Intervista a S.E.R. Mons. Giancarlo Vecerrica

Diretto da: Carlo Chenis
Periodico allegato a Chiesa Oggi architettura e comunicazione

INTERVISTA A MONS. GIANCARLO VECERRICA
La bellezza dove si incontrano i giovani

Mons. Giancarlo Vecerrica, Vescovo di Fabriano- Matelica, Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Camerino-S. Severino Marche.

Mons. Vecerrica, di recente Lei ha esortato a “educare alla bellezza cristiana” (“Avvenire”, 22 settembre 2006): bellezza di vita spirituale, dell’arte, del paesaggio. L’armonia del bello è, per sua natura, metafora di “disponibilità al dialogo, partecipazione attiva e sincera, gioia e ricchezza dello stare insieme”. A quali risorse estetiche
può attingere l’umanesimo cristiano, di fronte alle inquietanti sfide del tempo attuale?

Tutto si attinge all’esperienza cristiana. L’esperienza di Cristo è sorgente di bellezza e di felicità. Non è una strategia o un gusto estetico ciò di cui abbiamo bisogno, ma riscoprire, riscoprire la bellezza di Cristo, che è l’unica risposta
adeguata al bisogno di felicità.
Il popolo cristiano ha sempre trovato nella Chiesa questa immagine di bellezza, e perciò di verità, e quindi di felicità. L’allora Card. Ratzinger al Meeting di Rimini nel 1992 disse: “Non c’è cristianesimo senza sguardo alla bellezza, non quella apollinea e disincarnata, ma quella cristiana che come in Cristo traluce anche dalla sofferenza. Solo questa bellezza, sperimentata anche nella fattezza delle chiese e nella liturgia, è fonte di presenza sociale, di carità, di novità culturale”. E, ancora, voglio citare quanto Benedetto XVI ha affermato durante l’intervista alla Radio Vaticana, il 14 agosto 2005, prima di partire per Colonia, per incontrare giovani provenienti da tutto il mondo riuniti per la Giornata Mondiale della Gioventù: “Io, invece, vorrei far loro capire che essere sostenuti da un grande amore e da una rivelazione non è un fardello: ciò dà delle ali ed è bello essere cristiani. Questa esperienza dà ampiezza … la gioia di essere cristiani: è bello ed è anche giusto credere.” La bellezza della creazione, del paesaggio, dell’arte, l’armonia
del bello è una “confessio”, come dice S. Agostino, che invita a contemplare la bellezza alla sua fonte,“il Creatore del cielo e della Terra”. Mi piace sottolineare attraverso un esempio la verità di questa realtà: le chiese non sono
belle quando diventano solo dei “contenitori” e non un luogo in cui si incontra il “contenuto” (cfr. l’Enciclica Deus Caritas Est, n.1). Nella mia lettera pastorale: Diamo forma alla bellezza della vita cristiana (2006), ho scritto:“Il desiderio più
radicale di ciascuna persona, infatti, è sempre alla ricerca di un volto che segni la vita, che la cambi, che le dia un senso. In fondo sentiamo sempre che ci manca un volto nella nostra esistenza (è il grido del salmista: Sal 27[26], 8). La scrittura non ignora che non si può vedere Dio e rimanere vivi (Es.33,20-23). Eppure il Dio invisibile si fa trovare sul volto di Gesù. Non ci può essere un amore senza un volto”.

Nella foto: Mons. Giancarlo Vecerrica

Il suo slogan sulla bellezza estende ai giovani, oltre che ai sacerdoti, l’appello della Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II (1999). Ma in che misura l’arte e la bellezza possono entrare nello spazio oratoriale, tradizionale luogo di socializzazione giovanile?
I giovani cercano ciò che li costituisce, cercano la definizione della propria vita. Cercano ciò che è bello, buono e vero. Poi nella ricerca si perdono sia a causa del sentimento labile e sia, soprattutto, perché la società offre solo apparenza. Per l’attenzione e la permanenza sul “bello”, occorre l’educazione. Benedetto XVI, al Convegno Ecclesiale di Verona, ha posto questo tema al centro del suo magisteriale discorso: “In concreto, perché l’esperienza della fede e dell’amore
cristiano sia colta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona. Occorre preoccuparsi della formazione della sua intelligenza, senza trascurare quelle della sua libertà e capacità di amare”. L’oratorio, nella storia della Chiesa, in particolare da S. Filippo Neri, è stato sempre un luogo di educazione alla bellezza della vita cristiana per i giovani. Uno dei problemi della Chiesa di oggi è quello di creare “luoghi” per i giovani. Essi sono alla ricerca di ciò che più corrisponde al loro cuore, verità e bellezza, Gesù via – verità – vita, ma dentro la loro realtà, come possibilità di incontro oggi. L’incontro può accadere dovunque, in tutta la realtà giovanile, ma la Chiesa è chiamata ad offrire “luoghi educativi”, all’introduzione di Cristo nella realtà. L’oratorio non è uno schema o uno spazio neutro, ma un luogo “cristiano”, cioè bello, che suscita il desiderio d’incontrare l’Autore della bellezza. Allora è importante che sia, come ho cercato sempre di fare nel mio lungo sacerdozio speso tra i giovani, un luogo di incontro e di confronto con la cultura, di ascolto della musica, di cineforum, ecc. L’oratorio deve essere un vero laboratorio umano vivace ed attraente. Oggi la Chiesa è chiamata a rilanciare l’educazione
anche attraverso le strutture. Perciò, l’oratorio deve essere come una cattedrale, un luogo bello e gioioso. L’arte in genere, ma ancor più l’arte sacra, è, come amava definirla il Servo di Dio Giovanni Paolo II, “un formidabile strumento di catechesi”, un mezzo fondamentale per “rilanciare il messaggiouniversale della bellezza e della bontà” di cui sono assetati i giovani, in una cultura che si contraddistingue da un diluvio di immagini ba
nali e brutali. L’arte sacra, la
bellezza, racchiudono un forte potere di comunicazione. Nello spazio oratoriale dovrebbe trovare largo ambito la via “pulcritudinis”, prendendo proprio inizio dalle arti.

