Il Centro Internazionale della Scultura

Servizio e testo: Gabriella Anedi
Foto: Simone Reggiori

Un giardino in verticale; a strapiombo su uno dei porti più belli del mondo, Portofino. Basta alzare gli occhi per incontrare lo sguardo di queste vedette quasi in bilico sui terrazzamenti di un giardino che ospita le realizzazioni di scultori di fama internazionale, italiani e stranieri.

Ha qualcosa di straordinario questo parco di sculture all’aperto voluto da Daniele Crippa: innanzitutto il luogo, Portofino. Poi un giardino ottocentesco salvato dal degrado proprio con questo progetto. Ancora, il percorso che si snoda in altezza più che in profondità: in questo modo i nostri passi non si allontanano mai dalla vista del mare e del cielo e su questo sfondo si stagliano le sculture che dialogano tra loro senza mai sovrapporsi. La varietà del percorso permette infatti di isolare e di ambientare le opere che appaiono sorprendendo il visitatore dietro ogni curva, albero, siepe.

In questo modo le oltre 100 sculture sono percepite nella loro unicità e le parole di Borges, scritte in occasione di un incontro con Daniele Crippa, bene esprimono questa irripetibilità dell’arte e dell’incontro: “Ricordo le grandi forme di Henry Moore, che stanno per diventare umane; e che non perdono la loro magia. Ricordo infantilmente due leoni vittoriani di marmo, ai piedi di una scala di marmo (…). Le sculture sono corpi tra i corpi, sagome foranee che l’invenzione degli uomini cala tra gli altri che popolano lo spazio e la cui immagine, secondo l’idealismo, può essere lo spazio”.

Nelle foto: Nelle pagine di apertura vediamo ricorrere con insistenza l’immagine femminile negli archetipi di Salvatore Fiume con Le Tre Grazie, opera in bronzo del 1985. Dello stesso anno, Grande Elena, di Gamundi Maria.
Nega l’evidenza la scritta sull’ardesia di Ben Vautier (1990) e sembra invece scomparire nella luce Il pane degli dei, opera in vetro di Mariani (1991). Qui sopra la spirale in acciaio di Montenegro Verso il futuro (2000).

Nelle foto:Si accende delle calde policromie liguri l’ingresso al parco il cui percorso si snoda in un variare sempre imprevisto di scorci e prospettive che invitano il visitatore a proseguire nella scoperta delle opere, a volte quasi nascoste negli anfratti dai sempreverde. La collocazione delle opere è sempre attentamente studiata nel vivo dialogo che l’arte intrattiene con la natura.

Nelle foto: Virus, di Tamara Bialecka (1980), è una sfera acuminata “accidentalmente” posata lungo la scala che sale verso il grande scudo di Walter Di Giusto Sole-Luna del 1986. (Foto in alto) Si inserisce giocosamente nel percorso la galleria di Philip Corner con le sue 100 campane dal mondo (1989) che si possono liberamente suonare all’unisono con l’universo.

Nelle foto: A volte le opere si inseriscono armoniosamente nelle preesistenze, come fossero nate insieme. E’ il caso di questa Sirena di Ercole Pignatelli, (1989) opera in bron-zo guardata a vista dal mascherone che dava acqua alla fontana.
E’ una scultura in acciaio di Simon Benetton La Vela (1990) che si muove liberamente in tutte le direzioni, piena di luce e di vento dall’alto di questa terrazza. Una dimostrazione ulteriore della ricca interazione che può scaturire dall’ascolto attento dei luoghi e delle opere.

Nelle foto:L’ultima opera di Man Ray è questa torre in acciaio realizzata nel 1976 (altezza 150 cm.), visibile da più punti nel suo andamento a spirale, e alla cui base il tempo è andato formando un tappeto di foglie.(Foto a sinistra) Una teca di fragili teste in vetro è invece questo Glifario di Sabino Ventura. In una sequenza di impercettibili variazioni si va dalla forma archetipica dell’uovo a quella del vaso antropomorfico di etrusca memoria. Un teatrino di fisiognomica quasi teatrale e ravvivata dai colori e dalle paste vitree sovrapposte. L’opera è stata realizzata nel 1989.

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