Elemento architettonico che demarca con forza un confine tra due luoghi, il portico in antichità era spesso usato per delimitare i sagrati. Il suo uso in tal senso è venuto a cadere con il diffondersi del cristianesimo in epoca medievale. Ma oggi, nel contesto della civiltà “secolarizzata” può ritrovare la sua antica funzione: lo sostiene in quest’intervista Sandro Benedetti, storico dell’architettura e progettista di chiese.
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Davanti a due tra le chiese che ha progettato, ha posto un quadriportico, come si usava nell’antichità. Come mai questa scelta? Il sagrato è di per sé uno spazio che fa da filtro tra la città e il luogo di culto. Un luogo di passaggio e di sosta prima di accedere alla celebrazione o dopo la stessa. Ora, anche nel progettare una chiesa nuova, prendo in considerazione il modo in cui si è caratterizzata nel tempo. Nell’ambito della evoluzione della chiesa, anche il sagrato – lo spazio della mediazione – è cambiato. Nel corso dei primi secoli comparve il quadriportico. |
Perché? L’edificio cristiano sorgeva entro una città in prevalenza non cristiana. Il quadriportico costituiva un limite netto, un elemento di protezione. Successivamente, in epoca medievale, scompare: perché la società si è ormai cristianizzata, anzi, è pervasa di religiosità. Conseguentemente lo spazio di mediazione perde importanza: non se ne sente più la necessità. Oggi siamo tornati a vivere città che sono in gran parte non avverse al cristianesimo, ma lontane da questo; ci troviamo in una condizione che potremmo definire “acristiana”. Di qui il risorgere dell’interesse per questo spazio intermedio. Un luogo di passaggio che funga da ponte tra il mondo civile laico e il luogo di preghiera liturgica. Nelle chiese che ho progettato, ho posto il sagrato: per questo scopo precipuo di mediazione. Tuttavia le soluzioni trovate sono state diverse.
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Chiesa di Sant’Alberto Magno a Roma;
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Chiesa di Cava di Selci in Marino (Roma);
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Le può spiegare? La chiesa di Cava di Selci è risolta come edificio elevato rispetto all’intorno urbano; il sagrato quindi si distacca rispetto a quanto lo attornia, innanzitutto per questo suo essere elevato. I casi della chiesa di Sant’Alberto Magno e della chiesa dei Santi Gioacchino e Anna sono diversi: si trovano in un contesto aperto. Di qui la necessità di riproporre il quadriportico come elemento per definire il luogo. Il porticato diventa una traccia, un diaframma che racchiude, protegge e consente anche di svolgere celebrazioni all’aperto. La chiesa di Setteville si trova a una certa distanza dall’abitato: qui il sagrato diventa anche elemento di connessione col borgo. Ed è ricco di sedute, che consentono un’ambiente colloquiale, adatto alla sosta, un luogo dove riconoscersi, incontrarsi e dialogare. Nella chiesa del santuario di San Francesco da Paola non c’è quadriportico: il sito già di per sé si è costituito in luogo pervaso della testimonianza della fede. Ed era già dotato di un ampio piazzale. Queste condizioni e la limitatezza dello spazio disponibile hanno suggerito di realizzare un sagrato che fosse anzitutto segno: ecco quindi la scalinata che pone in rilievo la presenza della porta, elemento significativo, dal grande potere evocatore. Rimanda alla figura del santo, del mediatore tra l’uomo e Cristo.
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Santuario di San Francesco di Paola a Paola (Cosenza);
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Chiesa di Santa Maria a Setteville di Guidonia (Roma).
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Quali gli elementi che ritiene caratteristici del sagrato in generale? Il sagrato può variamente articolarsi. L’aspetto fondamentale è il suo essere momento di pausa. Perché il passaggio è importante, tra l’ambiente laico e quello religioso. Un passaggio che va sottolineato e che richiede preparazione, da parte dei fedeli. Un luogo di preparazione psicologica all’ingresso in chiesa. A Milano vi sono alcune chiese nuove in zone di periferia dove questo tema è stato risolto molto bene: penso alla nuova chiesa di Cesano Boscone, dell’architetto Mauro Galantino e alla nuova chiesa di San Romano al quartiere Gallaratese, a Milano di G. D’Ardia: permettono un distacco graduale dalla vita della città, un ingresso preparato nello spazio della preghiera. La gradualità del passaggio è la cosa essenziale. Del resto, anche per l’accesso alle nostre case vi sono spazi che consentono passaggi graduali: l’androne, il pianerottolo, ecc. E’ raro trovare ambienti ai quali si acceda direttamente dalla strada. Tanto più importante appare quindi la presenza del luogo di passaggio e di preparazione nel caso della chiesa, che è casa comune ma che richiede un atteggiamento psicologico particolare. Come la preghiera richiede un distacco dalle attività quotidiane, la chiesa richiede un momento di cesura rispetto al resto della città.
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