Italian fashion in the world

Per tastare il polso agli addetti ai lavori della moda italiana su questo scottante argomento, sono state fatte alcune interviste in presa diretta con organizzatori, rappresentanti ufficiali, stilisti e architetti.
Sounding out opinions on this hot topic from those directly involved in Italian fashion, presented here is a selection of interviews with organisers, official representatives, stylists, and architects.

interviste di / interviews by Walter Pagliero

Progettando il negozio di una griffe, l’architetto dovrebbe sforzarsi di trasmettere con i propri strumenti l’immagine e il messaggio-moda dello stilista?

I negozi delle griffes sono un momento importante della comunicazione dei creatori di moda con le città, e naturalmente subiscono nel tempo una continua trasformazione. Se negli anni ’70 e ’80 erano ancora punti-vendita tradizionali che cercavano di caratterizzarsi adeguandosi alla personalità dello stilista, oggi, a causa di un’influenza minimalista molto marcata, si sono trasformati in una grande esposizione merceologica, col pericolo – secondo me già raggiunto – di far sembrare ogni negozio eguale all’altro. Si tratta di una grossa perdita di individualità che io personalmente condanno. Oggi è l’architettura che falsa l’immagine della moda uniformando tutte le proposte e riducendo l’offerta a un insieme visivamente indifferenziato. Mi ricordo lo sforzo d’immaginazione che Versace aveva messo in campo per dare una idonea cornice architettonica e arredativa non solo ai suoi punti vendita ma anche ai luoghi privati dove lavorava e viveva. Tutto questo riguarda il passato. Oggi a New York come a Tokio, a Parigi come a Melbourne, si preferisce avere enormi vetrine molto illuminate dove l’unica variante si deve all’iniziativa di qualche architetto che, bontà sua, ha scelto una illuminazione originale o ha rivestito le strutture con materiali un po’ diversi dal solito.

A cosa si deve tutto questo? Al fatto che il bacino di utenza della moda allargandosi, aumentando cioè la quantità, ha perso di qualità?

No, la cultura della moda non è mai stata coltivata quanto oggi. Adesso la gente ha più possibilità, è più informata, si muove e si confronta di più. Una volta c’erano pochi privilegiati che potevano permettersela e gli altri si vestivano solo per coprirsi. Ora c’è solo l’imbarazzo della scelta. Io penso che si tratti di un ciclo epocale: c’è un momento in cui tutti vogliono le boiseries, un altro dove preferiscono il bianco e il vetro trasparente. Si tratta di una moda degli architetti i quali, quando progettano i negozi delle griffes, finiscono col soffocare sotto le loro esigenze di aggiornamento anche la comunicazione della moda, che è più complessa e difficile di così.

Fashion designers use shop fronts to communicate. Clearly, this communication changes over time. Whereas in the past the shops tended towards a personal reflection of the stylist (Versace used to bend over backwards to provide a personal identity to his stores), today they have tended towards a loss of individuality. In today’s fashion capitals, the only variation on the large shop window idea is perhaps seen with original lighting displays or the use of some unusual material or other. It is unlikely that the reason for this lies in the fact that the fashion market has expanded; nor has there been a drop in quality. Far more probable is the explanation that architects also follow trends, very often to the detriment of the fashion sector.

Beppe Modenese
eminenza grigia della Moda Italiana éminence grise of Italian fashion

Mario Boselli
Presidente della Camera Nazionale della Moda
President of the National Chamber of Fashion

Il luogo in cui oggi si offre la moda al consumatore è sempre meno un negozio dove si vende in modo tradizionale, e sempre più un luogo d’accoglienza dove si va per “stare bene”. É un concetto nuovo di spazio trasversale non pensato solo per la vendita, ma anche per accogliere in modo articolato il pubblico, come si fa nelle grandi esposizioni fieristiche e, capovolgendo i termini, nei musei. Al di là di una colleganza stretta tra lo stile del negozio e quello della collezione, è l’idea della festa oggi a prevalere. In tale ambito, ritengo comunque che ci debba essere coerenza, e una certa armonia, tra lo stile della collezione e lo stile dell’architetto o del designer che crea questo luogo di accoglienza.

Non c’è il pericolo che la moda degli architetti prevalga su quella degli stilisti?

Se gli architetti progettano i negozi in maniera omogenea al messaggio della moda che espongono, tutto va bene. Ma qualche volta si ha l‚impressione di entrare in un‚accogliente clinica chirurgica, perché la freddezza e l‚asetticità di questi interni è molto alta. Il pericolo è quello dell’omologazione: che si assomiglino tutti e ovunque.

La causa potrebbe trovarsi nel prevalere del minimalismo architettonico che oggi ha preso il posto dell’esuberanza barocca degli anni ’80?

