Rev.Prof. Carlo Chenis

«I musei di arte sacra non sono depositi di reperti inanimati, ma perenni vivai, nei quali si tramandano nel tempo il genio e la spiritualità della comunità dei credenti» (Giovanni Paolo II, Messaggio, 27 settembre 1997). Il museo ecclesiastico è dunque uno strumento del vissuto ecclesiale che sospinge la comunità dei fedeli verso il tesoro della memoria e verso il territorio. La Chiesa infatti non è custode di «cose morte», ma perenne vivaio di realtà in divenire. La sua strategia museale è rivolta al presente, serve il presente, è liberale per il presente. Non si tratta di conservare il passato in depositi o di riproporlo attraverso una fiction astratta, bensì di continuare la cultura di ispirazione cristiana guardando a quanto la Chiesa ha già prodotto in questi due millenni di inculturazione della fede e quanto va originando per rispondere alle proprie necessità pastorali. Per questo la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa dopo aver trattato delle biblioteche e degli archivi, oltreché aver ribadito la necessità e l’urgenza dell’inventariazione e della catalogazione del patrimonio storico-artistico (mobile e immobile), ha rivolto di recente la sua attenzione su La funzione pastorale dei musei ecclesiastici (abbr. FPME).

La nuova lettera circolare, pubblicata in sei lingue con la data simbolica del 15 agosto 2001, è stata indirizzata a tutti i vescovi del mondo ed inviata anche ai superiori maggiori di tutte le famiglie religiose, oltreché, per conoscenza, ad autorità civili del settore. Il documento, piuttosto consistente, è finalizzato a far conservare materialmente, tutelare giuridicamente, valorizzare pastoralmente l’importante patrimonio storico-artistico non più in uso abituale. Esso tratta anzitutto della conservazione del tesoro d’arte, di cultura e di costumanze creato dalla comunità cristiana, sottolineandone l’importanza pastorale, ribadendo l’interesse della Chiesa verso di esso, indicando le rinnovate modalità di approccio (FPME, I parte). In questo contesto il museo ecclesiastico non è solo «macchina del tempo» che fa sprigionare la fantasia su epoche lontane, ma album di famiglia che ripropone la storia di cui ciascun membro della collettività è parte.Tale istituzione, squisitamente culturale, narra l’avventura cristiana di una comunità documentandone le ragioni della fede, la mens pastorale, le abitudini cultuali, il genio artistico, le pressioni encomiastiche. È «cosa viva», poiché entra a far parte del corredo culturale e religioso di un determinato territorio costituendo un bene demoantropologico assai importante. Nel complesso «il patrimonio storicoartistico ecclesiale, non è stato costituito in funzione dei musei, ma per esprimere il culto, la catechesi, la cultura, la carità. Mutando però nel corso del tempo le esigenze pastorali e i gusti delle persone molti manufatti diventano obsoleti, così che s’impone il problema della loro conservazione al fine di garantirne la persistenza dato il loro valore storico e artistico» (FPME, 2.1.1.). La natura di un museo ecclesiastico è nella conservazione e valorizzazione in contesto ecclesiale; la finalità è nella salvaguardia della memoria nell’ambito della pastorale; la tipologia verte sulle modalità istituzionali e sugli oggetti raccolti (FPME, II parte). Si impone quindi un regime circolare tra quanto conservato in museo e quanto ancora in uso, così che alcuni dei beni museizzati possono ancora trovare uso ecclesiale, e beni in uso possono formare esposizioni temporanee intese a documentare la cultura cristiana. Tali dinamiche entrano opportunamente nell’alveo della nuova evangelizzazione, del dialogo ecumenico, del confronto interreligioso, della formazione umana specie delle attuali generazioni la cui cultura di massa appare priva di senso storico, di pluralismo culturale, di fruizioni estetiche, di esperienze religiose. Specie in Europa la comune «anima cristiana» è alla base di innumerevoli processi culturali, per cui si è accumulato un ingente materiale di interesse storico e artistico degno di rivisitazione.

