Il verde nelle aree urbane

Premessa
Il ‘verde’ delle aree urbane viene considerato, soprattutto in questi ultimi tempi, un elemento strategico per migliorare la qualità del paesaggio urbano e la qualità della vita dei cittadini, che sentono il bisogno di disporre di ‘oasi’ all’interno delle città, dove poter riposare, ritemprare lo spirito, leggere, passeggiare, fare sport e attività sociali.
Un altro suo ruolo fondamentale, che viene scarsamente posto in evidenza, è la diminuzione dell’inquinamento dell’aria e del suolo; la prima grazie all’attività fotosintetica delle piante che sottraggono anidride carbonica dall’atmosfera e vi rigenerano ossigeno; la seconda grazie ai meccanismi di assorbimento che permettono di abbattere i valori di molte sostanze inquinanti (composti di piombo, polveri sottili …).
A ciò si aggiunga il grande valore che il verde assume dal punto di vista culturale e ambientale, con la presenza di parchi antichi, giardini storici, boschi urbani, singoli esemplari arborei considerati dei veri e propri monumenti naturali che, nel loro insieme, costituiscono un motivo di forte interesse e attrazione per visitatori e turisti.
Molte altre sono le funzioni del verde in ambito cittadino, tra queste ci limitiamo a ricordare quella di mitigazione degli impatti sonori e visivi (conseguenti alla realizzazione di infrastrutture) e a sottolineare che le piante vengono pure impiegate come materiali viventi per interventi di ingegneria naturalistica che vengono attuati anche nel contesto urbano.

