I luogi di Don Bosco. Testimonianze

Rev.Prof. Carlo Chenis, SDB

“Beati i piccoli che sognano grandi cose”. È la beatitudine che si respira percorrendo i “luoghi salesiani” della minuscola frazione dei Becchi presso Castelnuovo, laddove un ragazzino di nove anni, Giovannino Bosco, fu da Dio abituato a sognare cose grandi: prima fra tutte la salvezza della gioventù povera e abbandonata. Oggi quel luogo è sormontato da un tempio sontuoso, che campeggia tra il rincorrersi delle dolci colline astigiane e fa da fondale alla povera casetta in cui don Bosco visse la sua infanzia. Sito al posto di una cascina, che vide i natali di don Bosco, il Santuario a lui dedicato ha vissuto un complicato iter progettuale.
Pensato come ex-voto per i pericoli scampati durante il rovinoso conflitto della seconda guerra mondiale, la sua edificazione è andata a rilento tessendo un componimento architettonico discretamente ardito nelle soluzioni ingegneristiche e piuttosto arido in quelle stilistiche. L’esterno, di difficile armonizzazione con l’ambiente, e l’interno, concluso in modo provvisorio, chiedevano un lavoro di maquillage portato a conclusione in occasione del Grande Giubileo dell’anno 2000.
È stato così costruito, all’interno del sacro edificio, un nuovo spazio cultuale in parte modellato sul contenitore architettonico e a esso vincolato, in parte autonomo nelle forme e discrepante nei materiali. Si tratta di un'”arca” interamente lignea, dall’effetto avvolgente per il suo andamento curvilineo che parte dalla base per chiudersi nella carena della volta. Un richiamo alle sottili elucubrazioni della matematica architettonica romana, un’esibizione simbolica di braccia innalzate verso il divino, un impianto dendriforme da design “new age”. Complessi artifici tecnologici risolvono il problema acustico; interessanti giochi illuminotecnici assecondano il raccoglimento spirituale; dignitose forme polarizzano un presbiterio essenziale.
Reliquia della fase precedente è il colosso del Cristo risorto su uno sfondo ormai diafano. Il tutto potrebbe sembrare un’installazione effimera, potrebbe invece essere – se i materiali resistono – una soluzione duratura. Nella speranza che siffatto luogo solenne possa ancora far sognare nei piccoli “le grandi cose di Dio”.

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