Qui entriamo in un‚area di gusti personali. Io posso solo azzardare un’ipotesi: che proprio perché si vuole valorizzare al massimo il prodotto, si tende ad avere per l’esposizione uno spazio che sia il meno incidente possibile, che sia cioè veramente “neutro”.

La moda italiana è riuscita ad avere nel mondo, nelle grandi capitali, spazi espositivi prestigiosi e adeguati?

Direi proprio di sì. Le faccio un esempio: io vado regolarmente in Giappone da trent’anni e all’inizio vedevo solo la moda francese, poi c’è stata una situazione di parità, infine gli italiani sono esplosi alla grande.

Fashion stores are changing from their role as sales outlets, and are becoming far more versatile. This said, coherence is needed between the style of the collection and that of the architect. Although there is a danger that
the architect’s style prevails over that of the collection, if the shop has been designed to meet the fashion message contained within then this will not happen. This, however, is not always the case. There is a real danger that stores will end up all looking the same, probably owing to the architectural minimalism of today that has replaced the baroque exuberance of the ’80s. Yet it is precisely because of a desire to provide maximum value to the product that minimalist, neutral designs are used.

Mariuccia Mandelli
in arte Krizia stilista
alias Krizia stylist

Quale evoluzione ha avuto nelle ultime collezioni l’immagine del prodotto-moda Krizia?

É un’immagine sempre più internazionale e accattivante, rivolta a una clientela mobilissima, che, spostandosi da una capitale all’altra, pretende giustamente di sentirsi a proprio agio e ben inserita in ogni tappa del suo viaggio. Oppure, se anche non si sposta, desidera apparire, prima di tutto ai propri occhi, cittadina del mondo.

Come viene rispecchiata questa immagine nei vari punti vendita Krizia nel mondo?

Con fedeltà all’immagine primaria, perché l’impronta originale della griffe non deve mai essere tradita o banalizzata.

Qual è il tipo di comunicazione che la griffe Krizia tende ad avere con la città di Milano in generale? E quale in particolare attraverso il suo negozio di via della Spiga?

La griffe comunica un messaggio-moda sempre aggiornato, pur mantenendo una linea costante, coerente con lo stile inconfondibile Krizia attraverso il tempo. Uno stile fatto di grazia e di scioltezza, di grinta e qualità, di linearità e di spirito. Le vetrine e le scelte del negozio di via Spiga rispecchiano questo stile. Ma la griffe comunica con la città di Milano anche offrendole tutte le manifestazioni organizzate allo Spazio Krizia, (mostre, presentazioni di novità editoriali, concerti) per far conoscere alla cittadinanza autori, artisti, musicisti preferibilmente stranieri, allo scopo di rendere meno provinciale, più internazionale, la sua apertura alla cultura.

Chi è Krizia?

Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, è l’emblema vivente della griffe che ha creato e che continua a creare. Curiosa di tutto, appassionata d’arte, gran divoratrice di libri, innamorata del proprio lavoro, determinata ma contraddittoria (perché il nuovo nasce sempre dalla dialettica delle contraddizioni) ha la fortuna di essere dotata di un intuito quasi stregonesco, che l’ha portata, nel tempo, ad anticipare molte delle tendenze-moda che si sono affermate sulla scena internazionale: a partire dagli hot pants degli anni ’70? Sino agli intramontabili plissé, dai maglioni intarsiati e figurativi sino al cardigan indossato sull’abito da sera; dall’abito da sera-sottoveste al ricamo di silicone, per citare solo poche fra le moltissime invenzioni.

Krizia’s image is increasingly international, appealing to customers who want to be made to feel like citizens of the world. Krizia manages to convey this concept all over the world. With the shop in via della Spiga, Krizia communicates an up-to-date image, all the while maintaining a constant identity that is coherent with its unmistakeable style. The store also puts on various events, and it introduces the public to authors, artists, and musicians (preferably international), with the intention of communicating its international, non-provincial, identity. Krizia (or Mariuccia Mandelli) has a gift for anticipating trends (this was particularly evident during the Seventies). She is driven by insatiable curiosity, a love for her job, and sheer determination.

Piero Pinto
progettista del negozio Krizia di Milano designer of the Krizia store in Milan.

Quando si progetta uno show-room o un negozio di moda, è importante capire cosa desidera il committente, entrare nel suo mondo, partecipare al suo gusto. Nel mio intervento di restyling del negozio Krizia in via della Spiga, ho avuto come controparte la stilista Mariuccia Mandelli, una donna molto intelligente e sensibile con cui è stato facile intendersi e decidere concretamente cosa fare. Abbiamo scelto di “sposare” il design internazionale utilizzando nomi come Niemeyer, Ingo Maurer, Ron Arad; perché questo è un momento in cui moda e design stanno andando di pari passo e c’è un’interessante fusione.

