Il Cammino di santità del frate con le stimmate «Padre Pio non volle e non vuole il rumore chiassoso del protagonismo» scrive Fr. Aurelio Laita,Vicario Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel tratteggiare la figura del santo. «Non volle e non vuole il rumore scintillante dello spettacolare, del grandioso agli occhi del mondo, di tutto ciò che rimane solo all’esterno… Volle, invece, una vocazione francescana- cappuccina vissuta in tutta la sua intensità… Padre Pio non volle e non vuole il rumore vuoto del superficiale, dell’effimero, del taumaturgico. È stato scritto che "mostrarsi scontroso era un suo modo di difendersi "La nuova chiesa vuole essere il simbolo di quel chiostro spirituale che si è
La santità di Padre Pio emerge soprattutto dal fatto che egli seppe riconoscere nell’altro il volto di Dio… Padre Pio fu il cireneo di tutti i sofferenti, nell’anima e nel corpo, che ricorrevano a lui. Il 26 marzo del 1914 confidava a P. Benedetto da San Marco in Lamis, suo Padre spirituale: "Se so poi che una persona è afflitta nell’anima e nel corpo, che non farei presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di vederla andar salva, tutte le afflizioni…"». «Ho tanta confidenza in Gesù, che anche se vedessi l’inferno aperto davanti a me… non diffiderei, non dispererei, confiderei in Lui»: così scriveva P. Pio (epistola I, 317). Sono parole emblematiche della sua vita, dedicata a contrastare il male, in tutte le sue manifestazioni, fisiche e spirituali, non con l’opposizione ma con la compassione e la forza dell’espiazione e del perdono. «L’anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve esser ripulita a colpi di martello e di scalpello.
Ma questi colpi… di cui si serve il divin artista per preparare le pietre, cioè l’anima eletta, quali sono? Sorella mia, questi colpi di scalpello sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito, i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione ed anche il malessere fisico»: così nell’Epistola II (87 e ss.). È a causa di questa dedizione che nel corso degli anni i pellegrini hanno cominciato ad affluire, alla ricerca della consolazione e della riconciliazione. Un flusso che è andato crescendo e non si è fermato dopo la morte del frate. Che intanto aveva fatto costruire un ospedale dotato di un importante centro di ricerca medica. Il convento di San Giovanni Rotondo nel tempo si è rivelato eccessivamente piccolo per accogliere tutti. Di qui la decisione di erigere il nuovo santuario.
«Pur nella sua inusuale grandezza, sa ben nascondersi e manifestarsi quasi all’improvviso – così scrive S.E.R. Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, arcivescovo della Diocesi di Manfredonia, Vieste, San Giovanni Rotondo – adagiata e fortemente inserita nel costone che dal monte Castellano, che sovrasta San Giovanni Rotondo, si distende nell’altipiano che accoglie l’insediamento abitativo della città che la Provvidenza ha voluto segnare con il dono della vita e del ministero di san Pio da Pietrelcina». La verità di un edificio dedicato al culto, e in particolare di un luogo che ha il forte connotato di memoriale e di lu
Nel modo in cui l’architettura ha la capacità di presentarsi come meta di un cammino che si va svolgendo verso una dimensione altra. Qui il compenetrarsi di natura e costruito, la progressione che si manifesta nel sagrato leggermente inclinato e il luogo coperto, le scalinate che lateralmente introducono allo spiazzo, il culminare della croce che si staglia netta nella sua essenzialità al limite dello sbalzo: tutto contribuisce a trasmettere al pellegrino l’immagine del cammino verso il luogo santo. Un cammino che è aperto ma richiede l’impegno di una trasformazione.
Lo spazio ampio del sagrato è popolato di segni. I più inconsueti – ma anche i più consoni – sono gli ulivi che fungono da testimoni della vocazione e della preesistenza del luogo, come a confermare la compresenza di diverse epoche. Da essi spira il messaggio di pace che la natura – nel suo manifestarsi come meraviglia del creato – sa trasmettere. Il campanile stesso – una serie di sostegni che reggono le campane in una fila che porta alla croce – dà il senso della progressione. Delle otto campane, fuse dalla Pontificia Fonderia "Marinelli" di Agnone, la prima è intitolata a Giovanni Battista in onore al sito (San Giovanni Rotondo), la seconda a Maria e la terza a san Pio per seguire poi con altri santi e sante francescane.
Disposto lungo il ciglio del sagrato, diffonde la sua voce nell’ampia vallata. Ma prima del campanile, un’altra serie di piloni tronchi reca otto aquile in pietra bianca, scolpiti da Mario Rossello. Sono un altro segno di vita cristiana: l’aquila può fissare il sole fino a consumarsi in esso, per poi risorgere con ali nuove, simbolo della nuova vita nella fede.
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