I beni culturali ecclesiastici e la comunicazione

Arte cristiana: l’universitá è latitante

L’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana opera secondo un programma annuale incentrato sulla conservazione e la promozione di un patrimonio immenso. In rapporto ai problemi della formazione l’Ufficio mette in luce una situazione paradossale: in Italia non vi è un solo corso universitario dedicato all’arte cristiana nelle sue diverse manifestazioni.

Nel 2003 la formazione degli addetti all’opera di conservazione, valorizzazione e creazione dei beni culturali ecclesiastici è al primo posto nella lista delle priorità. Mons. Giancarlo Santi, Direttore dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana, illustra le principali iniziative formative programmate dal suo Ufficio. “La formazione è la prima tra le nostre priorità -spiega Mons. Giancarlo Santi – Oltre alle iniziative formative avviate fin dal 1996, nel 2003 abbiamo pensato di avviarne due nuove. Anche quest’anno si svolgerà a Firenze il corso di specializzazione, al quale prendono parte in prevalenza architetti o storici dell’arte segnalati dalle diocesi. Il corso è della durata di due settimane (dal 19 al 24 maggio e dal 22 al 27 settembre). Vi partecipano persone che generalmente già lavorano entro strutture ecclesiastiche. La formazione che noi offriamo le mette in grado di aiutare i Vescovi nella individuazione dei progetti più idonei per la costruzione di nuove chiese, per l’adeguamento di quelle esistenti, per la catalogazione e la cura del patrimonio culturale. Ogni anno vi prendono parte una ventina di professionisti: nei sei corsi già effettuati siamo riusciti a formare in media un incaricato per circa 120 diocesi. Poiché, tuttavia, in Italia il totale delle diocesi è di 226 e l’obiettivo è quello di formare almeno una persona competente per ogni singola diocesi, ci rendiamo conto di essere ancora a metà strada. Tra le iniziative formative nuove segnalo il corso di formazione per i direttori degli uffici diocesani dei beni culturali, che si svolgerà a Roma dal 30 giugno al 5 luglio. Mentre dal 4 al 10 maggio si terrà a Marola (Reggio Emilia) il primo corso per la formazione di specialisti in “arte per la liturgia””.

Nelle foto: Due immagini dell’opera di Sebastiano Ricci Annunciazione, olio su tela, parrocchiale di S. Maria Assunta, Ghedi (BS).

Vi è anche un’opera di formazione per chi si occupa di restauro? “Anche in questo campo siamo arrivati al settimo corso annuale, organizzato di concerto con l’Istituto Centrale per il Restauro. Ad anni alterni il corso si rivolge alla conservazione dei beni architettonici e alla conservazione dei beni artistici. Quest’anno il corso si terrà a Roma dal 3 al 7 giugno. A questo corso possono partecipare i laureati in architettura segnalati dai Vescovi che già operano presso le curie diocesane. Il numero dei corsisti è di 25”. A che punto è l’attività di inventariazione? “L’attività di inventariazione informatizzata dei beni artistici e storici è iniziata nel 1996. Dal 1996 ogni anno abbiamo organizzato corsi di formazione per gli schedatori. Nel 2003 sono previsti corsi di formazione a livello regionale. L’attività di inventariazione è in corso in almeno 150 diocesi; in alcune di esse è ormai in fase avanzata; ci si aspetta che per il 2005 essa venga portata a termine. La diocesi di Nicosia l’ha già completata, ed è la prima in Italia; è imminente la conclusione dell’inventariazione anche nelle diocesi di Bergamo e di San Benedetto del Tronto”. L’arte rimane un argomento fondamentale…. “Certamente. La questione fondamentale in questo campo è che le opere d’arte vengono solitamente valutate sotto il profilo artistico, mentre quelle collocate nelle chiese hanno un fondamentale significato teologico e liturgico che non può essere eluso. Anche in questo ambito vi è molto da fare per la formazione.Vi è anche da aprire gli orizzonti verso quello che avviene in altri paesi d’Europa. A questo proposito segnalo che quest’anno abbiamo in programma, in occasione della Biennale di Venezia, una “due giorni” dedicata ai recenti sviluppi dell’arte cristiana in alcuni paesi europei. Si tratta di una prima esperienza di carattere internazionale che contiamo di sviluppare nei prossimi anni”. Questo argomento riguarda anche la creazione di nuove opere. A proposito: è ancora viva la diatriba tra arte figurativa e arte astratta? “Non è più vivace come qualche decennio fa, ma non si può pure dire che sia scomparsa. A questo proposito, in questi anni ci siamo resi conto che nella Chiesa c’è spazio per molte tendenze artistiche e che è necessario valutare pazientemente tutte le proposte artistiche caso per caso. Tocca alle Commissioni diocesane esercitare il giusto discernimento. Inoltre è bene ricordare che negli ultimi due decenni l’attenzione per la figurazione è decisamente tornata in auge nella cultura artistica. Il nodo principale da sciogliere, tuttavia, non è tanto il rapporto tra astratto e figurativo ma è costituito dalla competenza del committente ecclesiastico di scegliere artisti di qualità che sappiano dare espressione alle aspirazioni della Chiesa. Quindi, ancora una volta, il problema più urgente da affrontare è la formazione del personale che opera nelle diocesi. In concreto si tratta di preparare Commissioni diocesane veramente competenti e là dove questo non è possibile, si tratta di stimolare le diocesi a collaborare nell’ambito della medesima Regione secondo la saggia proposta del padre Giacomo Grasso”. A che punto è il rapporto tra arte e liturgia? “Il rapporto sta prendendo gradualmente vigore ma è ancora piuttosto gracile. Per quanto possibile intendiamo rilanciarlo. A questo scopo, l’8 maggio di quest’anno, a Roma, nell’ambito della settimana della cultura, in occasione dell’undicesima Giornata nazionale dei beni culturali ecclesiastici, si rifletterà sui 40 anni intercorsi dall’avvio della riforma liturgica. Tre i momenti nei quali si articolerà la giornata: la storia del Movimento liturgico in Italia con particolare attenzione alle sue proposte artistiche; il dibattito conciliare riguardante la liturgia e l’ar te sfociato nella costituzione liturgica Sacrosantum Concilium; l’attuazione della riforma conciliare in Italia. La Giornata nazionale sarà un’occasione per fare il punto sui rapporti tra liturgia e arte e per rinvigorirli. Uno d
ei problemi che hanno ostacolato l’accoglienza della riforma conciliare nel campo dell’arte, come ha precisato don Vincenzo Gatti in un recente intervento nella rivista Il Regno, è costituito dalla carenza di preparazione da parte dei responsabili della sua attuazione: il clero, gli ar tisti, gli architetti, i liturgisti. La riforma liturgica è stata loro affidata senza dotarli di una formazione sufficiente, né si è pensato a formare i formatori in ambito universitario. Si pensi che in nessuna università italiana, laica o ecclesiastica, esiste un corso dedicato all’arte cristiana”. Il che appare stupefacente, in Italia, visto che la maggior parte delle opere d’arte sono a carattere religioso… Come mai succede questo? “Non è facile rispondere poiché la questione è piuttosto intricata. In primo luogo occorre ricordare le vicende italiane che dopo l’unificazione nazionale hanno visto l’abolizione delle facoltà teologiche nelle università statali. Questa decisione ha creato un grave distacco tra cultura teologica e cultura laica, non ancora recuperato. Più in generale, tuttavia, occorre ricordare che nell’ambito della cultura teologica da almeno due secoli è assente l’attenzione per le tematiche artistiche; d’altra parte il mondo accademico laico non è da meno dal momento che affronta le tematiche artistiche a prescindere dalla loro intrinseca componente religiosa. In assenza di una consistente attività di ricerca e di insegnamento universitario la formazione degli addetti è radicalmente compromessa se non impossibile.

