L’anima cristiana della città

«Non si possono tagliare le radici da cui si è nati». Queste le parole pronunciate da Sua Santità Giovanni Paolo II, il 20 giugno 2004 in piazza San Pietro, in risposta alla mancanza di riconoscimento del ruolo del Cristianesimo nella nuova Costituzione europea. Alle tante voci che si sono levate da ogni parte in Italia a sostegno del Papa, uniamo anche la nostra. «Il riconoscimento delle radici cristiane del Continente europeo è una verità talmente ovvia che non si dovrebbe far fatica ad ammetterne l’evidenza», aveva detto qualche giorno prima al quotidiano Avvenire il Vescovo di Vienna, Card. Christoph Schönborn. Si potrà chiedere: perché affrontare questo argomento in una rivista di architettura delle chiese? Precisamente perché la mancanza di riconoscimento delle radici cristiane del Continente europeo è tanto più sorprendente quanto più diffusa è la loro evidenza. E l’arte, l’architettura, la cultura, le stesse città del nostro Continente sono tutte ricche di testimonianze cristiane. Proprio in quanto rivista di architettura dobbiamo ribadire con forza le parole di Nostro Signore: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre!» (Lc
19, 40). Le pietre dei monasteri e delle cattedrali, dei musei e degli archivi, delle scuole e degli oratori, delle piazze e dei sagrati. Perché è qui che si è formata l’anima dell’Europa: ben prima che nelle cancellerie e nelle aule dei parlamenti. Qui che nei secoli abbiamo impresso il nome delle nostre comunità. Non a caso così continuava Schönborn: «Facciamoci una semplice domanda: perché da noi arrivano turisti da tutto il mondo? Le loro mete preferite non sono forse le cattedrali e i monasteri?». In realtà l’Europa "parla" al mondo innanzitutto attraverso la sua immensa produzione artistica. E questa ha le stimmate cristiane: nella ricerca della bellezza, nella testimonianza evangelica che spira dalla quasi totalità delle opere. Nell’espressione della dignità umana che trae forza proprio da quelle radici.
Non è forse alla Basilica di San Pietro che vanno i turisti che visitano Roma? E non alla cupola di Santa Maria del Fiore, coloro che si recano a Firenze? E chi giunge a Milano non si ferma a osservare le guglie del Duomo? E chi mai soggiorna in Sicilia senza passare per la Cattedrale di Monreale? In questo numero di CHIESA OGGI architettura e comunicazione illustriamo il nuovo museo di San Marco: la basilica veneziana che, insieme col suo campanile, è il simbolo della città lagunare. Un simbolo di particolare rilevanza, perché nella sua architettura convergono le tradizioni dell’Occidente europeo come dell’Oriente. Nel segno dell’apertura, del dialogo, della ricchezza dei linguaggi.
E qual è il luogo particolarmente preposto a manifestare questa apertura, se non proprio il sagrato? E’ qui che avviene l’incontro, si sviluppa il il dialogo e si manifesta l’accoglienza. Nell’immagine che ognuno di noi ha di queste grandi basiliche, il ricordo della facciata non può essere disgiunto da quello della piazza. Da qui la nostra decisione di realizzare, insieme col Consiglio Nazionale degli Architetti (CNAPPC), il I° Premio Nazionale di Idee di Architettura "I Sagrati d’Italia" che vede coinvolti 202 Ordini degli Architetti italiani in rappresentanza delle 202 province d’Italia (presentato diffusamente su CHIESA OGGI architettura e comunicazione 64/65-2004). E’ importante ribadirne l’importanza. Perché il sagrato, in quanto luogo dove la chiesa e la città si incontrano, è il simbolo più evidente di quella capacità di dialogo che è uno dei tratti più caratteristici della tradizione cristiana. Riqualificare oggi i sagrati: non solo quelli aulici delle cattedrali, ma tutti, dalle parrocchie dei borghi e delle periferie alle lontane pievi montane, significa proprio contrapporre alla tendenza all’esclusione, la volontà del dialogo. E’ così che "le pietre" parlano: mostrano come la tradizione cristiana è stata proficua nei secoli, e come ancor oggi è il cuore dove alberga l’anima delle città.

Giuseppe Maria Jonghi Lavarini

Il sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. Foto di Cristian Gennari.

Intervento di Mons. Giancarlo Santi, Direttore Ufficio Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana

E’ molto importante e significativo che si realizzi attorno al tema del sagrato una collaborazione tra Chiesa, Consiglio Nazionale Architetti e CHIESA OGGI architettura e comunicazione. Questo consente di coinvolgere il grande pubblico, in modo auspicabilmente attivo: sarebbe importante che, oltre alla Giuria nazionale del Premio, anche i lettori possano esprimersi, indicando, in modo argomentato, quali progetti ritengano meglio riusciti, tra quelli che concorreranno al Premio. Sarà interessante confrontare l’opinione dei lettori con i risultati della giuria tecnica.
Un aspetto di grande interesse è che il Premio consente la partecipazione più vasta possibile di architetti: anche chi non è mai stato chiamato a progettare una chiesa potrà elaborare e far conoscere le proprie idee su un tema che è veramente prossimo a quello della progettazione di una chiesa. Così il Premio si costituisce anche in momento di approfondimento sulla tematica storica del sagrato e sui documenti della Conferenza Episcopale Italiana sulla progettazione di chiese. Insomma ci troviamo di fronte a un evento nel quale l’architettura è autenticamente
legata alla "comunicazione", su un tema circoscritto ma molto importante. Si può dire che il sagrato sia la chiesa allo scoperto: non è proprio questo Piazza San Pietro, quando vi si svolgono le grandi celebrazioni? Sarebbe utile che qualche diocesi cogliesse questa occasione per compiere un’indagine sui propri sagrati, come fece la diocesi di Novara
all’inizio degli anni ’90. Sarebbe auspicabile che i risultati del Premio siano ripresi in sede locale, con un vasto dibattito
su questo tema, spesso sottovalutato. Il Premio è infine un’occasione per ripensare l’argomento della collocazione della chiesa nella città. Spesso nei piani regolatori le sono riservati spazi di risulta, che non consentono neppure
di immaginare la collocazione di un sagrato. A volte i sagrati esistenti sono stati sacrificati all’allargamento di una sede stradale. Sono argomenti sui quali non solo gli architetti, ma anche il grande pubblico dovrebbe riflettere.
E’ dal sagrato che si deve ripartire, per ritrovare il posto che spetta alla chiesa entro la città.

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