Il Progetto tra funzione e necessità

La Sostenibilità: una nuova religione?
Per qualche migliaio d’anni l’avventura dell’architettura è stata impensabile senza la religione, sia per motivi economici, di committenza come pure, e soprattutto, per motivi epistemologici; Dio è il ‘sommo architetto’ e a lui, o meglio alle sue opere, ci si ispira, perché lì risiedono la Perfezione e il Senso.
Tafuri – a proposito di Kahn e dei suoi adepti – parlava di sacerdoti senza religione, riferendosi al maestro e al cripticismo ispirato dei suoi scritti, ma soprattutto ai suoi paludati discepoli, dall’atteggiamento ispirato e vagamente arrogante, che faceva dell’architettura e soprattutto degli architetti degli eletti, anche se in sostanza orfani di una qualunque missione, soprattutto di quella di esercizio critico nei confronti della Realtà.
Sempre Tafuri – sia pure con ben altri toni, parlando di Taut e Scheerbart e dell’architettura di vetro – definisce la ‘vocazione messianica’ dell’architettura, per cui oltre alla molto scenografica Alpine Architektur anche la torre di vetro della Friedrichstrasse a Berlino di Mies diventa la buona novella dei tempi nuovi che verranno, e che porteranno conforto alla gente delusa e prostrata dalla fame e dalla miseria, e sostituirà ai valori della società occidentale, mortificati dalla guerra e dalla distruzione, un mondo nuovo, di trasparenze cristalline e di montagne iridescenti.
I toni profetici e l’enfasi sul ruolo salvifico dell’architettura attraversano tutto il Movimento Moderno e trovano in Le Corbusier un nuovo profeta. Il grande demiurgo predica il culto della macchina, il verbo di Descartes, la fiducia nella Ratio e nella Geometria, che insieme alle grandi infrastrutture del XX secolo risolveranno le contraddizioni dell’umanità, partendo a dire il vero con molta concretezza e umiltà dal miglioramento della vita della gente. Per prima cosa le case si faranno più salubri, meglio attrezzate e più dignitose nelle dimensioni, con le ruspe si demoliranno i centri storici, a Berlino le Mietskasernen con i loro locali umidi e insani, sottodimensionati, e male illuminati.
Con la postmodernità si perde un po’ di fede nel metodo delle ruspe missionarie, ma soprattutto la condivisione del credo Modernista, o in chiave più laica in quello che la retorica post-ideologica definisce, appropriandose indebitamente, il ‘grande racconto’. Si fanno strada, credi apocrifi, fedi fatte in casa (scuole), ma che a volte mantengono il metodo postulatorio e la vocazione all’infallibilità proprie dell’ortodossia.
Le scuole di architetture anche italiane non si sottraggono a questo destino. L’interpretazione dell’architettura è anche weltanschaung, modo di essere e a volte di vestirsi e di atteggiarsi, con Dio che risiede nei dettagli, ma probabilmente anche nella rotondità degli occhiali di Le Corbusier e Philipp Johnson o nelle camicie e giacche nere molto esistenzialiste e per niente ‘avanguardiste’ degli architetti tedeschi.
In questo momento viviamo una fase a dire il vero un po’ ereticobabilonica dell’architettura, torri sempre più alte a competere a solleticare il padreterno e a intimidire le sue creature con la vertigine e lo stupore. Se non ci fosse il consenso dell’establishment sulla ricerca formale dell’architettura contemporanea, che si fa chiamare senza pudore ‘spettacolarizzazione’, con questa produzione, nella sostanza un po’ asettica e in odor di marketing, la ricerca apparirebbe nuda per quello che è: una produzione un po’ inquieta di forme e figure altrettanto inquietanti, espressione di un ipersoggettivismo surrelista con cui nolens volens vengono evocate e prendono corpo paure e incertezze collettive.
Che questa Babilonia assomigli anche un po’ a Sodoma, luogo di piaceri ed emozioni estreme e sconsiderate, non sorprende i predicatori della nuova fede sulla Sostenibilità. D’altro canto i richiami al rigore e alla responsabiltà, per quanto poco minacciosi e ragionevoli, non possono che risultare un po’ pedanti, anche e forse proprio perchè si stagliano su uno sfondo molto minaccioso a cui ci stiamo avvicinando, colpa di una buona dose di irragionevolezza, e di un’ennesima voglia di cavalcata verso l’abisso.
Tanto più il richiamo è pacato, tanto più viene distorto da quello che si intravede sullo sfondo.La ‘missione’ della Sostenibilità
Probabilmente la ‘missione’ della Sostenibilità da cui è disonesto pensare non dipenda la nostra vita a venire, è e rimarrà, espressione di una visione laica e calata nella storia, e anche se questo non la preserva e non la preserverà da qualche infiammato ardore mistico, e ovviamente dall’interesse del mercato (che a volte sottrae lucidità al giudizio), forse si possono dormire sonni tranquilli.
C’è da augurarsi che la ‘missione’ della Sostenibilità riesca a ricompattare sforzi e energie con pari determinazione e successo di quelli della stagione eroica del Moderno, indicando esigenze e obiettivi comuni, rivalendosi del suo ruolo critico nei confronti della realtà, sensibilizzando il dibattito internazionale (cosa che ha già fatto) e tracciando la strada da percorrere (cosa che sta cominciando a fare).
A favore di questa prospettiva sta la semplicità del suo nucleo ‘teologico’ e una liturgia semplificata; all’apparenza a suo sfavore invece sta l’inesistenza di un linguaggio condiviso e di un corredo pertinente di simboli. Ma è proprio questo connubio insolito tra comunione d’intenti (molto precisi) e eterogeneità e frammentazione di processi e manifestazioni che può aiutare la missione della Sostenibilità a scongiurare il pericolo dell’ortodossia o del rifugio nello scetticismo o nella rinuncia.

