Il momento della riflessione

Testimonianze – Il momento della riflessione

Dalla recente Istruzione sulla liturgia Redemptionis Sacramentum ai nuovi progetti di Richard Meier e di Renzo Piano: Mons. Giancarlo Santi, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana riflette sulla progettazione, che trova nel sagrato un punto di notevole interesse e attenzione per gli architetti. Il momento attuale invita al ripensamento per preparare il cammino futuro.

La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato una Istruzione sulla liturgia: che effetto avrà sui nuovi progetti di chiesa e sugli adeguamenti delle chiese esistenti?
La recente Istruzione Redemptionis Sacramentum (Alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia) pubblicata il 25 marzo 2004 risponde alle preoccupazioni provocate da comportamenti non conformi alle norme liturgiche, verificatisi nel corso delle celebrazioni, soprattutto dell’Eucaristia. Si tratta di comportamenti che, a mio parere, sono rilevabili in altri Paesi, non in Italia. In Italia, per quanto mi è dato conoscere, nella celebrazione
dell’Eucaristia talora si notano limiti come: mancanza di stile, carenza di rigore, qualche improvvisazione, qualche cedimento alla spettacolarizzazione… ma nulla di particolarmente allarmante dal punto di vista dogmatico. Per quanto attiene alla progettazione o all’adeguamento delle chiese, credo che l’Istruzione costituisca un ottimo richiamo
alla necessaria "qualità" liturgica dell’edificio e dei suo elementi costitutivi. In tema di architettura la recente Istruzione tocca soprattutto due punti: in primo luogo la "qualità" dei luoghi liturgici; in particolare l’altare, che non deve
essere realizzato in modo casuale o approssimativo; anche in Italia, infatti, in alcuni casi è successo che, per celebrare l’Eucaristia, in chiesa, in nome della "semplicità", sia stato usato un tavolo comune. La recente Istruzione si è
espressa in modo molto forte contro ogni forma di banalizzazione. In secondo luogo l’Istruzione insiste sulla necessità della preparazione specifica dei progettisti e dei committenti. Occorre evitare che, per motivi "pratici" (tempo, economia), a progettare le chiese e i loro arredi vengano incaricati professionisti non competenti o che non garantiscano una qualità sufficiente e che la ricerca della "nobile semplicità" non scada nella banalità o nella "sciatteria".

Mons. Arch.Giancarlo Santi
Il sagrato della chiesa Dives in Misericordia nel quartiere Tor TreTeste a Roma, progettata da Richard Meier.

"Sul tema del sagrato vi è una sensibilità diffusa e
ormai consolidata. Per il Premio nazionale sul sagrato mi aspetto
un vasto consenso e la conferma del grande interesse che suscita questo luogo"

Negli anni ’60 si sono compiute sperimentazioni per riorganizzare lo spazio liturgico, soprattutto per disporre l’assemblea attorno all’altare. Oggi sembra prevalere la disposizione processionale. C’è un’involuzione?
Direi di no. Più che in una fase involutiva, mi sembra che oggi in Italia ci troviamo in una situazione di stallo: non si sa bene in quale direzione procedere. Non mi pare che ci siano segni di regresso. Personalmente ritengo che siamo nella condizione migliore per riflettere seriamente sul cammino percorso e per darci obiettivi più definiti per il futuro. Guardando al recente passato, infatti, si ha l’impressione che in Italia ci si sia mossi in modo "spontaneo" e quindi inevitabilmente in modo un poco confuso; si è proceduto per interventi non coordinati da un progetto e senza poter contare su orientamenti e sostegni autorevoli. La riforma si è risolta spesso nella semplice rimozione della balaustra, senza pensare alla riorganizzazione dell’assemblea e a un disegno complessivo. Su tutta questa vicenda, tuttavia, oggi non si può dire molto, dal momento che una lettura sistematica di quanto è avvenuto negli ultimi quarant’anni non è ancora stata iniziata. E’ vero che recentemente sono state svolte indagini sulla riforma liturgica attuata nelle
cattedrali del Triveneto e della Campania; sono in corso ricerche sulle cattedrali di Emilia Romagna, Puglia, Lazio e Sicilia. Per ora, tuttavia, non siamo ancora in grado di esprimere giudizi sufficientemente documentati rispetto a quanto è stato realizzato nelle diocesi italiane.
Credo che quando avremo raccolto una documentazione più ampia saremo in grado anche di pensare meglio i passi da fare in futuro. Non c’è dubbio, tuttavia, che gli anni ’60 siano stati assai ricchi di iniziative; ora soltanto ci rendiamo conto che a quelle iniziative è mancata una specifica preparazione. E’ chiaro inoltre che in quegli anni nelle diocesi italiane l’attività è stata tanto intensa quanto assai poco "orientata". A questo proposito occorre ricordare un fatto importante: i documenti della Conferenza Episcopale Italiana sulle nuove chiese e sull’adeguamento delle chiese esistenti risalgono al ’93 e al ’97. Per 30 anni i progettisti e i committenti italiani hanno proceduto senza riferimenti, eccetto quanto è scritto nelle premesse dei libri rituali, peraltro poco utilizzati.
La preparazione all’ingresso in chiesa avviene fuori, sul sagrato. Che importanza ha, quindi, questo luogo?
Il sagrato è spazio tradizionalmente deputato alla sosta, che anticipa, crea sintonia con il luogo della celebrazione
e la prolunga. Permette la preparazione al rito ma anche di esprimere le energie spirituali e affettive che nella celebrazione si dispiegano. E’ luogo di incontro che, grazie alla vicinanza della chiesa, assume una qualità specifica.
La riforma liturgica ha stimolato il ritrovamento di questo spazio che si stava perdendo, come se fosse un prezzo da pagare alla
modernità. I parroci e le amministrazioni locali si sono resi conto con crescente chiarezza che sacrificare il sagrato all’automobile non era un guadagno. Oggi in Italia assistiamo al recupero, sentito e condiviso, dei sagrati. Ma era da tempo che ci si stava ripensando: basti ricordare che a Milano, nei primi anni ’90, bandito dall’Amministrazione
comunale si è svolto un concorso per ridisegnare alcuni sagrati; altri concorsi sono stati banditi in diverse città e paesi. Anche nell’ambito dei concorsi per le chiese nuove di Milano e di Roma degli anni ’90 e nei successivi concorsi della CEI, al tema del sagrato è stato dato ampio risalto. Per esempio la chiesa di S. Ireneo a Cesano Boscone (Milano) progettata dall’arch. Mauro Galantino, è dotata di sagrato sopraelevato e ben definito sui lati: vera e propria estensione della chiesa. Anche la chiesa di Meier a Roma è interamente circondata da un amplissimo spazio protetto, pavimentato e dotato di un ampio specchio di acqua. Direi che negli ultimi 15 anni tutti i progetti di chiese nuove hanno previsto anche sagrati significativi. La mia impressione è che su questo tema gli architetti, senza distinzione di scuola, siano stati particolarmente sensibili, forse più sensibili degli stessi committenti.

