La chiesa Beato Andrea a Peschiera del Garda (Verona)

IL COMPLESSO PARROCCHIALE BEATO ANDREA A PESCHIERA DEL GARDA,VERONA

Un volume compatto e sobrio, ma allo stesso tempo rigoroso e solido, emerge nel contesto periferico presso Peschiera, non lontano dalla strada statale che da Verona porta a Brescia. La sistemazione della chiesa e delle opere annesse in un unico volume risolve in modo originale, ricca di richiami storici presentati in chiave contemporanea, secondo un linguaggio architettonico che recepisce appieno le potenzialità espressive del cemento a vista.

La facciata laterale è connotata all’altezza crescente verso la zona presbiteriale, dalle apertura a feritoia che ne ritmano il profilo e dai due elementi cilindrici tra i quali si inserisce il porticato.

In alto: planimetrie e sezioni. A destra: schizzi di progetto che pongono in evidenza gli elementi studiati quali punti di forza dell’architettura quali la facciata con timpano triangolare.

La scelta della tipologia a “monoblocco”, che in un unico corpo di fabbrica racchiude la zona di culto e le attività collaterali (di insegnamento, di ricreazione, di servizio), è stata dettata da un’esigenza di chiara lettura e comprensione volumetrico-formale, nonché da considerazioni di tipo economicostrutturali, distributive (funzionalità e razionalità nei percorsi interni), e, non ultima, dalla planimetria del lotto. Il monoblocco è articolato su due piani sovrapposti, tre se si considera la porzione di edificio a sud-est, quello della canonica-sacrestia-matroneo. Al piano terra si trovano le opere parrocchiali: la sala giochi, le aule didattiche e una sala polivalente, oltre alla canonica; al primo piano la grande aula celebrativa, la cappella feriale, la sacrestia e i servizi annessi. L’organismo architettonico è composto dall’aggregazione di forme semplici: il corpo principale è un parallelepipedo fondato sui principi della modularità (maglia da 4 m x 4 m), in cui si innestano due cilindri posti agli estremi di un lato maggiore.

Questi cilindri ospitano al loro interno la custodia eucaristica e il fonte battesimale. Vi sono inoltre due prismi triangolari diversificati dimensionalmente che definiscono gli ingressi a chiesa e cappella feriale da un lato, alla canonica dall’altro. Risaltano, quali elementi qualificanti, il timpano per la facciata principale e, al piano terra, il percorso porticato, contraddistinto da 12 colonne binate sul lato dei cilindri. La copertura presenta altezze in progressivo aumento dall’ingresso della chiesa al presbiterio e va dai 10 metri iniziali ai 17 metri finali. L’opera architettonica esercita sulle persone che la osservano l’idea di matericità fisica e la certezza di trovarsi di fronte a un edificio “sacro”. L’edificio è contraddistinto da facciate con forature che portano, negli spazi interni, luci vibrate. Nelle facciate ogni parte è finalizzata a non destare nell’osservatore l’idea del non risolto, dell’arbitrario o dell’incerto. Sul piano simbolico-decorativo riveste particolare interesse e impreziosisce la facciata la vetrata costituita da tessere colorate modulari che disegnano nel loro insieme un ulivo stilizzato, a testimoniare la pace, la fratellanza, l’unione della comunità. Nella pavimentazione dell’aula spicca il mosaico, in tessere di marmo colorato, dal quale si dipartono due direttrici: verso la zona penitenziale e verso la parola e l’eucaristia. Invenzione di carattere volumetrico-luminoso è il “matroneo” che ha anche la funzione di diffondere la luce carica dei colori delle vetrate nella zona del presbiterio. Lungo l’asse dei cilindri due supporti alloggiano le statue del Beato Andrea e della Madonna.

“FORMA SUL PROCINTO DI EVOLVERE”

«A noi non interessa in assoluto una dottrina della “misura sacra”, ma un ordinamento vivo, del quale una parte costitutiva è la regola»: ha scritto, nel 1947, Rudolf Schwarz in Costruire la chiesa, un libro dotato di carica ideale inesauribile, uno scritto denso e complesso che non si vorrebbe mai smettere di meditare. Aggiunge l’autore, per precisare un atteggiamento di progettista d’architetture che è anche, indistintamente, filosofia di vita: «Nuova vita s’accende da vita più vecchia. La vita viene portata innanzi, seminata, colta e piantata.Tramandata in mille modi, ma sempre come ardore vivo, mai come un che di amorfo o un che di universale» (pp.242-3). Visitando il complesso parrocchiale e la chiesa “Beato Andrea” a Peschiera del Garda, insieme all’architetto che l’ha progettata e realizzata, ho ricordato questa frase di Schwarz, mi sono trovata introdotta in una corrente viva. Percependo la ricca essenzialità, la cura di ogni particolare, l’esplorazione e la messa a punto delle forme architettoniche dell’edificio sacro, cariche di partecipazione affettiva oltre che di razionalità costruttiva, si viene coinvolti nel dinamismo di una vita: la vita di una comunità cristiana, che trasmette il proprio credo di generazione in generazione; la vita di una cittadina che cerca un proprio equilibrio ambientale e insediativo, dopo anni di crescita spesso incontrollata e a partire da un glorioso passato di grande qualità; la vita di un’architettura del XX secolo, che cerca di raggiungere l’ordine funzionale e il suo trascendimento, tramite “sacre misure” e sobria composizione. Il progetto di Peschiera del Garda è meditato, calibrato, sereno; la suarealizzazione è un luogo accogliente, luminoso, “pulito” e al tempo stesso costellato di segni. La sua costruzione è stata estremamente attenta alle qualità materiche; volutamente non a
ltisonante nella volumetria, benché dotata di una certa robustezza semplice e schietta. Ripensandolo nel ricordo si registra la nitida percezione di un piacevole incontro; di una gioiosa sosta in una dimora carica di Presenza e di presenze. Gli accenti linguistici, gli spunti di memoria storica, i richiami a temi compositivi prediletti non sono stati irrigiditi, dal loro inventore, in una maglia che possa fungere da rimando ad una preconcetta dottrina della forma. Il complesso, solido, ha nello stesso tempo qualcosa di provvisorio, è forma sul procinto di evolvere, si potrebbe dire, è segno di una vita che continua. Questo viene da augurare al suo progettista ed esecutore: che esso sia iniziale germe di un “ordinamento costitutivo” della vita, come direbbe Schwarz, che non prescinde dalla individuazione di regole precise, ma neppure dalle stesse venga bloccato.

Prof. Arch. Maria Antonietta Crippa

 

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