I musei ecclesiali nella logica regionalista

Tratto da:
Chiesa Oggi 42
Architettura e Comunicazione

I musei ecclesiali nella logica regionalista

 

Cappella Portinari in Sant’Eustorgio a Milano


L’attuazione del principio di sussidiarietà, primo passo verso la realizzazione di una organizzazione federale dello Stato, si traduce anche in nuovi assetti relativi alla gestione dei beni culturali. Aumentano le competenze delle Regioni in materia.

Dopo anni di immobilismo, le politiche dei beni culturali sono in movimento all’interno di due grandi scenari di cambiamento. Il primo scenario è l’attuazione del federalismo amministrativo a Costituzione invariata, attraverso le cosiddette leggi Bassanini, in particolare la legge del 15 marzo 1997, n. 59; il secondo è lo sviluppo del nuovo modello di relazioni negoziali tra amministrazioni pubbliche rappresentato dalla programmazione negoziata e dalla concertazione. Il 31 marzo 1998 il Governo ha approvato il decreto legislativo n. 112 sul trasferimento di compiti e funzioni statali alle Regioni e agli Enti locali. Il principio della sussidiarietà, orizzontale e verticale, viene posto a base di un complesso processo che nelle intenzioni degli ideatori culminerà nella costruzione di uno stato federale. Il Capo V del d. lgs.112/98 è relativo ai beni culturali ed è anomalo rispetto agli altri, in quanto non prevede trasferimenti di competenze statali e lascia immodificata la legge di tutela n. 1089 del 1939 (in seguito inserita nel d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, Testo unico delle disposizioni legislative sui beni culturali e ambientali). In materia di beni culturali il principio della sussidiarietà è stato declinato nel senso di rendere più esplicito e operativo il concorso di Stato, Regioni ed Enti locali nella conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Obiettivo principe del Capo V del d. lgs. 112/98 è costruire una programmazione congiunta dei soggetti pubblici e privati che operano in campo culturale, superando l’attuale frammentazione degli interventi.
A tal fine viene istituita in ciascuna regione a statuto ordinario la Commissione per i beni e le attività culturali (artt. 154 e 155), con il compito di formulare una proposta concertata di piano regionale, annuale e pluriennale, per la valorizzazione e promozione dei beni culturali. Di particolare rilievo è la sua composizione mista: i membri sono designati non solo dal Ministro per i beni e le attività culturali (compresi i Soprintendenti regionali, previsti, ma ancora non nominati, ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, di istituzione del Ministero stesso), dal Ministro per l’Università e la Ricerca scientifica e tecnologica, dalla Regione, dalle Associazioni regionali dei Comuni e delle Province, ma anche dalla Conferenza Episcopale Regionale e dal CNEL tra le forze imprenditoriali locali. L’inserimento del rappresentante ecclesiastico in un organo di tale importanza rappresenta il riconoscimento di Stato e Ministero per i beni e le attività culturali che gli enti ecclesiastici sono interlocutori fondamentali per lo sviluppo delle politiche culturali. Alla luce del principio della sussidiarietà, è di particolare rilievo quanto previsto dall’art. 150 del d. lgs. 112/1998, frutto di una indicazione del Parlamento a favore del trasferimento a Regioni ed Enti locali della proprietà dei musei e dei beni culturali statali, in funzione di innovative forme di gestione pubblico-private.
Con tale articolo è istituita una commissione nazionale paritetica, composta da cinque rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali e da cinque rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali. Suo compito è passare in rassegna gli oltre 700 musei e beni culturali (aree archeologiche, monumenti, ecc.) di proprietà statale e, in base al principio di sussidiarietà, individuare, entro due anni, quelli la cui gestione (e non la proprietà come auspicato dal Parlamento) sia più conveniente trasferire a Regioni ed Enti locali. Il trasferimento di funzioni statali non può ridursi ad un mero cambio di proprietà o di gestore di qualche museo nazionale, ma dovrà diventare un fattore di innovazione e modernizzazione dell’intero sistema museale. Si è innescato un processo cui non dovranno rimanere estranei i musei diocesani: è all’ordine del giorno la gestione integrata dei musei e dei servizi museali, la creazione di reti e sistemi territoriali, l’acquisizione condivisa di risorse e professionalità, l’interazione operativa di soggetti pubblici e privati.