Vista dall’alto del modello della chiesa di S. Ireneo a Cesano Boscone (Milano), progettata
da Mauro Galantino. Il sagrato è definito con chiarezza sui quattro lati e sopraelevato.

Che cosa si aspetta dal I° Premio Nazionale di Idee di Architettura "I Sagrati d’Italia" indetto dal Consiglio
Nazionale degli Architetti e da "CHIESA OGGI architettura e comunicazione"?

Mi aspetto una conferma del fatto che in Italia la sensibilità su questo punto è presente e condivisa. Insomma, una conferma che i progetti visti dagli anni ’90 in qua non sono episodi isolati. Più che la scoperta di un tema mi aspetto il suo approfondimento.
In questi mesi si sono inaugurati due edifici ecclesiastici di rievanza internazionale: la chiesa di Richard Meier a Roma e l’aula di Renzo Piano per il santuario di S. Giovanni Rotondo. L’architettura ecclesiastica italiana ritorna alla ribalta internazionale….
Si tratta di edifici molto diversi tra loro e già molto famosi: la sala per le celebrazioni progettata da Renzo Piano è simile per vari aspetti all’aula Nervi in Vaticano, un’aula capace di ospitare oltre 8000 persone; fa parte di un santuario al quale giungono milioni di pellegrini ogni anno da tutto il mondo. Qualcosa di molto diverso dalla chiesa parrocchiale progettata da Meier, per la periferia di Roma, dotata di un’aula liturgica che accoglie circa 400 persone, l’abitazione del parroco e le aule per il catechismo. Il fatto che due chiese italiane siano diventate un vero e proprio evento mediatico fa riflettere. E’ innegabile che ciò sia collegato alla grande notorietà degli architetti, che attira inevitabilmente l’attenzione dei mass media. D’altro canto è anche un indice del fatto che negli ultimi quindici anni l’architettura delle chiese è gradualmente tornata a far parte dell’informazione sull’architettura a tutti i livelli. Credo, inoltre, che questo fatto sia un segno di pacificazione ideologica; per apprezzarlo, occorrerebbe ripensare al clima della metà degli anni ’50: quando si inaugurò la chiesa di Ronchamp, progettata da Le Corbusier, si svilupparono sulle riviste specializzate accese polemiche; ad alcuni critici molto noti sembrava scandaloso che un maestro dell’architettura contemporanea potesse interessarsi a un tema socialmente irrilevante come la chiesa. Infine, mi sembra che l’enfasi mediatica che
avvolge le chiese di Meier e Piano sia anche il segno di una maggiore apertura della Chiesa verso le figure più significative dell’architettura internazionale. La Chiesa in Italia inizia ora a sprovincializzarsi; quando il cardinale Giacomo Lercaro incaricò Alvar Aalto di progettare la chiesa parrocchiale di Riola di Vergato molti furono sorpresi e non capirono perché un architetto finlandese e luterano fosse stato chiamato a progettare una chiesa cattolica in Italia. Oggi anche nella Chiesa in Italia si vive un clima più aperto: a suo modo anche l’architettura delle chiese lo fa intuire.

(L. Servadio)

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