La cripta di San Marco a Venezia


RESTAURO LA CRIPTA DI SAN MARCO A VENEZIA

La lotta contro l’invasione delle acque dal contiguo canale segnano la storia del luogo originario e più antico della Basilica marciana, dove per molti secoli sono state ospitate le spoglie del Santo. Il recente intervento lo ha posto in condizioni di sicurezza a fronte della continua minaccia di allagamenti. La visita rivela diversi interventi strutturali compiuti in passato.

È una delle più note basiliche del mondo: simbolo e anima di Venezia, la cattedrale di San Marco è la principale meta dei milioni di turisti che si riversano ogni anno nella città lagunare. La sua grandiosità è accentuata dalle prospettive assolutamente uniche: dalla piazza, dal mare, da Palazzo Ducale. Ma un monumento antico di secoli, un luogo così ricco di influssi culturali e artistici di diversa provenienza, il punto di incontro tra l’Oriente e l’Occidente cristiano, non si
esaurisce nella sua immagine esteriore – pur densa di significati e suggestioni, pur splendida di testimonianze spirituali e artistiche.
Oltre al museo della cattedrale, che nei camminamenti superiori al nartece consente di osservare le volte (cfr CHIESA OGGI architettura e comunicazione 66-67/2004), un luogo fondamentale – meno noto, meno frequentato ma non meno importante per l’acquisizione dei molteplici aspetti della storia della basilica – è la cripta.

Capitello di Nord-Ovest: spaccato per consentire
la posa delle colonnine a sostegno delle volte
che coprono la cripta.
L’altare in prossimità delle colonne del sacello, cui
sono state accostate le colonnine di sostegno.

La conoscenza di questo ambiente, che risulta essere quello originario della cattedrale veneziana, fu ritardata nel passato a causa dei malsani odori che provenivano dalla retrocripta, luogo di stagnazione delle acque che la invadevano dal vicino canale.
I più recenti interventi di restauro hanno consentito, da un lato una migliore conoscenza delle varie fasi conosciute dalla cripta nella storia, ma anche di riscattarla nella sua interezza.. Così il 19 luglio 2008, nella nuova Sala dei SS. Filippo e Giacomo di Sant’Apollonia, si è svolto un convegno, a chiusura della mostra “La cripta di San Marco quando vi regnava l’acqua meschizza” (Biblioteca Nazionale Marciana, 25 aprile – 20 luglio 2008), organizzato dalla Procuratoria di San Marco e dalla Biblioteca Nazionale Marciana. Il luogo stesso dell’incontro è emblematico: la chiesa, del XII secolo, fu sconsacrata dopo le soppressioni napoleoniche e, dalla fine dell’800, il suo volume è stato diviso in due
da una soletta ed è stata usata come sede espositiva e di lavoro della fabbrica di merletti Jesurum. Il suo restauro,
a opera del proto di San Marco, Arch. Ettore Vio, si è appena concluso: recuperata alla proprietà della Diocesi, sarà usata per iniziative culturali.

Dall’alto: la cripta dopo i recenti restauri; la pianta della cripta e della basilica;
la volta verso la navata è stata scavata per ospitare la finestrina che dalla navata
prende luce; la colonnina di sinistra, spostata a causa dell’incremento della fondazione.
(Tutte le foto della cripta di San Marco per gentile concessione della Procuratoria di San Marco)

Dall’alto, S.Em. il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, Arch. Ettore Vio, proto di San
Marco, Prof.ssa D.ssa Irene Favaretto, procuratore di San Marco. Mons. Antonio Meneguolo,
procuratore di San Marco e D.ssa Maria Letizia Sebastiani, direttore Biblioteca Nazionale
Marciana. Nell’ultima foto, la veduta dell’ingresso della sala convegni S. Apollonia

Al Convegno hanno preso parte Sua Eminenza il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, il Prof. Don Giorgio Orsoni, primo Procuratore di San Marco, la D.ssa Maria Letizia Sebastiani, Direttore della Biblioteca Nazionale
Marciana, il Prof. Ennio Concina, ordinario di Storia dell’Architettura Bizantina di Ca’ Foscari, la D.ssa Susy Marcon, curatrice dei manoscritti della Biblioteca Marciana, la D.ssa Maria Da Villa Urbani, Direttore dell’Archivio della Procuratoria, la Prof.ssa D.ssa Irene Favaretto, Procuratore di San Marco e l’Arch. Ettore Vio, proto di San Marco. Grazie a tale convegno, la cripta, luogo recondito per collocazione e per il succedersi degli eventi storici, è stata autenticamente riportata alla luce e rimessa all’attenzione della cronaca.
Chiusa nel 1580, la cripta rimase isolata per quasi tre secoli, anche se questa, oltre che nucleo più antico della chiesa, è sede del sacello in cui è rimasto per secoli il corpo del Santo Patrono.
Nel 1869 si realizzò il primo intervento di restauro, a opera del proto Ing. Giovanbattista Meduna e per volontà del patriarca Giuseppe Luigi Trevisanato. Non fu toccato il retrocripta. L’utilizzo del cemento inglese Portland, resistente all’acqua, una ventina di anni dopo consentì un primo risanamento anche di questo. L’alluvione del 1966 invase totalmente il volume, sinoa 30 cm dalla sommità delle volte. L’opera successiva non portò alla completa messa in sicurezza: come s
crive l’Arch. Vio, “L’acqua penetrava da fessurazioni del pavimento, dai bordi delle panche marmoree, dalle murature… Il getto sgorgava con la dimensione del foro sino all’altezza corrispondente alla marea del canale
della Canonica, contiguo alla basilica”.
L’ultimo intervento di restauro cominciò nel 1986 e durò dieci anni. Continua Vio: “Dopo aver rimosso il pavimento, si provvide a iniettare tra i massi delle fondazioni una resina che rimaneva espansa a contatto con l’acqua otturando ogni foro. Per le parti in muratura si provvide a infiltrare i letti di malta con una resina acrilica… Il lavoro si completò con la protezione delle superfici laterizie, la sostituzione delle malte deteriorate e il restauro dei resti degli affreschi quattrocenteschi che decorano le volte nei pressi del sacello di San Marco. Per rendere evidente l’antica tomba fu
spostata l’ancona marmorea con la Vergine e il Bambino e i santi Pietro, Marco, Caterina e Orsola, datata 1494 (VI centenario dalla consacrazione della basilica), nell’abside nord, consentendo di cogliere le rotture ai capitelli e alle basi delle colonne dell’antico sacello del Santo evangelista, compiute per permettere di addossare le colonnine che sostengono le volte che racchiudono la cripta.”

 

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