In campagna a 10 minuti da Milano

Servizio di: Walter Pagliero
Foto di:Athos Lecce

Un rifugio per rilassarsi

Sonia Balestra Orlando e sua figlia Sarah sono due personaggi sempre presenti nella Milano che conta, ma soprattutto sono due inarrivabili professioniste della ristorazione, in particolare del banqueting, cioè dell’arte di far banchettare nel miglior modo possibile in qualsiasi posto venga in mente. E’ un’arte dell’effimero, ma i suoi frutti sono molto ricercati e spesso indimenticati. In questo ramo non le supera nessuno, perché l’albero genealogico delle due signore ha profonde radici nella grande tradizione alberghiera e di ristoranti della Svizzera sia italiana che tedesca. Le incontro nella nuova abitazione della madre in un’antica cascina ristrutturata.
Quali sono le ragioni che l’hanno portata a questa scelta abitativa?
Prima stavo in centro a Milano, adesso preferisco abitare in una campagna vicina alla città: mi trovo a pochi minuti dalla sede della nostra ditta a Peschiera Borromeo e a dodici chilometri da tutto quello che prima avevo intorno, compreso mia figlia Sarah che ha voluto essere indipendente e “cittadina”.
Cosa mi ha spinto? Il bisogno di tranquillità, non ne potevo più di rumori, caos e mancanza di verde. Quando fa caldo
in campagna ci sono sempre alcuni gradi in meno e si respira; di notte si dorme tranquillamente senza aria condizionata; i miei cani qui sono felicissimi. Per quanto riguarda l’architettura, si tratta di un’antica cascina con diverse costruzioni annesse tra cui una cappella gentilizia. Non ci si sente isolati, ma in una piccola, riservata comunità. Volevo soprattutto avere spazio, e su tre piani ne abbiamo a volontà. Per i mobili ho mantenuto quelli che avevo, un po’ provenienti dalla mia famiglia (come l’armadio dipinto dell’Appenzell datato 1737), un po’ acquistati durante i miei viaggi. L’importante era rimanere vicino all’azienda, in un momento in cui stiamo cercando di fare un passaggio generazionale da madre a figlia. A questo punto è necessario sapere qualcosa di più dalla figlia Sarah.
Quale rapporto ha avuto da piccola col lavoro di sua madre?
Un rapporto di odio-amore, perché quando aveva il ristorante (Soti’s in via Pietro Calvi) la maggior parte del tempo la dedicava al suo lavoro e io mi sentivo ovviamente trascurata, anche se non era così. La mia preparazione scolastica ha avuto un carattere più generale: ho frequentato il liceo linguistico svizzero, poi mi sono laureata in scienze della comunicazione e relazioni pubbliche. Ho iniziato subito a lavorare per un’azienda della moda che trattava tra l’altro le
collezioni di Antonio Marras, mi occupavo dello show-room e della clientela europea. Ho viaggiato molto, ho approfondito la mia conoscenza delle lingue, ho fatto esperienza di rapporti commerciali; poi ho deciso di tornare a casa con la mamma, per continuare una tradizione che risale ai nonni e anche per avere qualcosa di proprio. Non era giusto rinunciare a quel che faticosamente era stato costruito.

Delle due titolari della Soti’s, la nota ditta di banqueting, la madre ha preferito la campagna, la figlia il centro città;
Sonia ha oggetti della memoria, Sarah no.

Oltre che organizzatori, i suoi nonni erano cuochi?
Sicuramente. Anche mia madre è una bravissima cuoca, ma non ha più una gran voglia di cucinare. Da lei io ho imparato a mangiar bene e a conoscere i segreti della cucina, e quando giudico le capacità di uno chef io sono ancora più rigorosa (lei dice che sono pignola), anche se non mi posso considerare uno chef in prima persona.
Cosa le piace di questo lavoro?
Tutto. E’ come quando ero nello showroom di moda; non si tratta di un lavoro d’ufficio ma di un insieme di attività diverse: andare in giro per le relazioni pubbliche, contattare i clienti, concordare i menu, essere presenti durante i servizi, controllare il personale, eccetera. Sono innumerevoli le cose che bisogna fare; il momento più bello è quando vedi che tutto quel che si era progettato si realizza alla perfezione, facendo meravigliare lo stesso cliente. La nostra
clientela è molto esigente, alcuni sono clienti internazionali: per esempio la figlia dell’ex presidente dell’Argentina Menem ha voluto noi per il banchetto di nozze e ogni anno il nostro chef va a Dubai per le riunioni del Fondo Monetario.
A lei piacciono i meccanismi che funzionano bene anche per il servizio?
Soprattutto per la qualità del servizio, secondo la tradizione alberghiera svizzera (in pratica mia madre, che negli anni ha selezionato una squadra veramente ai massimi livelli). Nel banqueting il servizio deve essere insieme impeccabile e di grande cortesia, meglio se con qualche tratto di simpatia.
Non la spaventa l’idea di prendere in mano un’attività così complessa?
No, perché ci sono nata. E ho un giro di conoscenze, fatte durante la mia precedente attività, che mi segue e mi appoggia; è una clientela giovane che si aggiunge a quella più istituzionale di mia madre (banche, grandi aziende, il mondo politico). Poi, quando mia madre vorrà smettere, so che per me il lavoro raddoppierà.

Secondo Sonia Balestra in questo momento la classica cucina regionale italiana è la più amata, ma anche quella giapponese gode di forti simpatie. “Siamo in grado di fare le maggiori cucine internazionali e se ci chiedono cose per noi
nuove, ci documentiamo e le facciamo. I condizionamenti vengono dal
posto: occorre fare prima un sopralluogo per vedere come si può cucinare (se col gas, con l’elettrico o con la legna) e conoscendo i fornelli si studia poi un menù. Molti piatti risultano eccellenti solo se si possono cucinare con un certo tipo di calore.” Qual è il segreto di un buon pranzo? “Dipende dai gusti delle persone e dalle mode. Al primo posto, importantissima, c’è sempre la qualità delle
materie prime; poi la maniera di cucinarle e di presentarle. Altrettanto importante è la scelta dei vini da accompagnare
alle varie portate. Da un punto di vista visivo l’apparecchio dei tavoli deve essere molto curato, come anche l’addobbo
della sala quando è il caso, per ogni tipo di evento sia aziendale che privato.”

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