Il commento – Una chiesa nata col vento della libertà

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Tratto da:
Chiesa Oggi 62
Architettura e Comunicazione
Il ventaglio aperto
Di Baio Editore

Sculture sonore

Il disegno del ventaglio che informa la pianta permette all’edificio di aprirsi con la grande facciata semicircolare a tutto l’intorno. La chiesa è stata progettata da Damiano Cattaneo e Pier Luigi Boccone, per accogliere i numerosi turisti che giungono all’amena località alpina per i periodi di vacanza. Ma anche per radicarsi nel luogo, collegandosi visivamente e idealmente alla preesistente parrocchiale.

Il passo di Aprica, una ampia sella tra i monti, quasi piccola valle che sta sopra la grande Valtellina, è luogo allo stesso tempo intimo e aperto. Intimo perché due monti lo fiancheggiano, con altezze che, crescendo su dolci pendii, arrivano a quota 3.000.Aperto, perché sui due restanti lati la vista spazia indisturbata. Il nome già racconta il carattere del luogo. Di solito tra i monti le albe ritardano e i tramonti anticipano rispetto a quel che accade in pianura. Cime e creste costituiscono muri che fanno ombra e inaspriscono il rigore del clima. Non così ad Aprica, luogo privilegiato, ricco di luce e di colori, dove le cime non opprimono con la loro incombenza rocciosa seppure siano presenti con il loro caratteristico disegno. Sono avvicinabili perché le loro falde sono di prato: pendio che sale gradualmente e invita d’estate al gioco, alla corsa, alle passeggiate. E d’inverno permette le prime scivolate dal malcerto equili-brio dei neofiti dello sci. Perché Aprica è luogo di residenza per un migliaio di persone. Ma soprattutto luogo di villeggiatura per decine di migliaia di persone che qui vengono sia dal Milanese sia dalla zona di Bergamo o Brescia. La sua collocazione geografica la rende facilmente raggiungibile da tutte queste città. Ma vengono anche dalla vicina Sondrio.

Lo spiazzo antistante l’entrata è segnato da una grande rosa in acciottolato bicromo.
Il disegno della pavimentazione riprende con efficacia il motivo del ventaglio.
La prospettiva della valle con in primo piano il corpo della chiesa.

Perché qui l’aria è più splendente, più tersa, più accogliente. Più “aprica”, letteralmente. Negli anni ’60 e ’70 l’abitato è andato rapidamente conformandosi all’industria turistica. Tra la strada che l’attraversa longitudinalmente e le falde dei monti sono sorti a decine nuovi edifici abitativi e alberghi. In questo luogo di case piccole e basse sono arrivati i palazzi a più piani. E oggi nei periodi di vacanza si fanno code: alle seggiovie come ai negozi. O nelle poche strade dove sciamano i turisti alla sera, alla ricerca di luoghi di socializzazione. La mutazione fisica, da luogo di residenza per i pochi che abitano la montagna, a luogo di vacanza per i molti che qui trascorrono solo pochi giorni per poi rituffarsi nel magma cittadino, avviene repentinamente con l’inizio e la cessazione delle ferie. La chiesa ha dovuto essere adeguata. La vecchia parrocchiale non poteva bastare a reggere questo sgonfiarsi e rigonfiarsi di folla transeunte. Così, reperito un campo vicino alla vecchia chiesa, alla fine degli anni ’90 si è dato inizio alla costruzione del nuovo luogo di culto. Il progetto dell’ing. Damiano Cattaneo e dell’arch. Pier Luigi Boccone è stato misurato allo scopo di rispondere alle esigenze della variabilità numerica dei frequentanti. Sul terreno in leggero pendio, e seguendo la direttrice della salita del monte, i progettisti hanno deciso di conformare l’aula a ventaglio, così che verso l’abitato presenti la parete semicircolare, sorta di facciata continua che “guarda”, con la sua rotazione, non solamente verso la piazzola antistante la preesistente chiesa, ma a tutto il complesso dell’abitato che si allunga ai lati della strada che percorre il passo.

Il fianco dell’edificio. L’elemento emergente sulla destra costituisce la copertura del presbiterio.
La planimetria mostra la relazione tra la chiesa nuova e la vecchia chiesa parrocchiale preesistente.