Le specie da utilizzare
In passato gli insediamenti urbani venivano costruiti con materiali provenienti dai territori limitrofi alle città, realizzando infrastrutture che si inserivano in maniera non impattante con il contesto ambientale che le circondava. Il patrimonio architettonico, così realizzato, è oggi più che mai apprezzato tanto che sono state emanate numerose norme rivolte alla tutela e al mantenimento delle caratteristiche di tutti i centri antichi. Lo stesso criterio veniva praticato anche per il verde urbano, la cui realizzazione veniva effettuata con essenze autoctone reperite dai territori vicini (boschi naturali, scarpate e bordi delle strade, aree perifluviali …), contribuendo a rendere più graduale e armonico l’inserimento degli ambienti costruiti rispetto alle caratteristiche naturali dei territori circostanti.
Negli ultimi decenni invece la scelta delle essenze è stata basata su criteri diversi quali: la reperibilità sul mercato, la convenienza economica, la rapidità di accrescimento, il valore estetico. In alcuni casi si è voluto mostrare il maggiore assortimento di specie possibile, con il risultato di un’accozzaglia di essenze senza alcuna omogeneità o collegamento fitogeografico tra loro.
Poca importanza è stata data invece alla autoctonia delle specie e alla corrispondenza con le tipologie floristico-vegetazionali dei territori naturali e seminaturali adiacenti; con il risultato di un tipo di verde anonimo e privo di identità. Addirittura, fino a qualche anno fa, venivano privilegiate le essenze esotiche per un fatto di novità e perché potevano creare effetti ornamentali di tipo nuovo e diverso, senza porsi il problema che queste potevano essere più esposte a fitopatologie rispetto alle specie autoctone. Queste ultime al contrario, proprio perché presenti allo stato spontaneo, venivano per lo più relegate ad utilizzazioni di tipo pratico quali: travi, pali di sostegno, biomassa a fini energetici (carbonella, legna da ardere) …
In molti casi le essenze esotiche hanno trovato condizioni di attecchimento tanto vantaggiose da diventare poi infestanti per la flora italiana, come la robinia (Robinia pseudo-acacia) e l’ailanto (Ailanthus altissima) (fig. 1), che si sono naturalizzate ed hanno colonizzato in maniera massiccia vasti ambienti del nostro territorio.
Le specie esotiche, come Phoenix canariensis e altri tipi di palme, sono diventate nettamente prevalenti come nel caso delle città litoranee.Ad esempio la città di San Benedetto del Tronto è ornata da una presenza redominante di queste essenze che la caratterizzano al punto da renderla famosa come ‘la città delle palme’. Nel caso specifico l’effetto ornamentale di queste specie è indiscutibile, ma durante l’inverno esse necessitano di particolari protezioni, perché debbono sottostare a condizioni climatiche più rigide rispetto ai luoghi di origine.
Inoltre in questi ultimi tempi sono sottoposte al grave rischio del ‘punteruolo rosso delle palme’ (Rhynchophorus ferrugineus); un coleottero curculionide molto dannoso, che vive all’interno della palma, in cui compie interamente il proprio ciclo vitale e si sposta in una nuova palma solo quando ha distrutto la vita di quella in cui si trovava. Questo coleottero, comparso per la prima volta in Europa (Spagna) nel 1994, è stato segnalato in Italia nel 2005 ed ha creato gravissimi problemi alle palme di alcune aree litoranee come quella di Sabaudia; ultimamente sta creando problemi seri anche a San Benedetto del Tronto.
Nei parchi è di uso abbastanza ricorrente l’Acer negundo, originario del Nord America; mentre sono molto meno utilizzati gli aceri spontanei come l’acero campestre (Acer campestre) (fig. 2), l’acero minore (A. monspessulanum), l’acero di monte (A. pseudoplatanus), l’acero riccio (A. platanoides), che senz’altro sono da preferire riguardo al loro effetto ornamentale.
Hanno fatto eccezione alcune specie autoctone, quali il leccio (Quercus ilex) (fig. 3), l’alaterno (Rhamnus alaternus), l’alloro (Laurus nobilis), il bosso (Buxus sempervirens), il viburno tino (Viburnum tinus), il ligustro (Ligustrum vulgare), il corbezzolo (Arbutus unedo), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), che sono state utilizzate soprattutto in parchi e giardini di antica tradizione, per il loro portamento elegante e per il fatto di essere sempreverdi. A questo proposito è opportuno ricordare che, tranne l’agrifoglio, si tratta di essenze della macchia mediterranea che oltre a produrre un ottimo effetto ornamentale, sono di norma meno soggette all’attacco di fitopatologie, rispetto alle esotiche.
Riguardo al leccio, la specie è molto diffusa nelle Marche e in alcuni casi costituisce filari monospecifici ai bordi delle vie delle città costiere e basso collinari (Ancona, Porto Civitanova, S. Benedetto, Senigallia, Osimo), spingendosi anche nelle colline dell’entroterra come nei giardini della Rocca di Camerino (650 m di quota).
Sempre nelle Marche, in passato, per formare siepi, venivano adoperati arbusti autoctoni sempreverdi come l’alloro, il bosso, il viburno tino, il ligustro, l’alaterno. Attualmente questi sembrano essere in disuso, avendo lasciato il posto a specie come il lauroceraso (Prunus laurocerasus) o il Cupressocyparis leylandii.
Un buon esempio di arredo con entità autoctone si può osservare ad Ancona nella piazza Diaz, contornata da una doppia fila di esemplari di alberi di Giuda (Cercis siliquastrum) (fig. 4), le cui ridotte dimensioni non hanno indotto ad effettuare potature eccessive, facendone risultare un insieme armonioso e naturaliforme.
In varie città umbro-marchigiane, sono abbastanza frequenti degli esemplari secolari e ultrasecolari di quercia (Quercus pubescens), testimoni delle preesistenti destinazioni d’uso di tipo agricolo, che con l’espansione dei centri abitati, sono venuti a trovarsi all’interno di quartieri di nuova costruzione. La loro presenza, grazie anche alla legge che ne dispone la tutela, è molto importante perché ha favorito il raccordo tra il paesaggio rurale e quello urbano, rendendo più graduale il passaggio tra le due realtà.
Le entità autoctone sono da preferire per la realizzazione del verde ornamentale perché, oltre ad essere più armoniche con ilpaesaggio extraurbano, presentano caratteristiche più idonee per le condizioni ecologiche esistenti, e perché possono svolgere una funzione didattico-educa
tiva, dal momento che ci aiutano a conoscere e apprezzare il patrimonio vegetale del territorio di appartenenza e a far maturare una maggiore sensibilità verso le problematiche dell’ambiente in genere.
Bisogna riconoscere però che, in questi ultimissimi anni, numerose amministrazioni hanno nuovamente posto attenzione a queste essenze per l’allestimento del verde ornamentale e, in molti casi, ne prescrivono l’utilizzo.
Alcune iniziative in atto nelle Marche Nella Provincia di Macerata alcuni Comuni, con quello di Macerata (capofila), hanno aderito al progetto denominato ‘Verde in rete’ che si
pone l’obbiettivo di perseguire gli scopi specificati nel capitoli precedenti ed altre finalità collegate al verde.
Questa iniziativa è nata sulla base degli input emersi da due eventi di grande rilievo che si svolgono annualmente nel territorio della Provincia di Macerata:
 ‘La Fiera del Verde’, organizzata dalla Pro Loco di Villa Potenza, dal Comune e dalla Provincia di Macerata;
 l’evento ‘Herbaria’, organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata.
Il progetto ‘Verde in rete’ prevede tutta una serie di azioni e attività:
 identificazione e classificazione tipologica del verde urbano (giardini storici, parchi urbani, viali alberati, alberi secolari …);
 identificazione e catalogazione delle aree verdi, collocabili in itinerari tematici di tipo storico-culturale e naturalistico e loro collegamento con eventi o luoghi di interesse;
 costituzione di una banca dati interattiva del verde e degli aspetti correlati e/o correlabili;
 messa in rete delle informazioni;
 formazione e aggiornamento di figure professionali di settore;
 promozione delle iniziative e delle attività connesse;
 creazione di modelli progettuali atti a fornire una visione complessiva e aggiornata dello stato del verde e ad indicare le modalità tecniche per una efficiente manutenzione; definizione delle procedure per le attività di raccolta dati (ad es. interventi effettuati e programmati, disponibilità di materiali vivi per manifestazioni ed eventi, con possibilità di interscambio tra le varie città; creazione di carte tematiche e sovrapposizione dei vari tematismi);
 sensibilizzazione e coinvolgimento di altri Enti e soggetti operanti nel territorio (iniziative con Enti Parco, Riserve naturali, Scuole, Pro Loco …);
 assistenza tecnica per il corretto funzionamento del sistema.

