L’arte e la ChiesaL’architettura si apra alla “multimedialità”

Abbiamo sottoposto alcuni questiti a S.E.R. Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, riguardo al rapporto tra Chiesa e architettura. Dalle sue risposte appare chiara la volontà di intensificare il dialogo tra Chiesa e architettura, entro un più vasto contesto che abbracci tutte le altre arti.

La Chiesa un tempo, penso all’epoca rinascimentale, all’età barocca, ecc. fu grande e munifica committente di opere artistiche e architettoniche. Quali sono oggi le condizioni della Chiesa italiana come committente: ha ancora la volontà di favorire opere d’arte che stupiscano il mondo e restino nella storia, o ritiene che i cambiamenti avvenuti le precludano la possibilità di raggiungere risultati grandiosi come quelli del passato?
O ccorre tenere pre-sente che la situazione nella quale la Chiesa e l’intera società si trovano a vivere è molto diversa rispetto a quella dei secoli scorsi: i paragoni con il passato, perciò, sono molto difficili da fare. In un mondo che è cambiato con tanta rapidità e in profondità ed è sempre più frammentato, secolarizzato e pluralista, la comunità cristiana sta ripensando gradualmente le forme della propria presenza e della propria missione. In questo contesto le opere d’arte capaci di stupire l’umanità continuano a nascere ma possono rimanere anche ignorate o incomprese. Le opere d’arte oggi, come tutte le realtà importanti dell’uomo, occorre volerle fortemente, cercarle, scoprirle e una volta scoperte non ci si deve stupire se sembrano singolari, libere da schemi preconcetti, lontane dalla tradizione e non sempre di facile interpretazione. La Chiesa, a tutti livelli, sia pure con mezzi scarsi, non ha rinunciato a promuovere opere d’arte. I risultati non sono sempre esaltanti, è vero, ma l’impegno, almeno alla radice, rimane intatto. A mio parere quello di cui le comunità ecclesiali hanno maggior bisogno in questo campo è ritrovare motivazioni largamente condivise e avere la pazienza di cercare, con l’aiuto di critici e di specialisti. Il passo preliminare che le comunità ecclesiali, i progettisti e gli ar tisti in questo momento sono chiamati a compiere è superare quella sorta di timore reciproco che ancora li tiene lontani e un po’ diffidenti.
L’anno del Giubileo ha riacceso i riflettori sull’arte come strumento di bellezza e veicolo di fede. Se guarda ai trentacinque anni trascorsi dal Concilio, pensa che l’apertura del nuovo
rapporto tra Chiesa e mondo dell’arte abbia già dato qualche frutto maturo, o si deve attendere ancora perché questo compaia?
Credo di avere già risposto, almeno in parte. A mio parere qualche frutto c’è già e molto si sta seminando. Ritengo che sia necessario lavorare ancora con molta determinazione, dal momento che le opere d’arte non vengono alla luce spontaneamente. In tutte le epoche della storia è stato necessario un lungo cammino insieme perché la Chiesa e gli artisti si potessero capire e produrre risultati maturi.
Delle diverse arti – musica, letteratura, arte figurativa, cine-matografica, ecc. – ritiene che ve ne sia qualcuna che meglio sappia parlare alla coscienza e alla sensibilità dell’uomo con-temporaneo?
E in che modo questa si può manifestare entro l’architettura della chiesa? La risposta deve essere differenziata. La musica, una certa musica, ad esempio, parla molto ai giovani. Altri linguaggi più vicini al “visivo” comunicano bene sia con i bambini che con gli anziani. Ho l’impressione inoltre che varie forme di arte parlino molto alla sensibilità ma non so quanto arrivino a parlare alle coscienze. Quanto all’architettura della chiesa credo che essa soffra di una certa solitudine dopo avere preso le distanze dalle altre arti. In altri termini direi che l’architettura della chiesa non è ancora a sufficienza “multimediale”. In positivo direi che l’architettura per la liturgia ha bisogno di dialogare con le altre arti. Ho l’impressione che fino a oggi, su questo punto, abbiamo osato ancora troppo poco. Soprattutto non bisogna dimenticare che la validità delle varie espressioni artistiche suppone il contatto con una intensa esperienza di fede e di vita ecclesiale e quindi il confronto con la teologia, la spiritualità, la pastorale. Qual è la richiesta che più calorosamente rivolgerebbe agli ar-chitetti perché le chiese del nuovo secolo che si apre siano capaci di rispondere alla cultura e ai problemi di questo mondo sempre più “globale”, internazionale, interrazziale…? Più che una richiesta rivolgerei agli architetti qualche sug-gerimento. Il primo suggerimento che darei è quello di sempre: studiate molto, progettate con grande cura, ac-compagnate la vostra opera lungo la sua realizzazione e la sua vita; anche oggi, infatti, l’architetto deve padroneggiare molte conoscenze teoriche e pratiche. Il secondo suggerimento è più specifico: dialogate con la comunità cristiana, con liturgisti qualificati, dal momento che l’idea di chiesa-edificio non è data una volta per tutte ma è oggetto della nostra continua ricerca. Infine suggerirei agli architetti di collaborare senza timore con gli artisti, dal momento che una nuova chiesa nasce grazie all’apporto di molte arti. (L. Servadio)

 
  Gino Severini Trionfo di san Pietro (1932-33) (da: “Gli ar-tisti e la Chiesa nella contemporaneità”, a cura di Cecilia De Carli, Milano, 2000

S.E.R. Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

 

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