Introduzione alla storia


100MILA giardini di Sicilia

Che i giardini rappresentino l’incontro della storia con la natura dei luoghi è vero ovunque, ma soprattutto in Sicilia.

In Sicilia dove la storia è particolarmente antica e la natura quanto mai variabile per la presenza di differenti caratteri ambientali questo rapporto si dimostra vivo, secolo dopo secolo.
A determinarlo, con eccezionali risultati, concorrono la centralità mediterranea e l’attenzione, fonte di meraviglie artistiche, che la cultura vi ha dedicato. La prima ha visto giungere piante, tecniche, stili paesaggistici che l’isola ha amalgamato e ulteriormente diffuso; la seconda si è manifestata in pagine di illustre viaggiatori, opere di grande letteratura e pittura che nell’ immaginario hanno contribuito a rendere la Sicilia il “giardino d’Italia”, la terra dell’ eterna primavera.
In Sicilia sono addirittura presenti esempi dei giardini primigeni: recinti di pietra o di sterpi secche che proteggono dal vento, dal morso, dal furto, da sguardi indiscreti piante che insieme portano i caratteri dell’utilità e della bellezza, compresenza essenziale nel paesaggio mediterraneo. Trovare diretti contatti tra gli originari giardini sumeri del terzo millennio a.C. e gli odierni giardini panteschi è molto arduo se non riferendosi alla Sicilia come tappa fondamentale di quel processo di irradiamento di conoscenze che prese avvio nelle terre della Mezzaluna Fertile, al confine con le sponde
orientali del Mediterraneo, e che da lì è poi continuato lungo le sue coste. Più agevole è, invece, rintracciare in Sicilia i segni dei giardini classici. Questi, più che nelle risultanze dell’archeologia, si trovano ancora nel paesaggio
agrario tradizionale dove è possibile rinvenire le suggestioni del giardino più noto della cultura classica, quello di Alcinoo nell’Odissea. Un giardino promiscuo, policolturale parte di un mosaico paesaggistico i cui caratteri sono rintracciabili in quell’epigrafe del I a.C. che Emilio Sereni riporta nella “Storia del paesaggio agrario italiano”, trovata ad Halesa (l’odierna Tusa in provincia di Messina), nella quale “la regolarità geometrica del paesaggio agrario si frammenta, si sminuzza, si contorce…nella figurazione arbitraria di appezzamenti… regolari chiusi, dominato dalla necessità di proteggere
le culture arboree ed arbustive dal morso delle greggi e i loro frutti dai furti campestri”.

Giuseppe Barbera
È professore ordinario di Colture Arboree all’ Università di Palermo. Si occupa di alberi, sistemi e paesaggi agrari del Mediterraneo. Ha pubblicato numeroso lavori su riviste scientifiche nazionali e internazionali. Fra i libri si ricorda Ficodindia (L’ Epos), scritto con Paolo Inglese e menzione speciale al Premio Giardini Hanbury, Grinzane Cavour 2002. Premio che ha vinto nel 2007 con Tuttifrutti, Viaggio tra gli alberi mediterranei tra scienza e letteratura, Edizioni Oscar Mondadori. Nel 2009, per lo stesso editore, ha pubblicato “Abbracciare gli alberi. Mille buone ragioni per piantarli e difenderli” .
Per il FAI ha curato il recupero della Kolymbetra nella Valle dei Templi e del giardino Donnafugata a Pantelleria.

Il limite tra giardino produttivo e giardino ornamentale è incerto in Sicilia. Il giardino è sempre spazio multifunzionale: lo era in epoca greca il giardino della Kolymbetra (nelle parole di Diodoro Siculo una grande peschiera animata da piante, pesci ed uccelli che serviva come grande serbatoio, per l’allevamento di pesci, per abluzioni sacre, per evidenziare, attraverso il possesso e il controllo dell’acqua, la forza del potere). La Kolymbetra è oggi un giardino di agrumi, recuperato dal FAI e visitato ogni hanno da 25.000 persone paganti a dimostrare l’interesse verso il paesaggio e il giardino.
I caratteri dei giardini siciliani, alla costante ricerca della utilità e della bellezza, si definiscono ancora con maggiore nettezza nei parchi arabo – normanni, frutto dalla cultura islamica: spazi multifunzionali, vi si svolgono feste e spettacoli, si banchetta, si amoreggia. Hanno anche funzione di produzione agricola e di controllo e distribuzione dell’acqua, di osservazione botanica e agronomica; si esercita anche il piacere della caccia. Per usare parole di H. Bresc il giardino medievale palermitano viene sfruttato “per il reddito della frutta e per l’affitto della terra e dell’acqua, mentre il potere gode pienamente di una bellezza creata artificialmente, combinando il verde perenne, il rumore e la freschezza delle acque, l’illusione dello specchio d’acqua e i giochi permessi dalla sua navigabilità”. Sono luoghi dove “gli affari si
mischiano al piacere, alla scienza, alle arti” le nuove specie vi giungono come curiosità ornamentali o potenziali nuove colture e lì, una volta riconosciuto un interesse economico, vengono riprodotte e diffuse nelle campagne. Dopo mille anni è ancora possibile nel Parco della Favara ritrovare i caratteri di una buhaira e il suo recupero, purchè non si ripetano i clamorosi errori che hanno portato al parco “in stile” della Zisa, potrebbe essere una grande occasione per ritrovare una pagina di storia dei giardini che in Europa ha esempi solo in Spagna.

Latomie di Siracusa

A partire dal Cinquecento nascono in Sicilia giardini privati che confermano l’eccellenza del paesaggio isolano. Giardini rinascimentali e barocchi si trovano ormai in tutta la regione con stili e patrimoni vegetali che confermano la creatività isolana,nel rapporto sempre fecondo tra diversità naturalie culturali,che deriva dalla sua posizione geografica e dalla capacità di accogliere e mai respingere (fino ad un recente passato, almeno) saperi e nature che vengono da altri mondi. I giardini del Settecento e dell’Ottocento, seppure spesso resi omogenei dall’adesione successiva allo stile inglese, confermano la ricchezza dell’arte siciliana. E molti di essi, insieme alle ville pubbliche prevalentemente nate
nell’ Ottocento e anche esse abbondanti di flore particolari, in alcuni casi esclusive per l’Europa, e di suggestioni paesaggistiche ci pongono – ancora così frequenti nelle città e nelle campagne periurbane, ma spesso in degrado, mal gestiti, assaliti dalla lebbra dell’urbanizzazione- gli attuali e assillanti problemi della salvaguardia, del recupero, della valorizzazione. Si pone, quindi, il tema dell’affermazione in Sicilia di una cultura paesaggistica e giardiniera che ritrovi gli splendori della tradizione ma sia in grado di intervenire di fronte ai problemi posti dalla modernità: dall’aggressione
dell’asfalto e dal cemento, dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento, dalla diffusione di piante e insetti alieni, da stili di vita consumistici e venali.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)