Le Marche accolsero nel tardo ‘500 la prima fondazione fuori di Roma dei Padri dell’Oratorio, a San Severino, cui seguì la fioritura seicentesca di congregazioni filippine, tanto utili per la formazione spirituale dei laici quanto i seminari di ispirazione carolina lo furono per il clero. La regione vanta, del resto, una buona tradizione di oratori parrocchiali e salesiani. Pare emblematica, in tal senso, la triade dei santi Filippo, Carlo Borromeo e Francesco di Sales nel quadro di Francesco Trevisani (1656-1746) conservato nel Museo Diocesano di Camerino.
E’ un grande dono per me oggi servire questa Chiesa di Camerino – S. Severino Marche. Una Chiesa ricca di storia e di santità, che ha avuto la gioia della prima fondazione filiale dei Padri dell’Oratorio a S. Severino, rispondendo ad un’esigenza prorompente dell’epoca, e che vide il formarsi di forme oratoriali bisognose di assistenza; proprio per animare una sorta di pre-oratorio, formatosi nel Monte di Pietà di S. Severino, giunsero quei Padri, stabilitisi
poi, fra il 1584 e il 1601, presso il Santuario della Madonna dei Lumi. Ma anche Camerino godette della presenza dei Padri dell’Oratorio. Nelle due città tuttora sono icona di questa presenza le due successive chiese filippine. In tante parti dell’Arcidiocesi si trovano raffigurazioni dei santi Filippo, Carlo Borromeo e Francesco di Sales, prova di una diffusa devozione tra il popolo e, nello stesso tempo, testimonianza di un prezioso ministero tra i giovani di tanti pastori che si ispiravano a quei santi.
I santi affascinano sempre di più. Oggi sono riproposti con sempre maggior forza ai fedeli. Lo ha fatto Benedetto XVI a Colonia, nell’Enciclica Deus Caritas Est, e a Verona, al Convegno Ecclesiale della Chiesa italiana. I santi sono icona della bellezza della vita cristiana, per la quale non c’è una tecnica, ma c’è un uomo che la vive nel dinamismo del cammino quotidiano. Ho sempre sentito l’importanza dell’esperienza del pellegrinaggio, come momento privilegiato nella vita del cristiano e in modo particolare dei giovani; per questo ho dato vita al pellegrinaggio “Macerata – Loreto” di fine anno scolastico. L’esperienza dell’oratorio deve comprendere anche la meta dei pellegrinaggi, che ricordano ad ogni uomo
che la vita cristiana è un cammino, un viaggio. La compagnia cristiana, alimentata nell’esperienza di oratorio, insegna a vivere, passo dopo passo, dietro a Colui che ci guida. Si cresce seguendo le persone che il Signore ci mette accanto e che sono i santi di ieri e di oggi. Il volto dell’amico più avanti ci persuade che il cammino è possibile anche per noi e ci fa
procedere più speditamente. I santi incontrati nell’esperienza dell’oratorio e del pellegrinaggio, sono le guide per tutti, in particolare per i giovani. Lo spazio dell’oratorio deve essere un luogo di vita e perciò di santità. La bellezza cristiana si deve vedere nei volti e nelle strutture. La tela del Trevisani potrebbe davvero oggi essere usata come manifesto programmatico dello spazio oratoriale: Filippo Neri, Carlo Borromeo e Francesco di Sales sono maestri di ricerca spirituale, di incontro e amore alla vera bellezza, di stupenda attenzione ai giovani.

S. Carlo incontra S. Filippo, Camerino, Cattedrale.
Francesco Trevisani (attr.), I santi Carlo Borromeo,
Francesco di Sales e Filippo Neri adorano il chiodo,
Camerino, Museo Diocesano, già nella chiesa di S. Carlo.

Alle problematiche della globalizzazione, che ha prodotto il paradosso di un corpo sociale disaggregato, può oggi lo spazio dell’oratorio trovare formule valide per un incontro tra culture e religioni diverse?
Se l’oratorio è luogo di vita bella, è possibile per tutti, credenti e non credenti. Parla al cuore umano, che è uguale in tutti. L’esperienza elementare o originale di ogni uomo è la stessa in tutti: in tutti c’è l’esigenza del vero, del bello e del buono. L’oratorio così può diventare il luogo più ecumenico e più aggregativo per giovani di tutte le culture e religioni.
Non serve alla convivenza appellarsi solo alla propria dottrina se non ci sono di mezzo un “io” e un “tu”. Concetti come “dialogo interreligioso” hanno senso se si trovano dentro il rapporto tra persone concrete. L’oratorio è un’esperienza straordinaria di vero incontro su cose vere della vita, come l’amore, le esigenze del cuore. E il cristianesimo diventa
confronto e arricchimento. Non diminuzione di identità, ma splendore di identità diventa ricchezza di vita, di esperienza. Rilanciamo i luoghi di esperienza umana. Gesù è venuto per creare una umanità più bella. Di fronte alla bellezza dello stare insieme cessa ogni rigidità o paura, e fiorisce l’amore alla bellezza. Ritorniamo all’esperienza autentica, che ci fa paragonare con tutto e con tutti.

Cristiano Marchegiani

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