Dopo anni di oblio, si riscopre che il fuoco di legna non solo è bello e mette allegria, ma che è anche economicamente ed ecologicamente valido. Anche se in campana e in montagna non si è mai smesso di scaldare le case (e anche i bar, i ristoranti, le chiese etc) con apparecchi a legna, c’è stato un lungo periodo in cui tale sistema sembrava del tutto abbandonato e trascurabile, il retaggio di un passato che appariva remoto. Ma da qualche anno a questa parte, da quando ci si è resi conto che la dipendenza dal petrolio (o dal carbone in minor parte) e quindi dagli umori dei paesi stranieri produttori ci metteva in balia di fattori imprevedibili, che comunque il consumare combustibili fossili, e per ciò stesso destinati ad esaurirsi prima o poi, era andare insensatamente verso il baratro della crisi energetica definitiva, che la legna è una risorsa rinnovabile con un attento programma di riforestazione (come ormai da decenni si sta facendo ovunque si taglino alberi), che la legna ha un ciclo ecologicamente neutro (restituisce l’energia che ha accumulato e anche l’anidride carbonica nei fumi è quella che l’albero emetterebbe decomponendosi), che il suo costo è molto competitivo con gli altri combustibili e che in più lo sfruttamento dei boschi contribuisce ad evitare l’abbandono delle montagne, il riscaldamento a legna si è diffuso con un ritmo inaspettato. A queste motivazioni “razionali” e in un certo senso “fredde” si accompagnano quelle, non meno importanti, “emotive” e “calde”: il piacere estetico dello spettacolo, sempre vario, del guizzare delle fiamme, la sensazione impagabile del caldo tepore sulla pelle, il colore da tramonto tropicale che permea tutti gli ambienti dove c’è un fuoco di legna e che accende di sensualità i visi…
(R. Summer)
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