NOSTRA SIGNORA DEL SUFFRAGIO E S. AGOSTINO DI CANTERBURY, ROMA Come un avamposto dell’organizzazione ecclesiastica, questa chiesa si staglia nella campagna che i sobborghi di espansione vanno erodendo attorno alla città di Roma, in località Torre Maura. Concepito da Francesco Berarducci, il progetto è stato sviluppato e realizzato da Carlo Berarducci ed ha vinto diversi premi: ANDIL Opera Prima 1999, 1° Premio di Architettura Trevi FlashArt Museum 1999, Premio Inarch Opera Prima 2001. La chiesa sorge su un terreno collinare. Sopra: al corpo della chiesa si accosta un elemento rettilineo lungo 90 metri che supera un dislivello di 7 metri e ospita i servizi parrocchiali e la canonica. Qui: uno scorcio del corpo dei servizi. A lato: vista diagonale verso il lato posteriore della chiesa. Si trova in posizione privilegiata, nella periferia Est di Roma, all’interno del raccordo anulare ma in una porzione di campagna salvaguardata grazie alla presenza di ruderi di acquedotti romani e di torri medievali. Il panorama così è di quelli che più schiettamente compongono il genius loci di questa città unica al mondo, in cui si accostano augusti resti di vetuste costruzioni, preziose testimonianze di storia, prati incolti che sembrano terra di nessuno e nuclei abitati che si inoltrano nei campi giustapponendosi, sommandosi e confondendosi con l’ambiente, tanto ricco di residui dell’antichità che questi vengono trattati con noncuranza. Come nel caso della chiesa del Villaggio Olimpico romano (v. CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 30), che Francesco Berarducci disegnò con somma maestria, facendone un raro esempio di edificio moderno bene inserito nel contesto dell’Urbe, così anche questa chiesa in località Torre Maura cattura e riassume tutte le suggestioni del luogo. Le risonanze che emergono da questo connubio di storia e di natura, di ruderi e di pini marittimi, trovano tutte una nuova interpretazione nella chiesa, la cui idea originaria di Francesco Berarducci è stata ripresa e portata a compimento dal figlio Carlo. L’edificio sembra riassumere energie nascoste. Le torri quadrangolari sopravanzano in altezza quelle cilindriche e fungono da canali di luce. La parete interna superiore delle torri quadrangolari presenta infissi con struttura a croce. Richiami invisibili vengono resi espliciti. È una chiesa castello, possente e accogliente. Rinserrata e aperta allo stesso tempo, perché il profilo del castello è esplicitamente accennato nelle torri e nelle finestrelle che ricordano le buche pontaie, ma allo stesso tempo negato negli ampi portali, nel porticato che, tangente al “castello”, lo separa dai campi sportivi che ne completano la dotazione di servizi parrocchiali. La prima, e più evidente, negazione del disegno del “castello” viene dalla disparità di altezza tra le quattro torri angolari e gli elementi posti tra queste: altre torri squadrate che sopravanzano le prime in altezza. Nell’immagine tipica del castello, le torri agli angoli svettano al di sopra delle mura. Qui avviene il contrario, e le torri squadrate presentano incavi e vetrate. Il quadrilatero della chiesa, il cui lato è lungo trenta metri, fronteggia la campagna mentre il corpo rettilineo con porticato (lungo una novantina di metri) che vi si accosta, sembra quasi schermarlo dall’abitato, e fornirgli una direzionalità che lo inserisce nell’intreccio delle vicine strade. Il lungo corpo rettilineo supera un dislivello di sette metri e inevitabilmente si ricollega alle immagini dei brani di antichi acquedotti romani che compaiono qua e là nella campagna. In questo elemento sono ospitati la canonica e i servizi parrocchiali, che includono dieci aule per il catechismo, palestra e spogliatoi, oltre alle abitazioni dei sacerdoti. Tutti gli affacci della canonica si aprono irregolarmente, secondo le necessità di luce all’interno, verso l’abitato e i campi da gioco, mentre delle piccole finestrelle a intervalli regolari scanditi dal passo del porticato sono le uniche aperture verso la chiesa. Il quadrilatero che ospita le funzioni religiose si rivolge con l’ingresso principale verso il declivio che apre la vista sulla campagna, mentre un ampio sagrato lo circonda seguendo i movimenti del terreno e si confonde col prato perché al lastricato e all’acciottolato si accostano zone erbose. L’austera croce di legno che si erge allo spigolo del sagrato opposto al lato definito dall’edificio delle opere parrocchiali, fornisce una emblematica prospettiva che ancora una volta rimanda alle immagini medievali. La croce potrebbe essere la spada del crociato piantata in terra a segnare un confine: tra il mondo e lo spazio sacro. Ma è un confine soltanto accennato, perché nella realtà fisica il terreno in declivio della collina e il sagrato si pongono in continuità senza limiti, senza separazioni. A conferma della “chiusura” dell’edificio, a stento si potrebbe immaginare, guardando da fuori, come sia organizzata l’aula all’interno. Questasi presenta come un quadrilatero segnato da colonne angolari che si protende in spazi attigui, che dilatano i lati e prolungano le diagonal
Nostra Signora del Suffragio e S.Agostino di Canterbury, Roma Indirizzo: Via W. Tobagi, 133,Torre Maura, Roma |