GLOBALIZZAZIONE E GENIUS LOCI

La seconda edizione di Archiprix Italia è stata caratterizzata dall’alto numero di partecipanti e dall’elevata qualità dei progetti presentati.

Parlando con i Giurati ho percepito una grande difficoltà ad individuare i progetti vincitori proprio a causa dei bei lavori che le Scuole di Architettura italiane riescono ad produrre in fase di tesi di Laurea.

Questo fatto fa ben sperare per questi giovani architetti che si accingono a confrontarsi con il mondo della libera professione.

Si deve rendere merito al Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, attento e presente nei confronti di iniziative innovative, che ha creduto in Archiprix Italia, una delle poche realtà che consentono di dare visibilità ai giovani  architetti e di introdurli nel mondo dei concorsi di architettura, strumento oggi molto importante nello svolgimento della libera professione.
La prima edizione è stata un successo sia a livello di partecipazione, circa cento progetti, sia a livello mediatico con la sua partecipazione al Congresso Mondiale degli Architetti a UIA Torino 2008.

Archiprix Italia 2010 ha confermato il successo della prima edizione e l’interesse in questa iniziativa ci ha portato a presentare i progetti finalisti in una mostra che ha già toccato varie città italiane e che verrà portata anche all’estero.

Ed è proprio all’estero che i giovani architetti italiani devono guardare per trovare concorsi ed occasioni di lavoro per ampliare le proprie prospettive al di là dell’esperienza “Erasmus” che costituisce il primo piccolo passo.
Nell’era della glob alizzazione, in molti paesi il lavoro dell’architetto italiano è molto richiesto, non solo per un concetto legato al “made in Italy” ma soprattutto per la capacità che hanno i nostri architetti di interpretare in maniera creativa la fusione tra innovazione e tradizione.

Oggi stiamo attraversando un periodo di grande vitalità dell’architettura, spesso le grandi opere pubbliche si presentano come delle opere d’arte in cui reale e virtuale si mescolano e si confondono.

Gli edifici diventano autoreferenziali, cioè si distinguono per la loro “diversità” rispetto a tutto ciò che li circonda.

Questa diversità si percepisce nel linguaggio architettonico, nei giochi delle forme ma soprattutto nella mancanza di citazioni e innovazione ideologica fatto questo che nega la memoria dei fatti e dei luoghi.

Queste architeture potrebbero essere costruite a Milano come a New York o a Pechino senza dover cambiare il progetto. E’ questa l’unica strada a cui conduce la globalizzazione?

Recependo le indicazioni date dalla giuria di Archiprix Italia 2010 e soprattutto osservando i progetti contenuti nella presente pubblicazione, la risposta è negativa.

Questi giovani architetti ci insegnano che è ancora possible progettare edifici “unici”, per il loro linguaggio e per le loro forme, che tuttavia facciano riferimento e dialoghino non con stessi ma con il luogo dove sorgono; è questa l’elemento che li renderà veramente
“unici”.

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