Un cammino parallelo sicuramente interessante; vuol dire che moda e design hanno nel costume una base comune?

Sì. La gente li ama entrambi perché s’identifica con le nuove tendenze. Io personalmente non seguo la moda come fenomeno autonomo. Oggi c’è molta libertà, non si è costretti a seguire anno per anno i nuovi canoni come succedeva una volta. Meglio ricordarsi che stiamo vivendo un periodo innovativo dove convivono varie tendenze con un grande rimescolamento, e non è il caso di cadere in esagerazioni. Per rinnovare il negozio Krizia ho fatto vari interventi: vetrine messe molto in avanti, maggior spazio in verticale al posto del soppalco, un nuovo tipo d’illuminazione. Ma quando dieci anni fa avevo progettato il negozio per la prima volta, l’avevo già concepito in forma di spazio aperto verso il pubblico, come poi è venuto di moda. Si tratta di uno spazio espositivo pensato per durare, dove le opere di design s‚inseriscono bene e nel tempo possono essere cambiate.

The design of a show room needs to take into account the requirements of its owner. Mariuccia Mandelli has been very clear and helpful in expressing her wishes. The decision has been to ‘marry’ international design using names such as Niemeyer, Ingo Maurer, and Ron Arad, because this is a period in which fashion and design are moving hand-in-hand to create an interesting fusion. The public enjoys both because it can identify with new trends. I do not consider fashion to be an automomous phenomenon. Today, there is a lot of freedom. We do not have to follow fashion as closely as we used to. It is worth remembering that this is an innovative
period in which various trends live together in one big melting pot. Refurbishment of the Krizia store involved putting the shop window much further forward, giving greater verticality instead of the gallery, and installing a new type of lighting. It is a versatile space that has been designed to last.

Giacomo Angelucci
progettista del negozio di Lorenzo Riva
stylist designer of the Lorenzo Riva store

Com’è stato il suo rapporto professionale col committente del negozio di via della Spiga?

Lorenzo Riva è una persona che definirei brillante, anche per come ha impostato il nostro rapporto. Mi ha dato carta bianca, totalmente, ma dopo avermi comunicato in modo indiretto il nocciolo vero della questione. Mi ha raccontato molto di quello che ha fatto, che ha intenzione di fare e mi ha mostrato alcune immagini delle sue creazioni. Tutto questo mi è bastato. Poi per un architetto ci sono anche altri imput di cui tenere conto, come l’evoluzione della tipologia del negozio di moda, la sua posizione nell’area, i suoi vincoli strutturali. Lorenzo Riva voleva uno spazio non indifferente ai capi che doveva contenere, che “collaborasse” attivamente come immagine creando un look totale di rilievo; senza prevaricare però, senza intervenire con colori e forme di eccessiva presenza. Per attenermi a queste indicazioni mi sono attenuto a forme semplici cercando in compenso di avvalermi di materiali nobili e possibilmente nuovi. Un altro criterio è stato quello della flessibilità: il negozio deve potersi cambiare nel tempo, ma in punti previsti, senza sconvolgere le strutture. Per quanto riguarda l’imperativo oggi di moda, l’accoglienza, lo spazio non permetteva più di tanto e d’altro lato nella sensibilità di Lorenzo Riva l’estroversione dello spazio non è il punto fondamentale; per cui si è fatta di necessità virtù e nello spazio dato ho cercato di realizzare un percorso interno sufficientemente libero perché chi entra non si senta psicologicamente costretto dal personale di vendita. Poi, siccome c’erano dei vani con dei vincoli statici, li abbiamo trasformati in veri “salottini di prova” molto eleganti, con semplici sedute in pelle bianca con borchie di acciaio, per coniugare la modernità con la storia. É un modo di giocare a livello subliminale con lo stato d’animo del cliente.

Lorenzo Riva gave me carte blanche only after having explained much of what he had already accomplished, and after telling me what his intentions were. An architect also needs to consider other inputs such as the evolution of the shop, its setting, and its structural limitations. Lorenzo Riva wanted the store and the clothes contained within to communicate a single coherent message. I acted accordingly and kept to simple forms which I compensated for by using elegant, possibly new, materials. As for the concept of creating a warm reception, an imperative of today’s fashion, the space available was somewhat limiting; nor was this of fundamental importance to Lorenzo Riva. Flexibility was another criterion. The shop has to be able to change without upsetting its structure. This I tried to put into effect by providing sufficient freedom to those entering the shop, without them feeling psychologically squeezed by the sales staff. Our intention has been to play around on a subliminal level with the client’s state of mind.

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