I sostenitori del progetto sono convinti che migliorare la qualità del verde urbano e diffondere la cultura del verde, non significa solo mostrare una bella immagine della propria città, ma significa anche realizzare un sistema integrato e sinergico di informazioni e di iniziative che ne ottimizzino la fruizione e permettano di armonizzare le varie attività che vengono intraprese da singoli Comuni, o da varie organizzazioni, anche in relazione al miglioramento del sistema di accoglienza (turistica), integrato con gli eventi e le altre risorse della città.

Conclusioni
Perché il verde urbano possa essere funzionale a quanto sopra esposto, è necessario che sia progettato e strutturato in maniera da richiedere una gestione abbastanza facile e sostenibile rispetto alle caratteristiche pedoclimatiche del sito, alle risorse economiche, alla disponibilità ed al grado di professionalità del personale.
Una maggiore sensibilità nei confronti del verde richiede anche la formazione di operatori preparati ad affrontare le tematiche riguardanti la sua gestione, e collaborazioni e sinergie tra gli operatori dei vari Enti interessati.
Con la creazione infine di percorsi, collegabili ad altri eventi e tematismi organizzati dalle città, il verde urbano potrà anche svolgere una funzione sociale e ricreativa, non limitandosi ad una fruizione fine a se stessa.
Come è stato già detto, la scelta delle essenze non dovrebbe prescindere dalle tipologie esistenti negli ambienti naturali o seminaturali limitrofi (fig. 5) e dovrebbe essere commisurata agli spazi realmente disponibili in relazione alle dimensioni che le varie specie possono raggiungere allo stato adulto. Ciò potrebbe tra l’altro evitare o quanto meno limitare, quei deprecabili interventi di potatura e capitozzatura (fig. 6), che invece risultano ricorrenti in moltissime realtà cittadine.
Un verde bene strutturato e aderente alle caratteristiche dell’ambiente naturale, potrà svolgere anche una importante funzione educativa: con il riconoscimento delle specie fitogeograficamente più interessanti, con la identificazione delle tipologie di verde presente in ambito urbano (giardini storici, parchi urbani, boschi urbani, viali alberati, alberi secolari …), e con la possibilità di effettuare una ‘lettura’ del paesaggio extraurbano, elemento fondamentale per accrescere la consapevolezza dei cittadini sullo stato dell’ambiente in un contesto più generale.

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