IL FARO DEL VILLAGGIO
Un disegno schematico che acquisisce significanza quale polo di riferimento urbano. Un campanile che si fa elemento informatore di un alto lucernario, simbolo caratterizzante del complesso ecclesiastico. Nella campagna che è diventata ormai lontana periferia a nord di Milano, quest’opera di Vittorio Gregotti spicca per solida essenzialità.
Baruccana di Seveso è una cittadina della Brianza, a nord di Milano, che mostra i segni caratteristici di una “periferia” fatta di case monofamiliari alternate a edifici di edilizia economica e brani di paesaggio ancora di campagna. In questo contesto di edificazione frammentata con larghi vuoti, l’edificio ecclesiale sorge con inusitata autorità. Vista da lontano potrebbe ricordare il profilo dei granai che si incontrano nelle sconfinate pianure del Midwest americano. Secondo l’orientamento di fondo nell’approccio progettuale che informa le opere di Vittorio Gregotti, il suo disegno non ricerca il raccordo con la tradizione locale; il progettista del resto agisce su un luogo di identità incerta, conteso com’è tra campagna e nuova inurbazione, per recuperare un concetto di centro, di luogo di riferimento.
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L’ampio spiazzo mette in
evidenza il duplice volume della chiesa, caratterizzato dalla “lama” verticale.
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Vista laterale della chiesa.
Il campanile è separato
dalla “lama” verticale.
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E, al di là di questo, di edificare non una chiesa, ma un articolato centro parrocchiale, composto da diversi edifici, microvillaggio entro il villaggio. Ma di questa parte più ampia del progetto, quella degli edifici di servizio (palestra, oratorio, sala per riunioni e casa del parroco) è stata realizzata solo quest’ultima parte, la casa del parroco. Ci troviamo quindi a osservare un progetto ancora non compiuto, ancora in divenire. Lo spazio vuoto attorno alla chiesa è inteso quale luogo ove verranno a porsi altri volumi distanziati tra loro così da formare camminamenti e ambiti protetti, chiostri e passaggi. E la sua fisionomia sarà ben più complessa e articolata. Il suo significato resta oggi incompiuto e permette un’analisi soltanto parziale. Se gli ampi spazi vuoti che attorniano la chiesa muteranno radicalmente, resterà tuttavia una distanza, una zona di rispetto cospicua tra luogo di culto e abitato. Il volume della chiesa emerge possente, senza doversi chinare al confronto con i palazzi abitativi che ritmano lo sfondo, lasciando intravvedere qui e lì lacerti di campo e lontani scenari montani. La forma leggibile in facciata è quella di una “tau” rovesciata. Ma qui, prima della forma, valgono la presenza, che è piena, marcata, chiara, e la misura. L’ampia piazza che precede l’entrata è solcata da un reticolo di strisce ortogonali e da una banda più larga angolata. E’ come un estendersi dello spazio ecclesiale all’intorno per ricercare radici nel sito e idealmente riconnettersi al luogo, riagganciandosi anche alla chiesetta che in precedenza svolgeva il servizio per la più piccola comunità di un tempo, prima che arrivassero i palazzi e le villette. E sul sagrato spicca la croce: che resta così ravvicinata, come nel gesto di farsi prossima al fedele che arriva.
Chiesa di S. Clemente a Baruccana di Seveso (Milano)
Progetto architettonico: Gregotti Associati International, Milano Progetto strutture: Ing. Michele Ronzoni, Lentate sul Seveso (MI) General Contractor: Colombo Costruzioni, Lecco Strutture in legno: Holzbau, Bressanone (BZ) Campane: Fonderie Capanni, Castelnovo ne’ Monti (RE) Banchi: C.B.M., Asolo (TV) Facciata ventilata: Aderma,Turate (CO) Amplificazione audio: Orion/GT, Ospitaletto di Cormano (MI) Anno di realizzazione: 2003 |
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Nelle foto: Disegno prospettico dell’aula La pianta dell’aula. Il battistero è indicato dal circolo nell’angolo di destra in basso. Segno di accoglienza e di saluto, quasi sorridente abbraccio che interrompe la rigidità della materia e la fa parlare. Quella croce, così ben individuata, si fa ricca di carica passionale, e diviene contrappunto della parete di pietra chiara, e le dà significato. Con la sua presenza esplicita il senso dello stretto e lungo volume che si alza sulla linea mediana dell’edificio, aperto lateralmente in alto, come una gabbia di luce da cui traspaiono lignee nervature incrociate. Ta