Quella del ventaglio è una forma che facilmente viene ispirata dalla richiesta liturgica di avvicinare i fedeli all’altare e di presentare un’assemblea che “stia attorno” al fulcro della celebrazione. Nell’andamento a sezione di cerchio si manifesta sia il moto avvolgente sia una direzionalità chiara: quella che unisce l’ingresso all’altare e che costituisce l’asse mediano della chiesa, alla quale conferisce una marcata direzionalità. Nella chiesa di Aprica il gioco dell’interconnessione tra circolarità e direzionalità è ulteriormente accentuato dalla conformazione degli spazi e dei luoghi che stanno attorno all’aula. Si comincia dal sagrato, che costituisce l’elemento di raccordo con la vecchia parrocchiale. Qui nella pavimentazio
ne in cubetti di porfido è posta una rosa di acciottolato bicromo che funge da luogo di snodo ed elemento premonitore. Qui si raccolgono le diverse direzioni provenienti dallo spazio circostante e vengono come riflesse, ridirette verso la nuova chiesa.La sua facciata ad andamento circolare infatti presenta in posizione mediana un elemento architettonico che si protende, avanzando decisamente verso il rosone pavimentale. E’ un elemento ibrido: un po’ nartece, un po’ corridoio-vestibolo di ingresso. Proboscide architettonica che restituisce un preciso orientamento alla facciata. Ma soprattutto prepara e accompagna il passaggio dalla piazza all’aula.

L’elemento che fuoriesce sul fronte e costituisce una specie di corridoio di entrata.
Il vestibolo-nartece demarca la parte mediana della facciata ad andamento circolare.

Un elemento inconsueto, originale, specie di spazio processionale che segue il fedele nell’atto dell’entrare. E così lo prepara, gli permette quel periodo di pausa, quella gradualità nello stacco che necessariamente si palesa all’animo di chi accede al luogo della celebrazione. La sua funzione di elemento di mediazione e raccordo è evidenziata dall’elaborazione della parete frontale che è resa eloquente e ricca di suggestione. La grigia porta metallica è incastonata entro una cornice di cristallo. Opacità e trasparenza si accostano: dicono della transitabilità e dell’intransitabilità, sono la sottolineatura dell’importanza del passaggio dal fuori al dentro. Mentre sulla parete esterna in cemento a vista si manifestano segni: misurati nelle dimensioni, non imponenti, ma visibili con discrezione. Sono una croce a “tau” sulla sinistra e al di sopra alcuni bassorilievi su superficie chiara che si differenzia dal grigio del cemento. Disegni geometrici a girali e immagini primitiviste di animali. Forse un cervo e qualche fiocco di neve. Dicono dell’alterità del luogo.

Il disegno dell’ornamentazione pavimentale articolato come una serie di fasce concentriche.
Il tabernacolo assume esso stesso il carattere di una preziosa reliquia.

Colpisce il senso di ordine che promana dall’edificio. Le superfici in cemento sono ritmate da scanalature orizzontali e verticali: sono i segni dei casseri, disposti in modo tale da caratterizzare le superfici, evidenziandone la fattura, misurandone le dimensioni. La copertura dell’edificio ha un ciglio che si sopraeleva in prossimità del perimetro e digrada poi verso il centro, il fulcro del “ventaglio”. Ma qui s’innalza un altro elemento, conformato come una grande tenda. Ricorda un poco le architetture scarne ma dotate di un naturalismo drammatico quali quelle di Gottfried Böhm. E’ come una chiesa in sé, che si aggiunge all’edificio dell’aula celebrativa. Ha il disegno di un monte dai pendii variamente angolati e che reca una croce alla cuspide. Questa “chiesa nella chiesa” demarca il luogo ove, nell’aula trova posto l’altare. La sua presenza preminente, ben visibile dai lati, ma anche dal fronte della chiesa, rappresenta esternamente il cuore autentico dell’aula celebrativa e lo raffigura con una specie di autonomia scultorea che prende il sopravvento sul pacato dilatarsi dell’aula nel ventaglio. Il corridoio d’entrata, questo piccolo capolavoro di razionalismo architettonico e di sensibilità liturgica, è caratterizzato dall’intelaiatura delle vetrate che nella fascia alta presentano nastri verticali colorati.