“Le opere d’arte vengono solitamente valutate sotto il profilo artistico, mentre quelle
collocate nelle chiese hanno un fondamentale significato teologico e liturgico
che non può essere eluso. Anche in questo ambito vi è molto da fare per la formazione”

L’attività di formazione che l’Ufficio propone è assai limitata e ha carattere decisamente empirico”. Manca forse il personale specializzato? “Non credo; le persone potenzialmente capaci di assumere l’attività di ricerca e di insegnamento a livello universitario non mancano; quello che manca, a mio parere, è la disponibilità da parte delle istituzioni accademiche a istituire cattedre di questo tipo. Non si può nascondere che la situazione è assai grave e delicata. D’altra parte non è neppure possibile procedere ignorando il problema e facendo affidamento solo sulla passione di pochi; né è ragionevole limitarsi a tradurre testi e strumenti di lavoro da altre lingue. In conseguenza di questo stato di cose, per esempio, nessuno oggi può dire con competenza e in modo rigoroso e sistematicamente documentato, come si sia evoluta l’architettura per il culto in Italia nel corso del XX secolo”. L’Ufficio nazionale che può fare a questo proposito? “L’Ufficio nazionale cerca di fare quello che può proponendo iniziative formative in tempi rapidi ed utilizzando le scarse competenze esistenti. L’Ufficio inoltre ritiene di avere identificato in maniera sufficientemente chiara il problema fondamentale costituito dalla ricerca e dall’insegnamento universitario e di averlo illustrato nelle sedi competenti. Infine l’Ufficio sostiene la pubblicazione di fonti e di studi ma non può fare le veci di una università”. Nel complesso vi sono molte iniziative… “Certamente, nonostante i limiti che ho ricordato la situazione italiana è molto vivace. Nelle diocesi italiane le iniziative che riguardano i beni culturali e l’ar te sono molteplici. Esse, tuttavia, sono ancora scarsamente conosciute; mancano molti dati di fondamentale importanza. Ad esempio, si sa pochissimo di quanto le diocesi spendono per la creazione e la conservazione dei beni culturali, artistici e architettonici; di conseguenza si ritiene comunemente che l’onere della conservazione dei beni artistici e architettonici ricada completamente sulle spalle dello Stato. In realtà le cose non stanno così: si stima infatti che, in materia di beni culturali ed arte le diocesi italiane investano almeno quanto lo Stato. Tornando alla questione delle informazioni, solo alcuni organi di stampa come Avvenire, sono attenti in modo sistematico ai nostri argomenti; la stampa laica è poco o nulla sensibile a questi temi. Fanno eccezione le riviste Arte Cristiana e CHIESA OGGI architettura e comunicazione, che svolgono un’opera decisamente singolare e preziosa”.

L.Servadio

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