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Santi ed eretici, ecclesiastici e laici, artisti e poeti, individui e comunità, hanno depositato le loro opinioni e il loro genio nella memoria collettiva facendo quasi sempre riferimento alla fede cristiana. È culturalmente salutare dunque guardare a questi tesori della memoria per ritrovare se stessi, per riscoprire le proprie radici, per lasciarsi sedurre dalla bellezza di tante opere d’arte, per configurare un futuro di speranza. «Il museo ecclesiastico è quindi da leggersi in stretta connessione con il territorio di cui è parte in quanto completa e sintetizza altri luoghi ecclesiali. Si caratterizza facendo riferimento al territorio, così da evidenziarne il tessuto storico, culturale, sociale, religioso. Ad esso si connette pertanto la tutela e la valorizzazione dell’intero patrimonio storicoartistico locale al fine di sviluppare nei singoli e nella comunità la coscienza del valore della storia umana e cristiana» (FPME, 2.1.2). È allora importante partire dai musei ecclesiastici per riabitare gli spazi della quotidianità scoprendone le complesse stratificazioni storiche e le tradizioni religiose. La necessaria continuità tra bene museizzato e habitat ecclesiale esige ogni sforzo per conservare i beni nel luogo di origine e, quando ciò non è possibile, per contestualizzarli almeno attraverso l’allestimento museale. Sarebbe dunque auspicabile istituire raccolte e musei in parrocchie, confraternite, monasteri, conventi, diocesi, ecc. opportunamente coordinati in riferimento tanto alla circoscrizione ecclesiastica, quanto a quella civile. «Di conseguenza il museo ecclesiastico non è semplice raccolta di oggetti desueti: esso rientra a pieno titolo tra le istituzioni pastorali, poiché custodisce e valorizza beni culturali un tempo “posti al servizio della missione della Chiesa ed ora significativi da un punto di vista storicoartistico” (Giovanni Paolo II, Allocuzione, 12 ottobre 1995). Si pone quale strumento di evangelizzazione cristiana, di elevazione spirituale, di dialogo con i lontani, di formazione culturale, di fruizione artistica, di conoscenza storica. » quindi luogo di conoscenza, godimento, catechesi, spiritualità» (FPME, 2.1.1). Tale concezione del museo ecclesiastico comporta un’organizzazione strutturale e una strategia di gestione del tutto specifiche. Si deve impostare adeguatamente la sede museale nelle sue molteplici componenti (ingresso, sale espositive, vetrine, ambienti per mostre temporanee, sala didattica, aula di formazione culturale, biblioteca, archivio corrente e archivio storico, uscita, luoghi di ristoro, uffici del personale, sale di deposito, laboratorio di restauro). In molti casi la sede stessa è luogo insigne di memoria (palazzi episcopali, seminari, complessi conventuali e monastici, ecc.) che deve entrare in dialogo con quanto viene esposto. Bisogna prendere attentamente in considerazione i problemi della sicurezza (impianti e custodia) e quelli gestionali (personale, norme, rapporti con altre istituzioni), perchè la cura del museo abbia la dovuta professionalità (FPME, parte III). Il museo ecclesiastico deve tenere conto del diverso target dei destinatari.

Occorrono percorsi didattici per le fasce scolari, itinerari per assecondare il turismo religioso, sistemazioni per nutrire il senso di appartenenza della comunità locale. Sono importanti le tecniche telematiche ed il sistema internet, anche se occorre adoperarsi perché il supporto virtuale sospinga alla percezione reale e non viceversa. Non mancano a questo riguardo problemi in ordine all’utilizzazione ed alla proprietà dei dati che vanno accuratamente studiati anche sotto l’aspetto giuridico. Nella sua articolata impostazione «il museo ecclesiastico è luogo di pubblica fruizione, poiché i beni culturali sono al servizio della missione della Chiesa. Esso educa al senso della storia, della bellezza e del sacro mediante il patrimonio culturale realizzato dalla comunità cristiana. La fruizione è dunque intimamente connessa, anche se distinta, al valore formativo che deve avere l’istituzione museale. Distinguere per unire il momento formativo a quello fruitivo è sottolineare l’importanza della complementarità tra aspetto conoscitivo e aspetto emotivo, specie per quanto concerne il vissuto religioso i cui atti, che si qualificano come espressioni di amore a Dio e ai fratelli, necessitano del concorso dell’intelligenza, del sentimento e della volontà.» (FPME, 4.1.). La fruibilità del museo è pertanto in contesto ecclesiale e risponde al vissuto ecclesiale dilatandosi e offrendosi con tale tipicità all’intero sistema sociale (FPME, parte IV). Dati i requisiti di una struttura museale di questo genere, diventa rilevante il problema della formazione degli operatori. Per questo il documento della Pontificia Commissione espone dettagliatamente i criteri per l’elaborazione di un progetto formativo, esemplifica iniziative formative, sottolinea l’importanza del volontariato professionale (FPME, parte V). La circolare nel suo insieme si allinea ad una concezione museale dinamica ipotizzando una tipologia di museo diffuso sul territorio, capace di valorizzare le singole realtà, di coordinare il patrimonio storico-artistico, di impostare le iniziative in una logica pastorale, di avviare un impegno di confronto sociale. Quanto la Chiesa ha prodotto nei secoli passati deve infatti essere a tutti gli effetti un «bene» per tutti. Deve essere perciò espressione della cultura di ispirazione cristiana, strumento di evangelizzazione, segno della memoria di ogni collettività in cui si è diffuso il cristianesimo. In un’epoca in cui l’interesse alla memoria diventa speranza di futuro urge la collaborazione tra coloro che sentono il dovere di proporre un nuovo umanesimo ed una cultura della pace. Il museo ecclesiastico può dunque diventare nucleo di aggregazione sociale e di dialogo interreligioso, poiché il ricordo storico e la bellezza artistica elevano lo spirito, rendono evidenti gli errori, stimolano alla pacificazione, introducono nel sacro. Le consolanti testimonianze di apprezzamento per questo documento sui musei ecclesiastici che stanno provenendo da innumerevoli autorità religiose e civili di tutto il mondo, confermano l’interesse verso la riqualificazione della memoria e l’impegno della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

Rev. Prof. Carlo Chenis, Segretario, Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa La Lettera circolare è disponibile sul sito www.dibaio.com/chiesaoggi Noleggio e Vendita Nuova Basilica dedicata a Padre Pio in San Giovanni Rotondo (FG)

La versione integrale del documento è presente alla voce del sommario "Lettera circolare della Pontificia Commissione".

 

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