Gli standard minimi

Il comma 6, art. 150 del d. lgs. 112/98 prevede che il Ministro per i beni e le attività culturali definisca con proprio decreto “i criteri tecnico-scientifici e gli standard minimi da osservare nell’esercizio delle attività trasferite, in modo da garantire un adeguato livello di fruizione collettiva, la sicurezza e la prevenzione dei rischi”. Benché il d. lgs. 112/98 riferisca tali standard solo ai musei e ai beni culturali statali da trasferire, la Conferenza delle Regioni, d’intesa con l’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia (ANCI) e l’Unione delle Province Italiane (UPI), ha colto l’occasione per riflettere su criteri e standard di gestione validi per tutti i musei. A tal fine, la Conferenza ha istituito un Gruppo di lavoro, cui partecipano anche rappresentanti del Ministero, del Comitato italiano dell’International Council of Museums (ICOM) e dell’Associazione Nazionale dei Musei Locali e Istituzionali (ANMLI). Il Gruppo, coordinato dalla Regione Lombardia, si è riunito più volte e ha prodotto, nel settembre 1999, un primo documento di orientamento che individua gli ambiti di riferimento per l’adozione degli standard museali: lo status giuridico, le finanze, le strutture, il personale, la sicurezza, la gestione delle collezioni, i rapporti con il pubblico e i relativi servizi, i rapporti con il territorio. I principi delineati in questo documento riprendono quelli del Codice deontologico dell’ICOM e rappresentano un primo riferimento sia per il trasferimento dei musei e beni culturali statali, sia per l’innovazione della legislazione regionale relativa ai musei non statali. Le regioni a statuto ordinario hanno di fatto completato il recepimento del d. lgs. 112/98: dieci regioni hanno già legiferato, le altre cinque hanno approvato in Giunta le leggi regionali di attuazione.
La Regione Lombardia ha emanato il 5 gennaio 2000 la legge n.1, “Riordino del sistema delle autonomie locali in Lombardia”. Si apre così una stagione di nuove e impegnative responsabilità per Regioni ed Enti locali, cui sono assegnate importanti funzioni in materia di sviluppo economico e di attività produttive, di territorio, ambiente ed infrastrutture e di servizi alla persona. Purtroppo manca ancora il trasferimento di risorse umane e finanziarie statali che avrebbe dovuto avvenire contestualmente al conferimento delle nuove competenze. La Regione valorizzerà e regolamenterà, con specifici atti di indirizzo, il ruolo degli operatori dei musei e delle biblioteche, attraverso la definizione dei profili professionali, l’omogeneizzazione degli standard prestazionali, la formazione e l’aggiornamento. Al fine di assicurare la corretta gestione degli istituti culturali e l’erogazione con economicità di servizi di qualità, la Regione stimolerà forme di cooperazione strutturale e funzionale, anche fra soggetti pubblici e privati, svilupperà nuove professionalità e imprenditorialità per i servizi museali, promuoverà economie di scala attraverso l’acquisizione condivisa di beni, servizi e personale specializzato.
Essendo i Comuni già gestori di musei e beni culturali, è alle Province che la Regione delega nuove funzioni relative alle attività e alla sviluppo dei sistemi museali locali, alla promozione di servizi e attività culturali locali, al coordinamento delle attività di censimento, inventariazione e catalogazione dei beni culturali. In conclusione, segnalo un altro processo di rinnovamento derivante dall’attuazione del principio di sussidiarietà. Beni e servizi culturali devono sempre più essere gestiti con criteri di economicità e di qualità, attraverso la sperimentazione di modelli innovativi di gestione, che coinvolgano anche i soggetti privati no-profit. Ora il Ministero per i beni e le attività culturali può costituire o partecipare a fondazioni di diritto privato, anche attraverso il conferimento in uso di beni culturali statali. Previa autorizzazione del Ministero, tali fondazioni possono costituire o partecipare a società di capitali che svolgano attività commerciali, in via strumentale e per il perseguimento degli scopi statutari. La Regione Lombardia propone questo modello gestionale per alcuni dei più importanti interventi concertati con gli Enti locali e con il Governo, fra cui la realizzazione della Mediateca di Santa Teresa a Milano.

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