Il ferro battuto

A cura di G. M. Jonghi Lavarini, Raffaela M.A. Borghi

Abbiamo dedicato una parte di questa rivista alla presenza storica del ferro battuto nelle architetture di Milano: come Casa Editrice amiamo molto l’arte dei Maestri Fabbri, tant’è che i ferri battuti influirono la scelta della nostra sede. Queste eccezionali opere d’arte impreziosiscono il palazzo Pathè di via Settembrini 11, costruito cento anni fa dall’architetto Achille Ulisse Arata: intuì da subito quale grande contributo all’architettura potesse venire dall’arte
del ferro forgiato di grande creatività e qualità (mi piacerebbe che gli architetti di oggi ne traessero ispirazione).
Un’opera, questa di Arata, di grande sintesi tra le arti: la sua architettura eclettica rivisitava le suggestioni del Medio Evo con un’ occhiata al Modernismo viennese, un ammiccamento all’arte degli affreschi( lo confermano i preziosi dipinti di Galileo Chini sulla volta dell’ingresso monumentale) e infine, ma non ultimo ,alle straordinarie invenzioni in ferro battuto in piastra dei cancelli, del portone d’ingresso, delle balaustre e delle grate dovute all’inimitabile mano di Alessandro Mazzucotelli. Questa meraviglia, tutti i giorni sotto gli occhi, ci ha fatto apprezzare sempre più il valore che ha nella storia il ferro battuto italiano, in particolare quello milanese che ha raggiunto in alcuni periodi livelli di assoluta eccellenza; ci è apparso dovuto documentarne alcuni esempi significativi in questa edizione. Si può far rivivere concretamente nella sensibilità di oggi, l’esperienza e l’ammaestramento del nostro grande passato, anche con progetti molto attuali, se e solo, in sinergia con tutte le arti e professioni, il miglior artigianato e l’innovazione tecnologica dei materiali: questo è stato proposto e sostenuto nell’ultimo Congresso di Architettura a Bari organizzato dal Consiglio Nazionale Architetti, affinché l’Architettura futura possa trasmettere i valori necessari per una migliore qualità della vita.
Siamo confortati in questa nostra attività editoriale, dalle tante lettere che ci giungono direttamente dai protagonisti del mondo artigianale e delle arti, che ci ringraziano per il contributo alla loro tramandata attività che diamo attraverso le nostre pubblicazioni: le si impedisce così di decadere grazie alla riproposta degli esempi più validi del passato come del presente, riconoscendone quel valore e prestigio che contraddistingue il dna del made in Italy. Ci pervengono lettere anche molto personali, come quella di un artigiano figlio d’arte, in cui, grazie alle riviste Di Baio Editore sul ferro battuto, riferisce come suo figlio, con in mano una laurea e un posto “sicuro” in banca, avesse deciso di continuare la tradizione di famiglia. Queste sono le più gradite soddisfazioni che un editore, per le sue scelte e l’etica del proprio operare, possa ricevere dai suoi lettori.

Gjlla Giani

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