Vista interna dell’aula disegnata secondo linee convergenti verso il luogo dell’altare.
Il corridoio d’entrata che apre la prospettiva verso il luogo dell’altare.

Sono questi gli elementi che scandiscono i passi di chi entra. Li accompagnano invece i segni presenti sulla pavimentazione: qui si alternano porzioni rettangolari che presentano fasce longitudinali bianche e nere, alternate a porzioni di eguali dimensioni in marmo chiaro attraversate da una banda centrale a quadrati scuri. Più avanti, oltre la porta che separa l’ingresso dall’aula, si intravvede la grande croce che, con grande imponenza, sta sopra il tabernacolo e l’altare. L’aula si presenta spaziosa, luminosa, aerea, trasparente.

Chiesa di S. Maria Ausiliatrice ad Aprica (Sondrio)

Progetto architettonico: Ing. Damiano Cattaneo, Como Arch. Pier Luigi Boccone, Torino
Progetto strutture: Ing. Roberto Meroni, Erba (CO)
Impresa: Plona Giovanni, Corteno Golgi (BS)
Arredi: Spinelli Arredamenti, Carate Brianza (MI)
Legno Lamellare: Habitat Legno, Edolo (BS)
Pavimentazione: Decormarmi, Chiampo (VI)
Luci: E’ Luce, Valmadrera (LC)

Le vetrate allineate sul bordo esterno del ventaglio e le prese di luce a periscopio sopra l’altare individuano con efficacia i percorsi interni (sul perimetro) e i
l convergere delle tensioni (verso l’altare). Il moto convergente è posto in risalto dalle travature lignee (lunghe 17 metri) del soffitto.

Il disegno razionale degli elementi di arredo consente una generale trasparenza interna.
La scala elicoidale che conduce dal piano dell’aula al “matroneo”.
Sul “matroneo” che percorre tutto il lato ricurvo dell’edificio si apre una finestra continua a periscopio.

Il fatto che questo si abbassi verso l’altare e che le pareti laterali vi si incontrino ad angolo, non lo schiaccia entro uno spazio angusto (come avviene invece in molte delle realizzazioni che scelgono una pianta angolata con l’altare al vertice). Qui una serie di accorgimenti fanno sì che il presbiterio si presenti decisamente protagonista nell’aula: in primo luogo la luminosità particolare che vi spiove dall’alto; e poi l’ampiezza dell’angolo di base e la trave angolata che raccoglie le spinte delle travatura longitudinali. Infine la ricchezza ornamentale della pavimentazione e la disposizione stessa delle panche. Quanto alla pavimentazione (aspetto che spesso non è oggetto di adeguata progettazione, pur se concorre in modo fondamentale, seppure non immediatamente percepito, a evidenziare l’architettura), essa è totalmente disegnata. Proprio come un ventaglio: con motivi geometrici disposti in fasce ad andamento circolare. In colori chiari nella parte perimetrale, in prossimità delle finestre, più scuri verso il presbiterio. Le fasce sono prima più fitte e sottili, poi più ampie e spaziate.

La sezione longitudinale mette in rilievo lo spazio sopraelevato al di sopra del presbiterio.
Il colonnato interno costituisce un ulteriore filtro per chi entra. Al centro del matroneo, l’organo.

L’effetto che raggiungono è di scatenare una energia centripeta, una gravitazione cromatica che trova nel complesso altare-tabernacolo- crocifisso il suo centro di attrazione. Quanto alle panche, esse sorprendono a prima vista, perché sono leggere, come ci si aspetta in un’aula di riunione, più che in una chiesa. Tuttavia la loro coerenza con l’ambiente è evidente. Ed è proprio grazie alla loro “leggerezza” che lo spazio può comunicare la forte tensione centripeta di cui è dotato. E la chiesa, inoltre, di fatto è un’aula di riunione: seppure assai particolare e caratterizzata. Il percorso perimetrale è demarcato da un colonnato leggero che sostiene una balconata al centro della quale, prospiciente l’altare, è posto l’organo. Vi si accede da due scale elicoidali laterali. E’ anch’essa uno spazio filtro, l’ultimo diaframma gentilmente interposto tra il mondo e il luogo della preghiera. (L.S.)

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