Il fogolâr nel mondo

Intervista a Nicodemo Lauro, Presidente dell’Associazione Fogolår Furlan di Teglio Veneto (VE)

Il senso di appartenenza e di riunione dell’antico focolare frilulano viene ripreso dalle famose associazioni denominate Fogolâr Furlan sparse in tutto il mondo e atte a riunire i friulani allontanatisi dalla loro regione, promovendone la cultura e la tradizione.
Qual è il significato del nome Fogolâr Furlan, dato alle vostre associazioni?
Il focolare nella tradizione friulana ha il significato di riunire l’intera famiglia intorno al fuoco, per trascorrere del tempo assieme e per ritrovarsi in un momento di condivisione: mangiare, tramandarsi narrazioni, storie, come nella cultura tradizionale dove prevale la trasmissione orale.
Queste associazioni, i Fogolârs, riprendono non solo il nome dal focolare, ma anche la sua funzione aggregativa: queste, infatti, sparse in tutto il mondo con 183 sedi, riuniscono i frilulani emigrati all’estero che, tramite queste iniziative, possono ritrovarsi e rivivere certi momenti, usi e tradizioni del Friuli per non perdere il legame con la propria terra. L’elemento importante è lo sviluppo e il mantenimento della cultura friulana: per gli emigrati per non dimenticare la loro provenienza e per i loro figli, magari nati all’estero, per conoscere le loro radici. Questo concetto di legame al territorio è qualcosa di genetico che lega non solo i friulani ma che trova un comune denominatore in tutta la società contadina del nord-est del passato.

Nelle foto: Da sinistra verso destra: Nicodemo Lauro, Presidente Associazione Fogolâr Furlan, Maio Toros, Presidente Ente Friuli, Piera Rizzolati, Docente Università di Udine, Eddy Bortolussi, scrittore.
Soci Fondatori Associazione Fogolâr Furlan di Teglio Veneto. Qui nella foto, da sinistra a destra: Comin Loris, Olivo Rino, Valentinis Giovanni, De Bortoli Denis, Del Sal Carlo, Pin Franco, Schiava Angelo, Rizzetto Gian Marco, Nicodemo Mario, Innocente Pierluigi, Stefanon Dino, Steffanon Paolo, Giuseppin Pietro, Marchesan,
Luca, Geremia Ennio, Marin Eugenio, Nicodemo Lauro.

Da quanto tempo esistono queste associazioni?

Il primo caso di Fogolâr Furlan è stato istituito prima della prima guerra mondiale, a Venezia e l’ultimo è il nostro che da due anni promuove il territorio del Veneto Orientale tra i fiumi Livenza e Tagliamento, zona che prima dell’avvento di Napoleone era interamente friulana.
Come è strutturata la vostra associazione?
È composta da oltre 200 iscritti, legati agli 11 comuni del Veneto Orientale. A livello strutturale è formata da un organo direttivo composto da 13 persone tra le quali viene nominato un presidente, due vice-presidenti, un cassiere, un segretario e cinque revisori del conto.
Quali sono i vostri scopi?
Noi intendiamo operare sul piano culturale per un maggior dialogo tra il Veneto e il Friuli perchè, in una realtà di allargamento dei confini europei, crediamo che questa zona possa ricoprire un ruolo strategico e molto importante: il Fogolâr può diventare portatore di cultura anche in Europa.
Che rapporti ci sono tra i vari Fogolârs?
I rapporti sono molto stretti e solidali e spesso vengono fatte riunioni con componenti di associazioni estere. Io stesso ho presentato una conferenza in Francia, a Tolosa, nella quale ho sottolineato come, in piena epoca di globalizzazione, ci sia la necessità di valorizzare le realtà locali.
Ad esempio, dal punto di vista enogastronomico o turistico, un territorio come il Friuli ha un’ enorme potenzialità economica.
E dal punto di vista sentimentale, quali ricordi sono legati al focolare?
Di sicuro la mia infanzia. Molte sono le immagini che mi affiorano in mente quando penso al vecchio focolare acceso di casa mia. Io provengo da una famiglia di mezzadri e quando penso al fogolâr ricordo mia madre e mia zia che cucinavano la polenta; quando non c’era la legna per il fuoco venivano usate le canne del mais che facevano della polverina che spesso finiva nella polenta, tanto che spesso, scherzando, dico che si mangiava più quella che la polenta stessa! Un’altra immagine ‘calda’ che mi scorre in mente è quella delle domeniche in cui, alla già numerosa famiglia, si aggiungevano gli amici più stretti, per bere del vino in compagnia e cantare felici delle villotte (canti popolari) di paese trascorrendo momenti lieti con i propri affetti.

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