Il fascino discreto della luce

Tratto da:
Chiesa Oggi 47
Architettura e Comunicazione

Il fascino discreto della luce

Rev. Prof. Carlo Chenis

 

Duomo di Monza,
Capella Zavattari

Come risulta dall’Archivio della Segreteria di Stato, già in data 3 ottobre 1923 il Segretario di Stato Card. Pietro Gasparri inviava a nome di Pio XI una circolare a tutti i Vescovi (prot. 22352) in cui, tra l’altro, si diceva: «Gli impianti siano accuratamente studiati in precedenza ed eseguiti da persone tecniche e competenti…»

 

La luce è assai presente nella liturgia cristiana e si incentra nel mistero pasquale. Ma questo elemento immateriale è fondamentale nel dare forma allo spazio liturgico, con la sua forte carica simbolica. L’irrompere dell’illuminazione elettrica nel secolo scorso ha aperto nuove frontiere espressive che vanno esplorate con meditata attenzione. Ce ne parla Carlo Chenis, segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

Nella veglia pasquale, allorquando viene acceso il cero dal fuoco nuovo, il sacerdote dice: “La luce di Cristo, che risorge glorioso, disperda le tenebre del cuore e dello spirito”. Il diacono portando processionalmente il cero nella chiesa buia canta per tre volte in crescendo “Cristo, luce del mondo”. Dopo di che tutto s’illumina progressivamente con le fiammelle che ciascun fedele accende dal grande cero e, quindi, con le luci che irrompono nell’aula. La luce è assai presente nella liturgia cristiana che s’incentra nel mistero pasquale. Il cero pasquale presenzia il ciclo della nascita in Cristo e del congedo da questo mondo. Le candele sull’altare coronano di festa il simbolo di Cristo, che è ara, mensa, sepolcro. Nelle solennità i ceri processionali affiancati alla croce, quelli accanto al diacono durante la proclamazione del vangelo, dinanzi all’altare al momento della consacrazione, sono richiamo a Cristo-luce. I riti iniziali nella festa della Presentazione del Signore, i riti esplicativi della consegna del cero acceso a genitori e padrini durante il battesimo, la presenza del cero acceso nelle professioni religiose, i vari riti luminari ribadiscono la centralità di Cristo-luce. L’intera organizzazione del luogo rituale è parametrata sul valore simbolico della luce. La luce soffusa delle chiese antiche induce al raccoglimento e riscontra la diversità tra ambiente esterno e interno. La luce filtrante dalle vetrate è caleidoscopica rappresentazione di celesti pregustazioni; la lampada del Santissimo memora la presenza reale del Cristo nelle specie eucaristiche; le luci votive confermano la devozione dei fedeli. La stessa architettura compone ben temperati giuochi di luce e tenebre per commentare il mistero tremendo e fascinoso della presenza-assenza di Dio nel luogo dedicato al sacro. Sono di forte suggestione, ad esempio, i resoconti romani degli antichi effetti luminari nella notte di Natale in Santa Maria Maggiore; delle illuminazioni solenni della Basilica di San Pietro, tanto all’interno, quanto all’esterno; delle grandi fiaccolate di santuario in santuario. Come nell’Urbe, ovunque la luce ha nobilitato luoghi e celebrazioni liturgiche. L’irrompere dell’illuminazione elettrica nel secolo scorso ha aperto nuove frontiere espressive prestando talvolta l’occasione per interventi indebiti. L’elettrizzazione infatti non sempre ha messo in rapporto adeguato le possibilità tecniche e le esigenze rituali. Come risulta dall’Archivio della Segreteria di Stato, già in data 3 ottobre 1923 il Segretario di Stato Card. Pietro Gasparri inviava a nome di Pio XI una circolare a tutti i Vescovi (prot. 22352) in cui, tra l’altro, si diceva: “Gli impianti siano accuratamente studiati in precedenza ed eseguiti da persone tecniche e competenti, affinché risultino non soltanto decorosi e ben intonati all’austera bellezza dei sacri edifici, armonizzati col loro stile e scevri di ogni volgarità e teatralità, ma offrano altresì piena garanzia di sicurezza”. Ci sono poi stati decreti di Chiese particolari che vietarono l’uso di candele elettriche, la luce dentro i tabernacoli, ecc. Fino alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1983 vi erano prescrizioni sulla lampada del Santissimo che doveva essere in cera d’api, oggi questo è caduto (cfr. CIC can 940). L’autorità ecclesiastica ha dunque manifestato una duplice preoccupazione in riferimento all’illuminazione elettrica: sicurezza degli impianti e idoneità al luogo sacro. Ciononostante, gli interventi in materia sovente non hanno tenuto conto dell’architettura, del rapporto cromatico, delle simbologie rituali, delle esigenze celebrative, delle componenti psicologiche, della sicurezza impiantistica, sparando corpi illuminanti con logiche fieristiche o industriali. Ben altro spettacolo è invece quello liturgico. Si tratta invero di spettacolo, ma è la contemplazione della misericordia di Dio, che convoca “i suoi” e cerca la “pecorella smarrita”. Per questo conviene entrare nella “casa del Padre”, assaporando la sacralità e la familiarità di un luogo, in cui non si addicono gli effetti speciali, ma son d’uopo discreti suggerimenti capaci di indurre al raccoglimento religioso. Nell’odierna impostazione culturale la luce diventa un elemento fondamentale nella determinazione dello spazio celebrativo. Non deve però inibire la luce primordiale della creazione, il ritmo naturale del giorno e della notte, il fascino chiaroscurale delle architetture, l’intimità spirituale. Deve invece evocare l’aura sacrale, indicando la luce interiore dell’anima e inoltrando verso la trascendente luce divina. Deve commentare i misteri rivelati dalla Parola di Dio ed espressi esemplarmente nel sistema iconografico. Deve presentare adeguatamente l’azione liturgica nei suoi dinamismi, aiutando il fedele a concentrarsi di volta in volta sul luogo messo in risalto dallo svolgersi del rito. Non deve essere invasiva, rispettando altresì la persistenza di lampade e candele che disdegnano i surrogati elettrizzati. La luce è dunque corredo peculiare per infondere nello spazio cultuale “nobile semplicità” in opposizione alla “mera sontuosità”.
Rev. Prof. Carlo Chenis, Segretario, Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa

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