le elemento evoca l’immagine del campanile, di cui reca la memoria e da cui sembra generato. E in realtà questo, il campanile, è posto sul suo prolungamento, separato soltanto da una breve cesura. Al di là di questo richiamo al campanile, la “lama” si configura come un gesto architettonico compiuto per cercare di catturare la luce più in alto, per avvicinare il cielo lambendolo come un indice leggero che ne segnala l’amplitudine a chi si trova nel sagrato così come a chi si trova nell’aula. Sullo spiazzo, al lato della chiesa, è posto l’edificio con le abitazioni del parroco e dei coadiutori. Su questo lato, la chiesa presenta allo spigolo un volume cilindrico. E’ il segno visibile della presenza del battistero, che in questo modo resta a un tempo interno ed esterno all’aula. Nel suo presentarsi esteriore, il battistero si pone in dialogo con la croce posta da banda opposta rispetto alla centralità dell’ingresso. L’edificio delle abitazioni si raccoglie attorno a un patio ed è di identica altezza della quota bassa del volume della chiesa: 8 metri. Insieme con gli altri edifici che sorgeranno, la canonica configurerà un piccolo borgo. Vista di fianco, la chiesa presenta un profilo quasi da macchina. Il suo lungo corpo sormontato dalle quattro aperture non sarebbe stato pensabile in una civiltà che non conoscesse il treno, con la sua fila di vagoni: il mezzo di trasporto per eccellenza. E l’elemento separato del campanile acquista il valore di guida: il castello delle campane che cantano all’aria, libere come non mai, appaiono come gli ingranaggi di un orologio messo a nudo ed esibito. Come a significare che la tecnologia ormai rende il congegno più forte delle intemperie. Come se le campane e il meccanismo che le muove non avessero più bisogno della cellula protettiva che le ospita al sommo delle antiche torri. L’interno dell’aula è suddiviso in tre ambiti. Nel primo è ubicato il sistema di ingresso, il fonte battesimale, i confessionali e la scala per salire al matroneo (dal quale si accede alla copertura); nel secondo si estende l’aula ecclesiale; nel terzo si raccolgono la cappella feriale sormontata dal campanile e la sacrestia. Tuttavia all’interno, forse ancor più che all’esterno, si sente la presenza della longitudinale torre di luce. Perché risalta la struttura, in legno dalla tinta schiarita e la luce che penetra dagli otto finestroni laterali si riflette e si stempera sulle sue pareti sino a diffondersi con controllata intensità sull’asse centrale dell’aula. In questo modo l’aula acquista una decisa direzionalità che resta enfatizzata dalle due colonne poste a ridosso della parete di fondo del presbiterio e, dall’altro lato, dallo stesso portone di ingresso. In questo modo si crea una specie di ponte di luce che attraversa tutta l’aula e, nello stesso tempo, la dinamizza e la rende raccolta, come racchiusa nella duplice tensione longitudinale e verticale. La differenza dei materiali (legno schiarito per il soffitto, pietra per il rivestimento delle pareti) segna anche una dinamica di leggerezza-gravità: leggerezza in alto, gravità lungo le pareti. Ma questo accostamento materico viene rielaborato dalla presenza di fonti di luce basse: due tagli che percorrono le pareti laterali e le sollevano letteralmente dal suolo facendole lievitare, negando la loro gravità evidente. La loro impermeabilità risulta così superata in un gioco dialettico di opacità e trasparenza, gravità e leggerezza che apporta un afflato di varietà entro le dimensioni squadrate dell’aula. Tale dialettica di luce è ripresa anche sulla parete di fondo, in cui, tra concio e concio, si insinuano elementi di cristallo.
Nelle foto: Il percorso pedonale è fiancheggiato da due terrapieni. Ai suoi lati si trovano il campo di calcio e un parcheggio. Vista dell’aula verso l’ingresso. Il legno del soffitto è schiarito e contribuisce a graduare la luce interna. Vista dell’aula verso l’altare.Allo spigolo destro del presbiterio, una antica statua della Madonna. La funzione di questi è di rifrangere la luminosità facendo vibrare la superficie della parete. Tutte le linee prospettiche dello spazio architettonico hanno il loro punto focale nell’altare. Posto in alto, sul piano del presbiterio in pietra grigia, volumetricamente appare come un blocco unitario di marmo bianco di Carrara, ma è costituito da lastre distinte. La duplice valenza dell’altare, mensa e luogo del sacrificio, è stata interpretata componendo il blocco marmoreo in parti, così da restituire l’immagine di una tavola sorretta da una base e da diversi piedritti che problematicizzano e drammatizzano il piano superiore della mensa.
Nelle foto: Vista laterale del presbiterio. Un inserto in legno di ciliegio pone in evidenza il luogo della sede. Un contesto in parte ancora campestre fa da sfondo alla chiesa. Sopra: la lunga cellula di luce che sormonta la lama verticale. Il fonte battesimale, posto a sinistra di chi entra nell’aula è posto entro il volume cilindrico ben visibile sia all’esterno sia all’interno dell’aula. La sua pavimentazione è in conci circolari di pietra e le pareti sono in legno sbiancato. Al centro del cilindro, il fonte battesimale è costituito da una mezza sfera di marmo bianco di Carrara, del diametro di 1,6 metri. Il suo piano orizzontale si pone diretta
mente sotto la fonte di luce zenitale. Uno scavo lenticolare sul piano tiene raccolta l’acqua. L’ambone è un volume in marmo bianco, un prisma isolato dimensionalmente rilevante nella spazialità del presbiterio, incastonato nei gradini in pietra grigia E’ come una torretta, che cinge sui quattro lati colui che legge. Sulle pareti sono apposti alcuni testi evangelici sulla resurrezione: in caratteri romani, scavati e dorati.
La cappella feriale si trova dietro la parete di fondo. L’aula resta raccolta nell’abbraccio della pietra delle pareti perimetrali e orientata dal taglio mediano.
Nelle foto: Un taglio percorre in basso le pareti laterali e crea un dialogo col lucernario centrale. Disegni di altare e ambone. |