Progetti
I progetti illustrati in queste pagine, che solo casualmente sono due edifici di culto, sono testimonianze di una ricerca sullo spazio pubblico che il nostro studio conduce da anni, argomento per fortuna rientrato nel dibattito architettonico a pieno titolo sotto il cappello autorevole della Sostenibilità, e presentato in questa veste nella dichiarazione dell’UIA del Cop 15 a Copenhagen.
Secondo quest’autorevole fonte, compito dell’architetto è di misurare la sostenibilità non solo sul rispetto dei requisiti energetico-prestazionali, bensì applicando parametri (per fortuna) più vicini alla complessitá e necessità del progetto.
Nei due progetti lo spazio pubblico è uno spazio filtro: nel caso della Chiesa ortodossa di Skopje viene declinato in uno spazio protetto come fosse una loggia o un portico, con un rivestimento di facciata porosa, uno spazio che cede ombra e frescura; nel caso della sinagoga di Potsdam in una scala generosa e un cortile a cielo aperto a disposizione della collettività.
In entrambi i casi, ai progetti era richiesto di soddisfare requisiti energetico-prestazionali molto rigorosi, senza rinunciare a una certa autonomia di linguaggio (priva di qualsiasi apparente suggestione tecnologica), ricorrendo a intuizioni tutte interne alla disciplina, come l’organizzazione climatica a cipolla, con una zonizzazione dello spazio in zone riscaldate e non, e cercando una sintesi tra prestazioni dei materiali e loro qualità espressive. In sostanza cercando di progettare documentando una non accessoria produzione di ‘senso’ che accompagna con costanza le scelte compositive ed espressive.

Decalogo
Per finire, un decalogo sulla sostenibilità architettonica a prevenire equivoci sulla laicità degli intenti dell’autore:
1. Usa i materiali naturali, quelli reperibili vicini a dove intendi costruire, che non costi fatica trasportare, che si possano riciclare o riutilizzare, senza troppa fatica e dispendio di energie.
2. Non disperdere l’acqua piovana, fanne tesoro, usala o conservala.
3. Riscalda te e la tua casa al sole, ma quando serve proteggiti da lui.
4. Ricordati di essere parte
di una comunità e di avere dei doveri nei suoi confronti, come quello di dedicargli spazi dove ci si incontri ci si riunisca e si stia insieme, e che questi siano belli e aperti a tutti.
5. Ricordati di non sprecare la terra su cui costruisci, che è una ed è di tutti.
6. Ricordati che progettare non è un fatto privato, da consumarsi in solitudine, ma è un atto di responsabilità rispetto alla cultura di cui sei espressione, la società di cui sei parte e la terra, che ormai non ne può più delle tue misfatte.
7. Non pensare solo alle case e al volere dei ricchi e dei potenti, ma fai in modo che tutti abbiano una casa decente e dignitosa soprattutto per chi vive e vivrà nelle Megalopoli. Aiutali/ci a progettarla e a consigliare e guidare la mano a chi ha il potere di deciderlo.
8. Usa la tecnica per quello che è un mezzo e non un fine.
9. Non pensare solo in quantità. Ricorda che non tutto è misurabile.
10. Fai che siano il vento, la terra, il sole, l’acqua e l’aria a darci energia pulita per riscaldare e raffreddare le nostre case e non più il petrolio, l’atomo, la nafta e il kerosene.

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